Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio mariano diocesano a Catene / Marghera (5 maggio 2018)
05-05-2018

S. Messa durante il pellegrinaggio mariano diocesano a Catene / Marghera

(5 maggio 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

È questo il pellegrinaggio del mese per eccellenza della Madonna. Se tutti i mesi possono essere definiti “mariani”, certamente il mese di maggio è quello che la Chiesa ha dedicato e dedica in modo particolare alla preghiera alla Vergine Santissima. E con voi vorrei riflettere su alcuni punti della Sacra Scrittura e poi riprendere il tema centrale delle apparizioni di Fatima.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato il sì della Chiesa a Gesù. Siamo all’interno del secondo viaggio missionario della Chiesa primitiva; siamo nell’ambito di quelli che noi chiamiamo in genere “primo, secondo e terzo viaggio” di Paolo ma in realtà Paolo non è un privato cittadino ed è la Chiesa che si muove attraverso Paolo; Paolo non è solo e la Chiesa vive sempre attraverso i discepoli, attraverso di noi, anche se non siamo tanti…

C’è un tema fondamentale della storia della salvezza che attraversa l’Antico e il Nuovo Testamento e lo troviamo anche nel libro dell’Apocalisse: il resto d’Israele. La salvezza va avanti non perché è portata da tutto il popolo. Anzi, la caratteristica fondamentale del popolo è quella di allontanarsi da Dio, di tradire l’alleanza, eppure la salvezza va avanti attraverso un nucleo, attraverso alcuni, fino al punto in cui si arriva a mettere in chiaro che la salvezza è legata ad uno: il Crocifisso.

Io vorrei qui sottolineare alcune cose che dovrebbero essere presenti anche nella nostra pastorale, nel nostro stile, e poi, soprattutto, che ci possono far capire la realtà della Chiesa.

Non so se tutti voi, scorrendo gli Atti, hanno colto alcuni passaggi: Paolo incontra Timoteo, che è figlio di una donna giudea e di padre greco; nel primo viaggio Paolo aveva rotto i rapporti con Marco o, comunque, Marco aveva rotto i rapporti con Paolo tanto che, ad un certo punto, la missione del primo viaggio si “rompe”e Paolo e Barnaba si separano.

Così nel secondo viaggio con Paolo non c’è più Marco; Paolo sceglie altri compagni, tra cui Timoteo, e tutto ciò vuol dire che anche nella Chiesa primitiva c’erano delle umanità forti che emergevano.

Timoteo, tra l’altro, era stato scelto con una cura particolare; c’era già stato il Concilio di Gerusalemme che aveva deciso che non era necessario diventare prima ebrei e poi cristiani poiché non ci salva la circoncisione ma il Signore Gesù.

Qui, però, notiamo una cosa importante: Paolo fa circoncidere Timoteo. La pastorale è andare incontro – finché è possibile – a tutto e a tutti per poter dire quello che non si può tacere, per poter dire in modo totale e pieno Gesù Cristo. E allora Paolo fa questo sforzo: sceglie una persona che proviene dal mondo greco e dal mondo ebraico ma lo circoncide, anche se non sarebbe stato necessario.

Nella prima lettura, poi, c’è una notizia consolante: la Chiesa non è nelle mani degli uomini e potremmo dire… per fortuna! Ad un certo punto, Timoteo e Paolo avevano intenzione di rimanere in Asia, di visitare e fondare lì nuove comunità in Asia ma, ad un tratto, Paolo ha una visione e un greco lo invita a passare in Europa.

La Chiesa è nelle mani di Dio, non degli uomini, e anche se a volte sembra che sia in mano solo a degli uomini, in realtà, è saldamente e sempre nelle mani del Signore.

Il Vangelo ci ricorda che noi non siamo più grandi del padrone; sì, un servo non è più grande del padrone e il nostro padrone – il nostro maestro, per usare le espressioni del Vangelo – è il Crocifisso, è Colui che è stato rifiutato, Colui al quale hanno preferito Barabba, Colui che hanno considerato un malfattore e un mentitore.

Il Vangelo di oggi ci dice anche che non possiamo e non dobbiamo sognare e desiderare gli applausi. Avevo poco fa sottolineato un punto: Paolo fa circoncidere Timoteo e vuole che sia accettato da tutti, dai greci, dai pagani e dagli ebrei e tutti possano avere Gesù Cristo. Il Vangelo – e la vita di Paolo che si identificherà con il Vangelo – è proprio un andare in libertà, al di là degli applausi o delle urla stridenti del mondo.

L’ultima cosa che vorrei sottolineare – dal proseguimento della prima lettura di oggi – è che qualche versetto dopo Paolo e Timoteo arrivano a Filippi e qui troviamo la prima donna ad essere battezzata in Europa. Torna il tema della donna. Le donne sono fedeli durante la passione, gli uomini no; le donne sono le prime che incontrano il Risorto e poi vanno a dirlo agli apostoli e anche loro incontreranno il Risorto. Il primo cristiano europeo è una donna.

“Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. 15Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa»” (At 16,14-15). La donna, nel Vangelo, ha un posto unico e privilegiato. E qui la donna accoglie nella sua casa l’apostolo.

Il primo nucleo cristiano in Europa è dunque legato a questa donna, a questa famiglia, a questa comunità; ecco risaltare, allora, la vocazione della donna a trasmettere la fede, a trasmettere la fede nel vivere a fianco. È molto comune che dall’incontro di due persone – una non credente e una credente – alla fine ci sia un credente in più; l’inverso è molto più difficile.

Un piccolo messaggio che vorrei, infine, lasciarvi – legato al mese di maggio – è ricordarvi che, prima delle apparizioni della Madonna a Fatima, ci furono altre tre apparizioni l’anno precedente (il 1916). Tre volte furono visitati i bambini dagli angeli e la cosa che colpisce è che, in momenti diversi, questi angeli hanno chiesto la stessa cosa.

La prima volta dice loro: recitate con me. E l’angelo insegna ai bambini questa preghiera: Signore, io credo, ti amo e ti adoro; ti prego per tutti quelli che non credono, non ti amano e non ti adorano.

La seconda volta, quasi in tono di rimprovero e in un momento difficile della vita dei bambini (che si erano un po’ distratti), l’angelo dice: cosa fate, perché non pregate? E li invita a pregare.

La terza volta è l’angelo dell’Eucaristia che li invita all’adorazione con quella magnifica preghiera molto “teologica”: Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro per tutti coloro che non vi adorano, adoro il preziosissimo sangue presente in tutti i tabernacoli, attraverso il cuore immacolato di Maria.

Il messaggio che prepara i bambini all’incontro con la Madonna è molto semplice: è la preghiera la strada che ci porta al Redentore. La preghiera può cambiare la nostra vita, può aiutarci a vedere e capire noi stessi, incominciando dal nostro cuore (che è la cosa più difficile), riuscendo –  come i bambini di Fatima – a “vederci” nella luce di Dio.

L’augurio che mi faccio e vi faccio all’inizio del mese di maggio è questo: alla fine di questi giorni di maggio possiamo “vederci” di più nella luce di Dio, incominciando da noi stessi e poi le persone a cui vogliamo bene, le persone con le quali non andiamo d’accordo, le persone che da noi attendono qualcosa, le persone a cui dobbiamo chiedere qualcosa.

La preghiera ci aiuti a “vederci” nella luce di Dio!