E dopo il Convegno? Da Abano Terme “non siamo partiti per fermarci…”

Sintesi  del XVI Convegno nazionale. Commento.

 

  1. Curare i malati nelle periferie esistenziali”. Una sintesi del Convegno – di  don Carmine Arice.

Il Convegno di Abano Terme  “La pastorale della salute nelle periferie esistenziali. Dalle crescenti disuguaglianze alla comunità che accoglie, educa e cura” è stato una tappa importante nel cammino di riflessione che la Chiesa italiana impegnata nel mondo della cura e della salute ha offerto spunti di riflessione per rispondere all’insistente appello rivolto da Papa Francesco fin dall’inizio del suo ministero pontificio “ad uscire” verso le periferie esistenziali, luoghi abitati da persone che non sono al centro dell’interesse sociale, economico e culturale e che, di conseguenza, sono vittime della cultura dell’indifferenza e dello scarto.

1.1. Le cifre della realtà

Le periferie esistenziali non sono luoghi astratti e lontani, ma spazi vitali abitati da persone concrete, in carne ed ossa, che fanno fatica a vivere un’esistenza dignitosa. Sono poveri che non attirano l’attenzione di una società troppo concentrata sulle leggi del mercato e del profitto, o persone ritenute poco utili ad accrescere immagine e prestigio a quanti amano notorietà e potere; sono luoghi geografici, ma sono soprattutto luoghi esistenziali; sono le periferie delle metropoli, ma sono anche i centri delle città dove la faticosa solitudine talvolta è immersa nel caos disinteressato di gente che corre scansando – e talvolta scavalcando – feriti della storia nel corpo e nello spirito.

Per rispondere con responsabilità all’appello evangelico consegnatoci da Gesù – Predicate il Vangelo e curate i malati (cfr. Lc 9,2) – e ai ripetuti richiami del Santo Padre a farsi prossimi degli ultimi, occorre avere il coraggio di fermarsi e di guardare chi, percorrendo la strada che scende da Gerusalemme a Gerico, si ritrova non solo sanguinante e ferito, ma anche oggetto di indifferenza e vittima della cultura dello scarto. Sono situazioni che sfidano la solidarietà umana, la giustizia sociale e la carità cristiana.

Da un’analisi attenta della situazione del nostro Paese – relazione del prof. Oleari, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità -, è emerso con chiarezza il panorama socio sanitario e assistenziale che caratterizza l’Italia, con tutta la sua complessità.

Cresce il bisogno insoddisfatto di cura e, alla faticosa prova che l’esperienza della malattia porta necessariamente con sé, si aggiunge, per molti, la difficoltà di farsi curare  per motivi economici. Un dato significativo, tra i tanti riportati dal prof. Oleari: in pochi anni le persone che si concedono “il lusso” di cure dentarie è diminuito del 23 %

In forte cambiamento è anche il quadro epidemiologico. L’Italia è il paese più vecchio del mondo e tra le nazioni a più bassa natalità. Aumentano anziani affetti da malattie neurovegetative e, di conseguenza, quelli non autosufficienti (stimati in oltre tre milioni e mezzo di cittadini). Oltre tre milioni di loro vivono nelle case e, alle necessarie cure sanitarie, si aggiunge una crescente domanda di assistenza domiciliare. Non per niente le badanti in Italia sono passate in poco tempo da ottocentomila a un milione e mezzo.

Altro fronte caldo è quello delle malattie mentali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, riferendosi alla sofferenza psichiatrica, parla di situazioni di emergenza, facendo notare come questa stia diventando, nella graduatoria, una delle prime cause di morte. E tra quanti  manifestano segni di sofferenza psichiatrica  sono sempre più numerosi gli adolescenti. Sono in aumento poi – e anche in questo caso si parla ormai di emergenza – i giovani feriti dalle ludopatie e da nuove dipendenze e la loro presa in carico si rivela quanto mai difficile sia per le modalità di cura, sia per le ingenti risorse economiche necessarie. Tutto ciò non può che aggravare il disagio di una istituzione tanto importante per la società ma già alquanto sofferente: la famiglia.

1.2. Ascoltare i poveri

L’analisi della situazione e gli approfondimenti nei tre laboratori, nei quali sono state condivise esperienze e proposte di accompagnamento e di cura dei giovani vittime della droga e delle ludopatie, gli anziani con patologie neurovegetative e famiglie in difficoltà, ha portato ad evidenziare quanto sia necessaria una forte attenzione al territorio.

La pastorale della salute non può limitare l’orizzonte della sua missione e del suo intervento alla cura degli ammalati negli ospedali. Senza tralasciare quest’ultimi, occorre convincere e animare tutta la comunità cristiana , prima di tutto le parrocchie, ad ascoltare i malati, gli anziani e le persone sofferenti che abitano nel territorio parrocchiale. Tra di esse troviamo sia persone vittime del crescente divario tra ricchezza e povertà, e di nuovi – e talora disattesi . bisogni di cura, sia una forte domanda, a volte silenziosa, ma sempre presente in chi soffre, ad essere accompagnati lungo tratti di vita spesso segnati da solitudine e tristezza. A questo impegno urgente della comunità ecclesiale sul territorio ha richiamato con grande passione e convinzione nel suo intervento Mons. Francesco Ravinale, vescovo di Asti.

Nella lectio magistralis mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara, – citando quanto papa Francesco disse nel suo intervento alle Congregazioni generali dei cardinali prima del Conclave del 2013 -, ha esortato i convegnisti “ ad andare verso le periferie, non solo geografiche, ma anche esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’indifferenza religiosa, quelle del pensiero e di ogni forma di miseria. Quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare, diviene autoreferenziale e allora si ammala. “

Occorre parlare di “periferie” non come un concetto anzitutto geografico, ma “antropologico”, ha ricordato il vescovo; occorre ridefinire che cosa sta al centro dello sguardo di Gesù del suo rapporto con l’umanità, partire dall’eloquenza dei gesti di Gesù verso poveri, malati, disabili, sofferenti, dove appare con il tratto singolare del “liberatore dal male”; poi dal gesto supremo della croce, dove Gesù “si fa carico” e “passa attraverso” la sofferenza e la morte per scioglierne il meccanismo perverso. Tutto questo  ci apre ad una triplice “eloquenza della cura” (appello, compito, vocazione comune) come elemento decisivo dell’azione della Chiesa.

1.3.  Per un nuovo umanesimo

La comunità cristiana nella diversità di carismi e di ministeri – ha ricordato don Roberto Repole, presidente dell’Associazione Teologi italiani -, non può limitarsi ad offrire cura sanitaria e assistenziale, ma deve dare il suo contributo per una cura integrale della persona che ne realizzi tutto il bene concretamente possibile – nel corpo e nello spirito – nel suo contesto esistenziale e relazionale, cosciente che non basta curare tutti gli uomini, ma occorre anche curare tutto l’uomo: corpo, psiche, dimensione culturale, sociale, spirituale e religiosa. Nella domanda di salute, infatti c’è sempre nell’uomo una implicita domanda di salvezza.

Nelle conclusioni è stata ricordata ai convegnisti un’emergenza particolare, alla quale occorre essere particolarmente attenti: la necessità di un nuovo umanesimo.

Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, papa Francesco parla di una società attraversata da una crisi antropologica che, invece di mettere al centro l’uomo e i suoi bisogni, persegue soprattutto interessi economici, finanziari e di potere. E’ proprio da questa crisi che ha origine la cultura dello scarto.

Partendo da questa considerazione è stato ricordato che alla pastorale della salute è affidato oggi un nuovo compito: offrire il proprio contributo alla riflessione antropologica per promuovere un nuovo umanesimo ispirato al Vangelo e alla cultura della vita e della salute.

In un rinnovato e sinergico sforzo educativo e culturale, la pastorale della salute deve aiutare la comunità cristiana a guardare alla storia con l’infallibile occhio della fragilità, della sofferenza e delle morte. E’ lo sguardo più sicuro, capace di curare deliri di onnipotenza e di immortalità e di contribuire all’umanizzazione della cultura e di ogni relazione interpersonale. Con questo impegno andiamo verso in convegno ecclesiale di Firenze del 2015 che avrà come tema: In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo.

Commento

La conclusione di don Carmine ripropone quanto già auspicato da mons. Mariano Crociata durante il XIII Convegno nazionale: “ è necessaria un’adeguata formazionesui  temi della salute e del welfare socio-sanitario, con le loro urgenze e le loro questioni aperte, in quanto essi costituiscono un banco di prova fondamentale per l’antropologia e la morale cristiana e, insieme, un terreno decisivo per la nuova evangelizzazione “

Una ricerca appropriata inizia dall’identificare l’antropologia che deve sottendere l’azione sanitaria e la promozione della salute, se si vuole che esse si mantengano ad un livello d’umanità soddisfacente. Infatti, dalla risposta all’interrogativo: “quale uomo ?” dipende l’atteggiamento verso la salute, la sofferenza, la morte, la guarigione, la ricerca scientifica, il servizio al sofferente.

In questa prospettiva, nella sua relazione il prof. Fabrizio Oleari, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità,  oltre a svolgere la relazione “Le periferie esistenziali in Italia”, ha accennato ai “determinati della salute”, affrontando, quindi, uno dei “ temi della salute e del welfare sanitario, con le loro urgenze e le loro questioni aperte.   La relazione non è stata pubblicata nel sito nazionale, né nella sintesi riportata sopra vi è un accenno ai “determinanti della salute”.

Peraltro, se non si riflette su questo importante tema, lo svolgimento del Convegno risulta sbilanciato sul fronte “consuntivo / riparatorio” rispetto all’impegno “preventivo /migliorativo” delle situazioni di fragilità nel territorio. In altre parole,  se ci si limita al solo fronte “consuntivo / riparatorio”,  è come sollecitare a fornire – pur essendo senz’altro essenziali – aiuti alle popolazioni colpite dalle guerre con sostegni medici e supporto alla ricostruzione … senza magari mettere in discussione le politiche che hanno portato agli eventi bellici, né intervenire per impedire il ripetersi di tali nefasti eventi in altri tempi, in altri ( o persino negli stessi ) luoghi … che senso ha ?

Lo stesso ragionamento vale per i terremoti, per le alluvioni, esondazioni, bombe d’acqua. Certamente sono necessari aiuti immediati in soccorso alle popolazioni, ma si deve pensare anche a una ricostruzione con sistemi antisismici, porre riparo al dissesto idrogeologico ….

Per Venezia, dopo “l’acqua alta” eccezionale del 1966, tale disastro  ha spinto a studiare  un sistema che possa difenderla dalle acque alte: il Mose, che – a parte gli scandali nella gestione economico-finanziaria – nel 2016 dovrebbe entrare in funzione (dopo cinquant’anni ! )Molto opportunamente papa Francesco  nella Prolusione all’Assemblea dei vescovi italiani del 19. maggio u.s., ha esortato  “ Il discernimento comunitariosia l’anima del percorso di preparazione al convegno ecclesiale nazionale di Firenze del prossimo anno; aiuti a non fermarsi sul piano – pur nobile – delle idee, ma inforchi occhiali capaci di cogliere e comprendere la realtà e, quindi, strade per governarla mirando a rendere più giusta e più fraterna la comunità degli uomini.”

Mettere in atto quanto sollecitato del pontefice significa: bene “prendersi cura” delle “periferie esistenziali”, ma cerchiamo anche soluzioni per eliminarle o, quanto meno, per ridurle, ovvero fare prevenzione, promuovere la salute.

E ancora: si può parlare di territorio senza parlare di ambiente  con tutti i problemi correlati: inquinamento (vedi Ilva di Taranto, terra dei fuochi, ecc. )? La mancanza di una vera cultura preventiva davanti ai tanti disastri sociali e meteorologici a tutela della salute è di certo l’aspetto più preoccupante. “ Siamo infatti tutti chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo” (Evangelii gaudium215).

Innanzi tutto con il custodire, come ci ha indicato papa Francesco nella sua omelia del 19 marzo 2013, data d’inizio del suo ministero petrino, durante la quale  ha esortato: “La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani perché ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo”.

Certamente  durante un Convegno nazionale non si può dire tutto.  Inoltre, dovendo tener conto delle forti differenze di inculturazione della pastorale della salute sull’intero territorio nazionale – come, durante la seconda sessione, è risultato evidente anche dalla descrizione delle difficoltà incontrate in alcune regioni ecclesiali – , deve essere seguita la politica dei piccoli passi offrendo sollecitazioni, aperture, nuove visioni che possano essere recepite da tutti.

Ed è pur vero che, durante un convegno, ad alzare troppo l’asticella c’è il pericolo che i “saltatori” si  rifiutino di affrontare l’ostacolo. Come è altrettanto vero che per alcuni – siano essi laici o consacrati –  anche se l’asticella viene messa a dieci centimetri da terra rifiutano comunque di cimentarsi, come ci ha rammentato p. Angelo Brusco durante il Convegno Triveneto “Anno della fede e testimonianza della carità” ( Zelarino (VE) 27.4.2013).  Peraltro, il mondo è diventato un teatro globale, nel quale siamo tutti attori, cioè siamo tutti consapevoli e coinvolti  nella vita e nelle vicende degli altri, che si tratti di trionfi e di sconfitte degli altri. Quindi è difficile dire “io non sapevo”.

Riflettendo sull’insieme delle sollecitazioni venute dal Convegno, c’è da chiedersi se si vuole  promuovere una pastorale che collabori a prevedere e intervenire su un piano strutturale, o si intende sostenere una pastorale di conservazione , tesa più ad offrire un servizio  piuttosto che a prevenire, o quanto meno a ridurre, le “periferie esistenziali”,  preferendo applicare qualche cerotto laddove occorre una terapia d’urto.

Forse si è passati dalla pastorale dei malati alla pastorale della salute senza avere scandagliato fino in fondo il concetto di salute e l’estensione del mondo che esso comprende, ad iniziare dal concetto di “tutela della salute” che esso sottintende.

Il recente Convegno ci ha invitati giustamente ancora una volta a farci carico dellaprossimità, le cui modalità di attuazione, variano considerevolmente in corrispondenza sia ai diversi contesti socio-culturali che alle mutate visioni ecclesiologiche. La storicità e la contestualità, infatti, sono caratteristiche di ogni azione pastorale. La presenza e l’azione della Chiesa si rivolgono agli uomini di un determinato tempo, che vivono in un preciso ambiente, caratterizzato da una specifica cultura. Ogni volta che un cambiamento si verifica nell’universo degli uomini, l’intervento pastorale deve adattarvisi, sempre rimanendo fedele alla “missione”.

In questa prospettiva, ed in vista del V Convegno ecclesiale nazionale Firenze 2015, quanti abitano nel Triveneto, dopo gli imput ricevuti dal Convegno, quale programma di pastorale della salute  intendono portare avanti ? In merito, il singolo direttore diocesano, in accordo con la propria Consulta diocesana laddove esiste, che cosa intende proporre per l’incontro della Commissione del 22 settembre p.v. ( giornata intera: dalle ore 9,00 alle ore 16,00 a Zelarino) durante il quale dovrà essere concordato un programma unitario tra le 15 diocesi ? E per il primo incontro della Consulta regionale, programmato per il 7 febbraio 2015, quale tematica proporre?

Sicuramente da Abano Terme “non siamo partiti per fermarci … “

Con il documento La tutela della salute, vengono offerti spunti di riflessione ( occhiali ) per comprendere i “determinanti della salute”, la cui conoscenza può risultare utile per la promozione della salute, essenziale per la vita e la salutedelle persone.

Il fatto che la salute dipenda da molteplici fattori esterni ha portato a studiare e ad approfondire le conoscenze scientifiche sui determinanti della salute. È comunque generalmente condiviso il parere degli studiosi che per poter agire sui fattori che determinano la salute è di fondamentale importanza che esistano delle condizioni e delle risorse iniziali che possono essere definite “prerequisiti” della stessa.

Per quanto riguarda i gruppi di studio “La famiglia accanto ai malati”, “Anziani e patologie neurovegetative”, “Giovani e dipendenze”, nel sito nazionale è pubblicata soltanto la relazione riguardante la famiglia. Di nessuna delle tre tematiche sono riportati gli interventi dei partecipanti al singolo gruppo, che pure avrebbero potuto arricchire le nostre conoscenze. Probabilmente verranno riportate negli Atti del Convegno, se verranno pubblicati a stampa come quelli del XV Convegno nazionale, svoltosi a San Giovanni Rotondo nel 2013.