Omelia del Patriarca nella Festa della Madonna della Salute (Venezia, 21 novembre 2017)
21-11-2017

Festa della Madonna della Salute

(Venezia, 21 novembre 2017)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari confratelli nel sacerdozio, stimate autorità, cari fedeli,

anche quest’anno la città di Venezia compie il suo tradizionale pellegrinaggio alla Madonna della Salute. Ormai da quattro secoli uomini, donne, giovani, anziani si recano alla Basilica edificata dalla fede dei nostri padri; è un flusso incessante.

Ciascuno porta le sue richieste, i drammi personali e familiari, le sue ferite. Tutto giunge qui ai piedi della Madonna, la madre comune; tutte le speranze, le gioie, le sofferenze, le attese arrivano qui a Colei che per i veneziani è, semplicemente, la Madonna della Salute.

Questo pellegrinaggio del 21 di novembre – come quello della terza domenica di luglio al Redentore – fa parte del DNA della città e della nostra gente. Ogni anno riviviamo la promessa fatta in quel lontano 1630 dal governo della Serenissima, chiedendo la liberazione dal flagello della peste.

Oggi abbiamo un motivo di più per gioire poiché il nostro antico e amato Patriarca Albino Luciani, nei giorni scorsi, è stato dichiarato venerabile, ossia riconosciuto come chi ha esercitato in modo eroico le virtù cristiane; si tratta di un pronunciamento ufficiale della Chiesa voluto da Papa Francesco.

E, oggi, ricordiamo questo con particolare gioia poiché il patriarca Luciani fu spesso pellegrino alla Madonna della Salute; per questo – come Chiesa che è in Venezia – vogliamo dire il nostro grazie a Dio; è un privilegio aver avuto come Vescovo, in un periodo non facile della nostra storia recente, un pastore che – secondo il giudizio autorevole della Chiesa – ha esercitato in modo eroico le virtù.

Ora, mentre a Venezia celebriamo la festa della Madonna della Salute, la Chiesa universale festeggia la Presentazione al Tempio della Vergine in cui – ricordando la dedicazione della chiesa di Santa Maria Nuova a Gerusalemme – fa memoria della prima offerta che Maria, ancora bambina, fece di sé al Signore. Vorrei soffermarmi un momento proprio su questo: è commovente vedere come una bambina si offra totalmente a Dio, è un fatto che ci interpella.

E così, guardando al prossimo Sinodo sui giovani, siamo invitati a riflettere sul fatto che Dio chiami a sé i giovani e, addirittura, i bambini.

La nostra società si presenta, invece, come pensata e progettata dagli adulti e per gli adulti; una società che non solo non incoraggia i giovani ma, talvolta, li penalizza in modo inaccettabile. Sì, la nostra società posticipa e ritarda tutto… non solo la data della pensione.

Come insegna Papa Francesco – e come il V Convegno della Chiesa Italiana (Firenze 2015) ha ripetuto – dobbiamo esser in grado di “uscire”, “annunciare”, “abitare”, “educare” e “trasfigurare” anche il mondo dei giovani.

Ma cosa vuol dire in concreto? Innanzitutto che bisogna scommettere di più su di loro, investire sul loro futuro che, poi, è il nostro. Ci vuole più coraggio, più libertà interiore, più distacco da se stessi, più sensibilità verso il bene comune al di là della propria persona.

Guardare, in tal modo, al prossimo Sinodo significa – per la comunità cristiana – credere innanzitutto nei giovani, nella loro capacità di “aprirsi” innanzitutto e di “donarsi” a Dio e al prossimo, aiutarli (ecco, questo è il discernimento) a far sì che Dio entri nella loro vita; vuol dire aiutarli a crescere nella certezza che il Vangelo vissuto non mortifica ma conduce a pienezza l’umano. Il prossimo Sinodo – come sappiamo – ha per tema proprio “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

Oggi, più che mai, bisogna parlare sia all’intelligenza sia al cuore dei giovani, chiamandoli in causa – come ha detto recentemente il Santo Padre – e facendo leva sulla loro generosità e capacità di donarsi spezzando ogni tipo d’individualismo.

L’odierna festa liturgica ci aiuta perché Maria, ancora bambina, si offre totalmente a Dio. La nostra cultura, invece, preferisce altri criteri educativi e sembra non conoscere l’avverbio “sempre”; opta per scelte non definitive e ciò contrasta con la logica della stessa vita che è unica, irripetibile e scorre presto dalle nostre mani…

Maria, ancora bambina, si dona totalmente al Sign­­­­­­­­­­­­­ore; Ella comprende quanto Dio è importante nella sua vita e allora si dona a Lui, si pone al Suo servizio, si apre totalmente alla Sua Parola.

La risposta di Maria all’Annunciazione non è improvvisata: “…concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo” (Lc 1, 31-32). Allora – e questo è il punto – “Maria disse… : «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?»” (Lc 1,34).

Maria era promessa sposa – ovvero in età da marito – e, quindi, o diciamo che non era in grado di intendere o le sue parole vanno considerate con attenzione. E, allora, quel “non conosco uomo”, dice una scelta, un impegno, una promessa, ovvero la scelta di vivere il matrimonio in modo verginale.

Quando Maria si offre al Tempio, seppur ancora bambina, si dona pienamente a Dio; è un sì detto secondo la consapevolezza dell’età ma non per questo meno vero, meno autentico; è una promessa sorretta – non dimentichiamolo – dalla grazia di Dio.

Si tratta di un invito che Dio Le rivolge in modo delicato, rispettoso, ma chiaro; Dio, infatti, lascia sempre liberi e la grazia – proprio perché divina – partecipa di tale delicatezza che sempre rispetta l’umana libertà e mai costringe. Tante risposte sui drammi della storia stanno qui.

Come per Maria, fu così anche per altre grandi figure della storia della salvezza: il profeta Samuele chiamato, ancora bambino, mentre serve al tempio e il re Davide, scelto ancora ragazzo tanto che, proprio per questo, Iesse neppure l’aveva considerato.

Maria viene presa per mano da Dio prima dell’annunciazione. Dio, quindi, considera i bambini, li rispetta, li coinvolge, li chiama a sé, li prende sul serio, chiede la loro collaborazione. Tutto ciò – riflettiamo sui questo – deve avere un significato per noi; per Dio, la santità non è riservata agli adulti!

Gesù tratta i bambini in modo diverso dai suoi discepoli: ”Gli presentavano anche i bambini… ma i discepoli… li rimproveravano. Allora Gesù li chiamò a sé e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso»” (Lc 18, 15-17).

C’è una schiera di giovani e, addirittura, di bambini che la Chiesa propone come esempi a cui guardare: Giacinta e Francesco di Fatima (morti a nove e dieci anni), Antonietta Meo (sette anni), Maria Goretti (a dodici anni), ma anche Domenico Savio, Josè Sànchez del Rio, Carlo Acutis (quindici anni) e Manuel, il bambino che parlava con Gesù Eucaristia (nove anni). Dio entra veramente nella vita delle persone, senza guardare la loro carta d’identità.

Un genitore, quando guarda negli occhi il figlio, deve pensare che non gli appartiene: lui è il padre, lei è la madre, ma Dio è il vero Padre di tutti.

Carlo Acutis – di cui è in corso il processo di beatificazione – è un esempio di quanto appena detto. Mi soffermo brevemente su di lui. Carlo non proveniva da una famiglia di tradizioni cristiane, come ricorda mamma Antonia che dice: “Provenivo da una famiglia “laica” e ricordo che sono andata a messa solo il giorno della prima comunione, quello della cresima, quello del matrimonio…”. In Carlo, allora, si è manifestata la pura forza della grazia; Carlo è il risultato improbabile, secondo gli uomini, della grazia di Dio! Noi siamo fatti di anima, di corpo e… di Spirito Santo e anche i nostri giovani lo sono!

Quando in un bambino cresce la coscienza di sé (in genere nell’età della prima comunione), Carlo fece l’incontro decisivo della sua vita – quello con Gesù – e da quel momento in lui si manifestò un crescente e costante senso d’appartenenza a Dio.

Cresce come tutti gli altri, differenziandosi solo per il rosario quotidiano e l’adorazione eucaristica, convinto com’è che quando “ci si mette di fronte al sole ci si abbronza… quando ci si mette dinnanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi” (…). La santità: è il suo obiettivo, lo fa stare in modo “diverso” sui banchi di scuola, in pizzeria con gli amici o in piazzetta per l1a partita di pallone…. Un desidero grande di santità, messa, comunione e rosario quotidiano, una razione giornaliera di Bibbia, un po’ di adorazione eucaristica, la confessione settimanale, la disponibilità a rinunciare a qualcosa per gli altri… nel suo sito internet c’è la sezione “scopri quanti amici ho in cielo”, dove compaiono i santi “giovani”… è convinto di non invecchiare ; “Morirò giovane”, ripete, ma intanto riempie la sua giornata di attività: con i ragazzi del catechismo, i poveri alla mensa Caritas, i bambini dell’oratorio. Tra un impegno e l’altro trova ancora il tempo per suonare il sassofono, giocare a pallone, progettare programmi al computer, divertirsi con i videogiochi, guardare gli adorati film polizieschi, girare filmini con i suoi cani e gatti. Oltre naturalmente studiare…” (Dal sito “Santi e Beati”, Carlo Acutis).

Carlo Acutis – andate a cercare su Internet notizie su di lui – diventa, così, esempio di come Dio chiami a Sé a ogni età, anche in quelle che, per noi uomini prigionieri del “politicamente corretto”, sono considerate non idonee alla chiamata di Dio, soprattutto se la chiamata è “per sempre” ed esige una via di dedizione e offerta. La nostra cultura preferisce, invece, il part-time

Il prossimo Sinodo ci chiama a riflettere su come incontrare i nostri giovani, come farli sentire soggetti attivi e responsabili, come aiutarli ad entrare nella vita e nel mondo del lavoro, senza estenuanti anticamere, a fare in modo che possano manifestare le loro angosce – ascoltiamo le nostre angosce dei nostri adolescenti, è il primo atto educativo! – ed esprimere un amore accogliente verso il dono della vita – concepimento, nascita, fragilità, spegnimento -; ancora dobbiamo chiederci come testimoniare loro il rispetto per il creato e, soprattutto (è la cosa più importante), il senso e l’amore di Dio e dei fratelli.

Ed è proprio l’amore verso Dio e i fratelli che ci dice come guardare oggi alla nostra società impegnandoci a riconoscere i diritti delle persone. Tali diritti – prima di situarsi a livello politico – costituiscono una proposta culturale ed educativa. Il Vangelo è una grande luce che va oltre le emotività e illumina la realtà.

Siamo chiamati a rispettare tutti gli uomini e, insieme, ad esprimere i valori della cultura e della storia di cui siamo portatori e che ci hanno plasmato rendendoci comunità vive, intraprendenti, cordiali. Il Vangelo – secondo la sana laicità che fa parte del pensiero sociale della Chiesa – plasma la cultura di un popolo perché sempre si compiano scelte a favore dell’uomo.

Ma ritorniamo all’offerta che, secondo l’antichissima tradizione (Vangelo apocrifo di Giacomo), Maria ancora bambina fece di sé al Signore.

Il dono di sé e l’impegno vanno riscoperti come valori educativi. Ovviamente bambini e adolescenti devono essere riconosciuti tali, ricordando che non sono persone adulti; questo è vero, ma non devono esser “cullati” come fossero perenni infanti.

Cade proprio quest’anno il centenario di Fatima: ai pastorelli Giacinta e Francesco, di soli sette e nove anni, la Vergine Santissima (Fatima è un’apparizione riconosciuta dalla Chiesa) domandò quello che noi, mai e poi mai, avremmo avuto l’ardire di chiedere – sia nell’impegno della preghiera sia della penitenza – mettendoli a parte degli avvenimenti futuri del secolo più drammatico della storia.

La grazia e la santità – ribadisco – non sono riservate agli adulti; Dio agisce liberamente, interpellando chi vuole – anche i vostri figli e i miei nipoti… – e come vuole ma noi uomini pretendiamo di dettare a Dio modi e tempi dell’agire secondo la logica del “politicamente corretto”, ma ciò che è “corretto” agli occhi degli uomini, molte volte, non lo è agli occhi di Dio. I discepoli, alla fine, non possono ragionare secondo il “buon senso” del mondo ma secondo la “verità” di Dio; è questo il discernimento.

La Madonna della Salute preghi per la nostra amata Chiesa, per la città di Venezia, per quanti la governano e per tutti gli uomini che Dio ama. Buona festa della Salute a tutti!