Oasis ad Amman: libertà religiosa, bene per ogni società. Alla vigilia del Comitato il Patriarca Scola ha incontrato il principe Ghazi Ibn Muhammad

Centro Internazionale studi e ricerche Oasis

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Amman, 23 giugno 2008

 

Da Amman Oasis rilancia: libertà religiosa, un bene per ogni società

La rete internazionale del Centro Oasis al lavoro per due giorni in Giordania

Alla vigilia del Comitato il Patriarca Scola ha incontrato il principe Ghazi Ibn Muhammad

 

 

Libertà religiosa: come si intende questa espressione a Oriente e Occidente? In che senso tale libertà è un bene per ogni società? Come incide la difesa di questo diritto nella realtà delle relazioni tra minoranze e tradizione maggioritaria di un popolo? Quale il rapporto tra libertà e verità?

 

Animato da queste domande, ormai poste in modo scottante ogni giorno dall’attualità, si è svolto il lavoro della prima giornata del comitato scientifico di Oasis, che ha scelto come sede quest’anno Amman, in Giordania. Oltre 80 le persone presenti che – provenienti da oltre 20 paesi tra Europa, Asia, Africa e America – si sono confrontate e scambiate reciproche testimonianze.

 

I dialoghi della mattinata sono stati aperti dall’intervento del card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia, che ha sviluppato il tema ‘Il ‘caso serio’ della libertà religiosa. La libertà di conversione’: ‘Nella nostra società globalizzata – ha rilevato il Patriarca, fondatore di Oasis – la tensione tra libertà religiosa e identità tradizionale di un popolo sta diventando scottante.  Non che prima la questione non si ponesse. Certamente si poneva, ma su scala molto più ridotta. Lo documenta la preziosa storia di Venezia e dei suoi millenari rapporti con il Levante musulmano’. Il fatto è che oggi non è più così perché in un certo senso, ha osservato il card. Scola, ‘chiunque può incontrare chiunque, senza reti di protezione [‘]. Il punto critico è: che cosa succede ad un’identità di popolo se un numero consistente di persone inizia a metterla in discussione o perché proviene da un’altra religione o addirittura vi si converte? In alcuni paesi a maggioranza musulmana mentre si può tollerare un certo grado di diversità per chi già nasce in un’altra religione, l’identità di popolo risulterebbe minacciata se si concedesse la possibilità di convertirsi a chi è già musulmano’.

 

‘Il passo che ora dobbiamo compiere – ha concluso il Patriarca – in Occidente ed in Oriente, sta nel mettere meglio a fuoco come il rapporto tra libertà religiosa e identità di popolo incida sulla vita sociale. In quest’ottica i cristiani non intendono mettere a rischio le basi della convivenza sociale dei paesi a maggioranza musulmana ma, per essere chiari, chiedono lo stesso rispetto per la propria tradizione a chi arriva qui da noi. Il grande islamologo egiziano Anawati, un religioso cattolico, in un bel dialogo che il Centro Oasis pubblicherà tra qualche mese, diceva: «Io non studio la cultura musulmana per distruggerla. Perché distruggerla? È una cosa bella in sé. Occorre valorizzarla». Ma il rispetto verso l’identità comunitaria non può spingere nessuno, nemmeno i musulmani, a violare la libertà umana del singolo, compresa la libertà di conversione. E in fondo, quale bene può venire alla verità dal trattenere in una religione persone convinte di non credervi più? Davvero è più deleterio l’abbandono esplicito che una professione di facciata?’.

 

Dopo il cardinale, è intervenuto il prof. Nikolaus Lobkowicz, Direttore dell’Istituto per gli studi sull’Europa Orientale di Eichstätt di Baviera che, ripercorrendo la storia di come nella vita della Chiesa si è intesa la libertà religiosa, ha segnalato il passo importante determinato dalla Dignitatis Humanae in merito alla questione del riconoscimento dei diritti della persona rispetto alla comunità: ‘Se c’è un solo Dio, la venerazione di tutte le altre supposte divinità è uno scandalo che va eliminato. O, per dirla in un altro modo, il monoteismo introduce nella religione l’idea della verità, la distinzione tra la verità e la non-verità. In un certo senso, ancora Pio XII sosteneva qualcosa di simile quando verso la fine del suo regno sostenne che, sebbene per amor di pace fosse possibile tollerare le confessioni non-cattoliche e le religioni non-cristiane, questi errori non potevano appellarsi ad un diritto, visto che l’errore non ha diritti. La straordinaria qualità della dichiarazione Dignitatis Humanae consiste nell’aver trasferito il tema della libertà religiosa dalla nozione di verità a quella dei diritti della persona umana. Se l’errore non ha diritti, una persona ha dei diritti anche quando sbaglia. Chiaramente non si tratta di un diritto al cospetto di Dio; è un diritto rispetto ad altre persone, alla comunità e allo stato’.

 

Ha portato il suo articolato contributo al Comitato anche Khaled Al-Jaber, professore alla University of Petra (Amman) che, trattando il tema del rapporto tra libertà e verità nell’orizzonte del dialogo tra cristiani e musulmani, ha sottolineato: ‘Se questo dialogo deve avere un ruolo effettivo, esso risiede nella possibilità di trasformare lo scontro che alcuni considerano inevitabile in un dialogo reale che ponga fine a una lunga storia di sofferenze che l’umanità ha conosciuto e apra una lunga era di bene, amore, incontro e azione, a beneficio di un’unica civiltà umana in cui ogni religione abbia il suo posto e ogni cultura il suo valore soggettivo e oggettivo [‘] Se vogliamo andare dietro alla verità della libertà, dovremo rivolgere il nostro sforzo a rimuovere l’ingiustizia dall’uomo. Dico volutamente l’uomo, di ogni religione, razza, colore, nazionalità, orientamento, partito, categoria, sesso, età o gruppo sociale. Ciò che rende credibile un dialogo è che esso risponda a due condizioni: la prima è che tutti riconoscano a tutti e a ciascuno l’umanità come dato antecedente a ogni considerazione sui fini, le limitazioni e le condizioni [del dialogo]; e la seconda consiste nello sforzo di tutti per rimuovere l’ingiustizia dall’uomo, senza guardare alla sua origine, religione, colore, sesso, orientamento, partito o età [‘] Le religioni si sono tirate indietro dal loro compito e si sono limitate agli aspetti spirituali (rapporto dell’uomo con Dio), lasciando ad altri ‘ ignoranti e interessati nella maggior parte dei casi ‘ l’organizzazione dei rapporti dell’uomo con l’uomo. Esse non ritorneranno davvero alla vita dell’uomo, così da compiere la verità della libertà, se non quando riprenderanno a svolgere il ruolo cui hanno rinunciato’.

 

 

L’incontro tra il Patriarca Scola e il Principe Ghazi Ibn Muhammad

Un incontro d’eccezione che si fa pellegrinaggio: è quello avvenuto domenica 22 giugno in Giordania tra il Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, e il principe Ghazi Ibn Muhammad, incaricato delle questioni religiose del regno di Giordania, e promotore della lettera aperta indirizzata ai cristiani e che più  di 200 leaders musulmani hanno sottoscritto a partire dall’ottobre scorso. Il principe Ghazi ha illustrato al Patriarca l’intero sito del Battesimo di Gesù e presso i luoghi più significativi i due hanno sostato in preghiera silenziosa uno accanto all’altro.

 

(In allegato la foto)

 

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