Il ministro cattolico pakistano ucciso per il suo lavoro in difesa dei perseguitati. Collaborava da anni con Caritas di Venezia: il ricordo di mons. Pistolato

Patriarcato di Venezia

Ufficio stampa

Venezia, 2 marzo 2011

 

Il ministro cattolico pakistano ucciso per il suo lavoro in difesa dei perseguitati

Collaborava da anni con la Caritas di Venezia per la raccolta di fondi legata alla Visita pastorale. Il ricordo di mons. Dino Pistolato

 

«Voglio che la mia vita dica che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita». Sono parole pronunciate qualche tempo fa da Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le minoranze, cattolico, assassinato ad Islamabad. 

Già co-fondatore e direttore dell’APMA (All Pakistan Minorities Alliance), un’organizzazione che rappresenta le comunità emarginate e le minoranze religiose del Pakistan, da ministro si è speso in prima persona per la pari dignità di tutte le comunità del Paese. Recentemente era intervenuto nella vicenda di Asia Bibi, pronunciandosi con decisione a favore di una revisione della legge sulla blasfemia. Forse proprio questa ultima sua battaglia ha mosso i suoi assassini.

Mons Dino Pistolato, membro di Oasis e direttore della Caritas di Venezia, ha lavorato per anni a stretto contatto con lui nella raccolta di fondi durante tutti gli anni della Visita pastorale in atto a Venezia (2004 – 2011) per soccorrere i villaggi più colpiti dal terremoto. Da questa intensa collaborazione è scaturito un dialogo-intervista tra Bhatti e mons. Pistolato (v. foto) – Cristiani in Pakistan. Nelle prove la speranza – pubblicato da Marcianum Press nella collana Colere Hominem della Fondazione Giovanni Paolo I (www.marcianum.it).

Mons. Dino Pistolato oggi lo ricorda così: «L’ho conosciuto nel 2005, dopo il terremoto che ha colpito l’area di Islamabad. Come presidente dell’associazione APMA (All Pakistan Minorities Alliance), era dedito completamente alla difesa delle comunità emarginate e delle minoranze religiose del Pakistan. Insegnante di scuola elementare, aveva fatto della sua vita un’offerta per i poveri e coloro che sono perseguitati a causa della loro fede. Ricordo con impressione una risposta che mi diede quando gli chiesi perché non si facesse sacerdote. Rispose perché lui voleva stare in mezzo alla gente, a contatto diretto con le persone e le difficoltà, cosa che spesso i sacerdoti non riescono a fare nel suo Paese. Aveva una fede intensa e lucida e la consapevolezza di una morte prossima. Una cosa che mi ha confermato in una mail recente, dove mi raccontava della sua lotta infaticabile contro l’attuale legge sulla blasfemia, delle ripetute minacce che riceveva e del mancato supporto della sua parte politica. Mi consola il pensiero che abbia potuto veder realizzato il desiderio della sua vita, incontrare il Papa, evento che accadde l’anno scorso. Ho conosciuto un testimone della fede, ho avuto la grazia di conoscere un martire».

Info 041/974298 ‘ 959999

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