Omelia del Patriarca nella S. Messa per l’ordinazione diaconale di Gianluca Fabbian (Venezia - Basilica cattedrale di S. Marco, 22 aprile 2017)
22-04-2017

S. Messa per l’ordinazione diaconale di Gianluca Fabbian

(Venezia – Basilica cattedrale di S. Marco, 22 aprile 2017)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Cari fratelli e sorelle,

un’ordinazione diaconale che avviene il giorno della domenica in Albis, domenica della Divina Misericordia, non è un caso; un diacono è, infatti, dono grande della Misericordia di Dio alla Sua Chiesa.

 

Il Vangelo che abbiamo appena ascoltato narra come Gesù risorto – con un gesto di vera carità – permetta a Tommaso, l’incredulo assente, il ritardatario, di giungere alla fede e di compiere una delle confessioni più belle di tutto il Vangelo: «Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20, 26-29).

 

Ed è proprio grazie alla condiscendenza di Gesù che la vita di Tommaso si aprirà al “sì” della fede per cui l’Apostolo si donerà in maniera “totale”, e “per sempre”, al suo Dio e Signore. Questo dono “totale” e “per sempre” sta alla base di ogni ordinazione diaconale, presbiterale ed episcopale. E il “carattere” – il sigillo sacramentale – dice una nuova realtà e una nuova relazione che portano la creatura oltre se stessa e a compiere gesti che solo Gesù può compiere. Una nuova realtà e una nuova relazione cominciano oggi per te, caro Gianluca, tra la tua piccola e fragile creaturalità e la sua misericordia onnipotente.

 

D’altra parte, gli avverbi “totalmente” e “sempre” sono i soli degni di Dio che “da sempre” è amore “totale”. Questi avverbi fanno in modo che, nella Chiesa, possano trovar posto quanti Dio sceglie affinché – nelle loro persone – diano testimonianza in modo vivo della carità divina che mai prescinde dal dono “totale” e per “sempre” della persona. Se così non fosse, allora, saremmo molto lontani da Dio.

 

Caro Gianluca, con l’ordinazione diaconale sei chiamato, ogni giorno, a far salire a Dio dalla tua vita il “sì” pieno e totale che susciti e sostenga la fede e la carità di quanti il Signore porrà sulla tua strada.

 

L’incarnazione è l’Evento che ha cambiato il corso della storia rendendo possibile il “sì” divino-umano di Gesù Cristo. Lo ribadisce la lettera agli Ebrei: “Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: «Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà»” (Eb 10, 5-7).

 

Anche il tuo “sì”, caro Gianluca, deve essere “pieno”, “totale”… per sempre! A Dio non si possono riservare le scelte di seconda mano e che non interessano più… E neppure quelle realtà considerate di poco conto, di poco interesse e, alla fine, insignificanti. A Dio, invece, si deve offrire liberamente il meglio e possibilmente – come tu fai oggi – le primizie, ovvero i primi frutti, quelli che preannunziano il raccolto e che, in senso vero e reale, già lo contengono. Fuori di metafora: i primi anni della vita.

 

È bello offrire a Dio non solo qualcosa, ma tutto. Non il bene ma il meglio: donare a Lui le realtà più preziose della nostra vita poiché l’unica misura degna di Dio – che è amore infinito ed eterno – è per noi uomini – creature finite e mortali – il donarsi senza misura. Infatti se noi, essendo creature limitate e fragili, doniamo tutto ciò che abbiamo e siamo, quel tutto – anche se obiettivamente è poco – è “il” tutto. E più del tutto non è possibile dare. Solamente così la creatura finita entra in rapporto con Dio nell’unico modo possibile e degno.

 

Certe cadute vocazionali si originano quando si incomincia a “dare” Dio con il contagocce o ci si chiede sin dove si può andare senza mancare gravemente… No, a Dio si dà il meglio, il tutto! E anche se fosse poco, lo ripeto, è “il” tutto!

 

Caro Gianluca, con la tua stessa vita d’ora innanzi dovrai annunciare a tutti coloro che il Signore affiderà al tuo ministero diaconale che il donarsi interamente a Dio non è solo possibile, bello e auspicabile ma è anche vero, reale e concretissimo. Oggi il “per sempre” assume nella comunità cristiana – e in chi ti vede e conta su di te – anche i lineamenti del tuo volto, il tono della tua voce, la tua sembianza fisica.

 

Il tuo “sì” – come diacono – si realizza concretamente nel dono che fai di te a Dio, alla Chiesa e ai fratelli con la promessa del celibato e dell’obbedienza. In tal modo, dopo aver pronunciato il tuo “sì”, attraverso l’imposizione delle mani sarai diacono. Ricorda bene che questo dono è irrevocabile. E tieni sempre presente che tutto ciò dice – prima di ogni altra cosa – la grandezza della persona umana capace, con la grazia di Dio, di scelte definitive. Per sempre.

 

Non ti viene chiesto un impegno per un poco di tempo e, neppure, per molto tempo; ciò sarebbe ancora troppo umano, anzi solo umano e anche un mercenario acconsente di legarsi per un tempo determinato… A te il Signore chiede qualcosa di diverso: il dono della tua persona, in modo totale e per sempre. L’uomo onora la sua umanità proprio quando pronunzia questo “sì” e gli rimane fedele per tutta la vita.

 

Tu, caro Gianluca, per l’età e la formazione che hai ricevuto, sai cosa significhi questo “sì” e questo “per sempre”. E sai pure cosa, entrambi, comportino. Lo sai bene e lo sanno bene anche quanti prima di te – i diaconi e i presbiteri presenti -, rispondendo alla chiamata del Signore, hanno fatto il tuo stesso passo e, ora, ti sono accanto non solo con fraterna amicizia ma, anche, con vero affetto sacramentale. D’ora innanzi con loro condividerai la realtà sacramentale del ministero ordinato nel grado del diacono.

 

Ma chi sono i diaconi? Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica Lumen gentium, ne parla così: “In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani «non per il sacerdozio, ma per il servizio». Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nella «diaconia» della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio” (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n. 29).

 

Così, caro Gianluca, potrai essere mandato ad “amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere il rito funebre e la sepoltura” (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n. 29).

 

Il libro degli Atti racconta della costituzione di un gruppo di uomini inviato ad aiutare gli Apostoli; saranno denominati diaconi (cfr. At 6,1-6). La Chiesa, in seguito, in un circoscritto spazio di tempo, ha colto sempre meglio e determinato la specificità dell’ufficio diaconale a partire proprio dalla prassi degli Apostoli e guardandone la realtà specifica.

 

Caro Gianluca, da oggi sarai mandato ad assolvere tale missione e servizio in forza della realtà sacramentale in cui sei costituito. Il tuo ministero riguarda quegli ambiti nei quali la Chiesa viene inviata come testimone della verità cristiana e umana, capace di operare nella carità spirituale e materiale con la tenerezza di Dio. Ricordati che ci sono le opere di misericordia materiali e spirituali e queste ultime oggi risultano più difficili e, per questo, più urgenti.

 

Il Signore ti conceda di esercitare “dove” la Chiesa ti manderà come suo ministro e tu possa essere sempre “pieno di ogni virtù: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito” (Pontificale Romano, p. 165). Caro Gianluca, questo per la Chiesa è il diacono: niente di diverso, niente di meno, uomo “pieno di virtù”.

 

La Madonna Nicopeia accompagni fin dall’inizio il tuo ministero diaconale in modo che quanti ti incontreranno possano scorgere in te i lineamenti, la voce, il volto di Gesù servitore di tutti. Quella stola che da oggi indosserai attraversa il tuo corpo e passa sul tuo cuore: sia il segno della carità di Cristo, che è molto di più della solidarietà umana.

 

E tutti noi, oggi, poniamo nel Cuore di Maria il nostro rinnovato “per sempre”, in modo “totale”, ricordando che il nome dell’amore – nel tempo – è fedeltà.

 

Coraggio, Gianluca! La tua Chiesa ti è vicina, ti vuole bene, ti accompagna. E il tuo Vescovo è il tuo primo amico.