Intervento del Patriarca durante l'incontro “Chiara Lubich, donna del dialogo ecumenico” (Mestre – Istituto di Cultura Laurentianum, 14 marzo 2019)
14-03-2019

“Chiara Lubich, donna del dialogo ecumenico”

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

(Mestre – Istituto di Cultura Laurentianum, 14 marzo 2019)

 

 

Saluto tutti e ringrazio dell’invito.

Ho ascoltato con interesse quanto Sua Eminenza l’Arcivescovo Metropolita Gennadios ha detto circa gli incontri con Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari e lo ringrazio di cuore!

Gli uomini e le donne del XXI secolo vivono in un contesto fortemente secolarizzato e così, spesso, nella nostra visione antropologica rischiamo di perdere di vista come ogni persona, nella sua realtà più intima, sia dono di Dio e quindi, opera del Suo Amore: una sua grazia!

Talvolta Dio si manifesta particolarmente generoso nel Suo dono e realizza veri e propri capolavori: è esattamente il caso di Chiara Lubich e di Sua Santità il Patriarca Atenagora.

Chiara e Atenagora sono doni pienamente riusciti dell’amore di Dio, senza dimenticare, però, che quando si parla di uomini e donne entra sempre in gioco la libertà personale.

Chiara e Sua Santità Atenagora furono coraggiosi “apripista” nella via del dialogo ecumenico e lo fecero con grande libertà e coraggio ma, soprattutto, con un cuore capace d’amare e di “fare” il primo passo, non attendendo quello altrui; questa è vera fraternità.

Chiara e il Patriarca Atenagora – nel loro impegno per l’unità dei cristiani – rimangono due maestri e testimoni o – come abbiamo detto –  due “capolavori” di Dio, pienamente riusciti e sgorgati, per grazia, dal Suo cuore; insomma, due modelli da seguire.

Il dialogo ecumenico è lo spazio spirituale privilegiato in cui hanno manifestato la loro testimonianza. In tale cammino Chiara e Sua Santità Atenagora sono stati mossi dalla carità che ama, dalla fede che crede, dalla speranza che non viene meno e dalla virtù cristiana della fortezza che sa affrontare incomprensioni e ostacoli.

Il dialogo ecumenico non è finalizzato a tracciare nuovi confini fra le confessioni e neanche solo a sfumare le espressioni teologiche – certo, tale paziente lavoro serve… – ma il cammino ecumenico s’intraprende e, soprattutto, si prosegue se nel cuore facciamo posto al Signore Gesù.

Sì, costruiamo l’unità fra i cristiani quando si vive più intensamente – personalmente ed ecclesialmente – la comune appartenenza a Gesù, ossia se si coglie la ricchezza del battesimo – segno reale dell’Amore del Padre – che tutti ci rende fratelli in Gesù Cristo, il Signore. Il dono del battesimo – messo al centro della vita cristiana – è, quindi, la forza che neanche il peccato riesce a distruggere.

Grazie al battesimo noi cristiani comunichiamo realmente, nonostante la nostra storia segnata purtroppo da gravi incomprensioni, da gesti fortemente divisivi e da sanguinose guerre.

In tal modo, la nostra storia due volte millenaria ci sta innanzi nella sua drammaticità che, tuttavia, non deve farci dimenticare come la grazia di Dio sia la vera e realissima forza che opera nella storia; certo, poi sono gli uomini e le donne che – interpellati – devono collaborare, in modo libero, al progetto di Dio.

Chiara Lubich e il Patriarca Atenagora hanno avuto grande attenzione e vero rispetto nei confronti della storia ma, nello stesso tempo, hanno saputo ascoltare il sussurro lieve e forte della voce di Dio che, non tutti, riescono a percepire e a far propria.

Chiara e Sua Santità Atenagora si sono posti dinanzi alla storia leggendovi in profondità i segni di Dio e la sua presenza; questo è lo spirito profetico che segna uomini e donne di buona volontà e che permette loro di aprire strade nuove.

Così – per usare le parole di Benedetto XVI al momento dell’elezione – questi due “umili operai della vigna del Signore”, fra loro simili ma anche così diversi, soffrivano per le fratture che laceravano da secoli la cristianità.

Per comprendere ciò che univa Chiara e il Patriarca Atenagora, al di là delle mie parole, preferisco servirmi della breve testimonianza di Chiara che ci riporta all’incontro con Atenagora, il 13 giugno 1967 a Istanbul, avvenuto su richiesta del Patriarca Atenagora cui era giunta notizia dell’impegno ecumenico del Movimento dei Focolari: «…Mi ha accolto – scrive Chiara – come se mi avesse sempre conosciuto: “L’aspettavo!”, ha esclamato, e ha voluto che gli narrassi i contatti del Movimento con luterani e anglicani. “È una grande cosa conoscersi ha commentato: siamo vissuti isolati, senza avere fratelli, senza avere sorelle, per molti secoli, come orfani! I primi dieci secoli del cristianesimo sono stati per i dogmi e per l’organizzazione della chiesa. Nei dieci secoli seguenti abbiamo avuti gli scismi, la divisione. La terza epoca è quella dell’amore”» (Michele Zanucchi (a cura di), Attualità, 2013, pag. 38).

Questa testimonianza s’inserisce bene nel non facile cammino dei cristiani verso l’unità, ponendone in evidenzia l’unica forza capace di muovere ciò che è appesantito dalle scolari incrostazioni della storia ma, soprattutto, dall’uomo vecchio che continua ad abitare in ciascuno di noi e non vuol lasciare spazio all’uomo nuovo.

Desidero, infine, richiamare la grande preghiera sacerdotale con cui Gesù si rivolge al Padre, nel cenacolo, la vigilia della passione. Gesù non prega solo per i discepoli presenti, ma anche per quelli futuri che avrebbero creduto sulla parole di questi: «[prego] perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21).

E, ancora, la seguente frase di Chiara mi pare illuminante nei confronti dell’atteggiamento che dobbiamo assumere di fronte a un tema fondamentale come quello dell’unità dei discepoli di Gesù e che è tratto da una raccolta di pensieri di Chiara che presentano il carattere dell’essenzialità in cui, talvolta, ogni cosa è concentrata in poche righe, in una profonda riflessione che condensa il tutto in una fugace immagine.

Si tratta di un pensiero/immagine che potrebbe ricordare il nostro incontro, come un segreto, forse piccolo ma da tenere desto in un cuore che non vuole intorpidirsi ma servire fedele nell’amore.

«Come in un caminetto acceso – scrive Chiara – occorre, di tanto in tanto, scuotere la brace perché la cenere non la copra, così è necessario, di tempo in tempo, ravvivare di proposito l’amore reciproco fra noi, ravvivare i rapporti, perché non siano ricoperti dalla cenere dell’indifferenza, dell’apatia, dell’egoismo» (cfr. Chiara Lubich, Città nuova 2007, pag.115).

L’ecumenismo, per il cristiano, nasce da un cuore che ama e si nutre del desiderio di amare come Gesù ha amato i discepoli e, quindi, chiede d’amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati.

Concludo richiamando il Padre nostro – preghiera insieme filiale e fraterna – che bene esprime il cammino ecumenico perché mentre preghiamo il Padre ci sta dinanzi e l’amore per i fratelli diventa la prova del vero cammino verso di Lui: «Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male» (Mt 6,9-13).

Sì, Padre nostro e non mio; sia santificato il tuo nome, non il nostro nome e, infine, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.