Convegno diocesano di Cavallino (15 e 16 settembre 2006): comunicato stampa finale

Patriarcato di Venezia Ufficio Stampa
Venezia, 16 settembre 2006

15.000 famiglie che chiedono i sacramenti per i loro figli, 20.000 ragazzi delle elementari e delle medie che frequentano il catechismo nelle parrocchie, 1.700 catechisti stabilmente impegnati nelle comunità in questo servizio: sono partiti da questi dati, relativi alla diocesi di Venezia, i lavori della due giorni, per circa 200 partecipanti al convegno svoltosi al Cavallino, tra venerdì 15 e sabato 16 mattina, alla presenza del Patriarca card. Angelo Scola, sul tema “Come introdurre e accompagnare i bambini, i fanciulli e i ragazzi all’incontro personale con Cristo nella comunità cristiana”. Una relazione introduttiva di don Valter Perini, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, ha fatto il punto della situazione, indicando anche alcune prospettive per inserire sempre più i ragazzi e le loro famiglie in una comunità cristiana che si “prenda cura”, sia capace di educare e sostenere l’incontro personale con Gesù Cristo in tutte le circostanze della vita.
I lavori si sono poi sviluppati attorno a tre domande: quali i segni di speranza oggi presenti nelle comunità sull’iniziazione cristiana? Quali le contraddizioni e le difficoltà? Quali le nuove prospettive e risposte che emergono dalle esperienze già in atto in parrocchie e associazioni?
Tra le risposte è emerso che la messa della domenica è il momento fondante di una comunità, che la parrocchia è il riferimento irrinunciabile per una famiglia che chieda i sacramenti per i figli, che il coinvolgimento della stessa famiglia è fattore essenziale per dimostrare la rilevanza della fede nella vita di tutti i giorni, dalla scuola, al lavoro e al tempo libero.
Ma soprattutto i partecipanti si sono ritrovati alla fine intorno a una consapevolezza: il cammino che devono intraprendere le comunità parrocchiali non è in prima istanza quello di inventare nuove strategie e tecniche, ma quello di vivere pienamente la dimensione di comunità, dalla quale deve traboccare la bellezza e la pienezza che viene dalla proposta cristiana. In tal senso il Patriarca, nell’intervento conclusivo, ha riletto la testimonianza che Alberto, il giovane padre di tre bambine, ha offerto al funerale della moglie, morta nei giorni scorsi per una gravissima malattia. Diceva: “Da subito una cosa c’è stata chiara: questa malattia non avrebbe mai avuto il permesso di turbare la nostra vita, il nostro tempo. Lei, la malattia, avrebbe potuto fare la sua strada, ma noi avremmo fatto la nostra, insieme! Mi consola, amore caro, la consapevolezza che nulla sia andato perduto, nulla sprecato: fino agli ultimi istanti hai progettato vacanze, mobili, quadri, hai pettinato le bambine, hai pregato, hai donato, hai festeggiato (hai voluto tu con forza festeggiare il 10 anniversario di matrimonio), hai amato, hai sorriso (come erano belli, amore, i tuoi sorrisi alle persone che venivano a visitarti negli ultimi giorni!), hai lottato. E tutto questo senza mai rifiutare la tua malattia così, quando si è trasformata in morte, ormai era diventata per te, come per S. Francesco, sorella”. Chi incontra persone che testimoniano in questo modo cosa vuol dire avere fede in Cristo, ha concluso il Patriarca, è conquistato dalla forza irresistibile della fede vissuta, e non può non avvertire come incontenibile il desiderio di un’identica pienezza di vita.

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