Omelia del Patriarca nella S. Messa per l’ordinazione diaconale di Filippo Malachin (Venezia / Basilica di S. Marco, 31 ottobre 2020)
31-10-2020

S. Messa per l’ordinazione diaconale di Filippo Malachin

(Venezia / Basilica di S. Marco, 31 ottobre 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

in un tempo di incertezze e preoccupazioni che segnano la nostra vita quotidiana, il Signore continua a rivolgere a noi – Chiesa che è in Venezia – segni della sua fedeltà e del suo amore che “rimane in eterno”.

In questa celebrazione rendiamo grazie a Dio per il nuovo diacono Filippo che oggi riceve il primo grado del sacramento dell’ordine in vista dell’ordinazione presbiterale.

Carissimo Filippo, come sai bene, gli Atti degli Apostoli (cfr. 8,26-40) raccontano la vicenda di un uomo che porta il tuo stesso nome – Filippo – e che era stato scelto insieme ad altri sei per la diaconia della carità – il servizio delle mense – per permettere agli Apostoli di dedicarsi di più “alla preghiera e al servizio della Parola” (cfr. At 6,1-6).

Filippo sarà mandato, subito, a “predicare il Cristo”, in una città della Samaria e lo farà con parole e gesti semplici ed efficaci tanto che in molti, ascoltandolo, chiederanno il santo battesimo. Poi lo troveremo in un incontro, non deciso da lui ma dallo Spirito Santo, con un ministro etiope lungo una strada deserta e il tutto si concluderà con la richiesta da parte dell’etiope del battesimo. Ancora del diacono Filippo sappiamo che “evangelizzava” ogni città che incontrava (cfr. At cap.8).

Il diacono – secondo le circostanze e negli ambienti di vita che percorre – è chiamato a trasmettere la “buona notizia”, il Vangelo di Gesù Cristo, impegnandosi con tutta la sua persona come custode e annunciatore della Parola di Dio – che ha ricevuto, gli è stata affidata, deve trasmettere fedelmente – nei confronti di tutti, in particolare di coloro che questa Parola non l’hanno ancora ascoltata o di chi l’ha sentita e poi l’ha accantonata o dimenticata, come accade sovente soprattutto nel nostro Occidentale, sazio di tutto ma digiuno di Dio. Sì, caro Filippo, ricordati che la gente ha fame di Dio anche quando non ne ha consapevolezza e crede di poterne fare a meno; sì, Dio è l’essenziale.

Sii perciò disposto – in forza del battesimo e del sacramento dell’ordine – ad essere evangelizzatore, in ogni momento, in ogni contesto che ti sarà dato, avendo sempre coscienza dei limiti che ogni evangelizzatore porta in sé, ma senza aggiungerne altri di tua iniziativa; apri l’orizzonte della tua vita a Dio e lascia che Lui ti guidi.

Dio ha su di te – come su ciascuno di noi – un Suo disegno misericordioso e benevolo che ti stupirà non una ma cento, mille volte; tu sappi tenere libero l’orizzonte della tua vita dal tuo io, il vero ostacolo all’azione dello Spirito che conduce dove non pensiamo né vogliamo andare, su strade che ci sembrano improbabili o addirittura impossibili, per un disegno più ampio che riguarda il bene, la salvezza nostra e degli altri.

Il Vangelo che è stato poco fa proclamato (Gv 13,1-17) conduce al cuore del ministero che ti è affidato e che adesso richiede il tuo “sì” sull’esempio e alla sequela di Gesù che – lo abbiamo appena ascoltato – “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13,1).

Caro Filippo, il tuo “sì” di diacono – cioè di servitore – sia un “sì” pieno a questo amore che riconosce e attesta la gloria e la santità di Dio e, nello stesso tempo, si apre all’accoglienza, all’incontro e al servizio di tutti, in particolare dei poveri e dei fragili, che costituiscono il “luogo” privilegiato e reale per incontrare Gesù oggi.

È un “sì” che promuoverà il compimento della tua persona e contribuirà all’edificazione del Regno di Dio; è il “sì” di chi, attraverso il sacramento dell’ordine (primo grado), vede plasmata la sua persona (carattere) in particolare nella forma del servizio.

Questo Vangelo ci ricorda e ti ricorda che, accanto e insieme alla stola, il diacono è chiamato ad avere sempre con sé il grembiule della lavanda dei piedi, l’indumento di chi serve e non chiude gli occhi e il cuore, un indumento non ostentato, alla ricerca del consenso gratificante o della facile popolarità ma cinto sempre “attorno alla vita” per fede e amore.

Annuncio del Vangelo e servizio della carità vanno insieme ed hanno bisogno uno dell’altro. E questa sintesi si realizza ed esprime nella vita delle persone e nelle relazioni “buone” – da fratelli e da figli – che riusciamo a realizzare e che segnano e cambiano in meglio sia chi evangelizza sia chi è evangelizzato.

“Questa armonia tra servizio alla Parola e servizio alla carità rappresenta il lievito che fa crescere il corpo ecclesiale” (Papa Francesco, Udienza generale 25 settembre 2019). Caro Filippo, sei chiamato a portare e spezzare il pane della carità, il pane della Parola, un pane “unico” che ha un solo volto e un solo nome: Gesù Cristo!

A partire dall’ordinazione diaconale sei chiamato, in modo peculiare, ogni giorno, a far salire a Dio dalla tua vita un “sì” pieno e totale che susciti e sostenga la fede e la carità di quanti il Signore porrà sulla tua strada. È, del resto, un dono “totale” e “per sempre” che sta alla base di ogni ordinazione (diaconale, presbiterale o episcopale) e il “carattere” – il sigillo sacramentale – che oggi ti viene impresso indica una nuova identità e una nuova relazione che ti portano oltre te stesso. “Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,15), ha detto il Signore subito dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli.

In quello stesso gruppo, di cui faceva parte il diacono evangelizzatore Filippo, troviamo anche Stefano di cui gli Atti degli Apostoli ci dicono, subito, che era non solo stimato dalla gente ma anche e soprattutto era un “uomo pieno di fede” (At 6,5).

Anche lui, presto, sperimenterà quanto è drammatico testimoniare – con chiarezza e limpidità di vita, con coraggio e senza sconti – il Vangelo di Gesù, arrivando ad essere lapidato per questo. E, come raccontano gli Atti, mentre va incontro al martirio – atto supremo di fedeltà del testimone, dell’evangelizzatore – il diacono Stefano “pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato»” (At 7,59-60).

Le parole di san Paolo nella prima lettura di questa Messa (Fil 3,7-14) sembrano commento trasparente della testimonianza di Stefano, resa fino al sangue. Quando si è “conquistati da Cristo Gesù”, tutto allora diventa  – come ricorda l’apostolo Paolo – “perdita” e “spazzatura” di fronte all’esigenza di seguire “fino alla fine” il Signore: “Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose (…), per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede…” (Fil 3,8-9).

Carissimo Filippo, da oggi sarai chiamato ad assolvere il ministero e servizio di diacono in forza del sigillo sacramentale in cui sei costituito. E il tuo essere diacono riguarderà tutti quegli ambiti nei quali la Chiesa deve splendere come testimone di verità cristiana e umana, capace di operare nella carità spirituale e materiale con la stessa tenerezza e misericordia di Dio. Non dimenticare, perciò, tutte le opere di misericordia materiali e spirituali e in specie quelle che oggi forse risultano più incomprensibili al senso comune dominante e, per questo, risultano più urgenti e necessarie.

Il Signore ti conceda, dunque, di esercitare là dove la Chiesa ti invia come suo ministro e tu possa essere sempre “pieno di ogni virtù: sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito” (Pontificale Romano, p. 165). Possa tu offrire a Dio e alla sua Chiesa il dono della tua persona, in modo totale e per sempre, e tu possa essere – per tanti fratelli e sorelle – il volto buono di Gesù che ama, che serve e che indica la via della salvezza e della verità.

Come Paolo e gli apostoli, come il tuo omonimo Filippo, come Stefano protomartire e gli altri diaconi, come tanti altri santi che ci hanno preceduto, “dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte” (Fil 3,13), anche tu corri deciso verso la mèta.

Ti accompagni la materna ed affettuosa intercessione della Madonna della Salute, che veglia sempre sul nostro Seminario, su tutti i seminaristi, e su tutta la Chiesa che è in Venezia.