Intervento del Patriarca durante la cerimonia di inaugurazione di un busto in bronzo raffigurante San Giovanni XXIII presso la Scuola Grande di San Rocco (Venezia, 28 ottobre 2018)
28-10-2018

Cerimonia di inaugurazione di un busto in bronzo raffigurante San Giovanni XXIII presso la Scuola Grande di San Rocco

(Venezia, 28 ottobre 2018) 

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Gentili signore e signori,

volentieri ho aderito all’invito della Scuola Grande Arciconfraternita di San Rocco che, nell’anniversario dell’elezione di un suo confratello al soglio di Pietro, ha deciso di dedicare questo prezioso busto del maestro Franco Murer per ricordare una appartenenza comune oltre che per un filiale omaggio a chi – dopo essere stato Patriarca di Venezia – è assurto al soglio di Pietro.

Un saluto particolare va al Guardian Grando, l’architetto Franco Posocco.

Sono passati sessant’anni da quando il Cardinale Angelo Roncalli lasciava Venezia – senza sapere che non vi avrebbe fatto più ritorno – per partecipare al Conclave che l’avrebbe eletto Papa. In tale ricorrenza che lo riguarda desidero richiamare una caratteristica di Angelo Giuseppe Roncalli che ritengo s’imponga su altre.

Tutto in lui partecipava del respiro dell’eternità ed era fondato su una fiducia infinita, colma di speranza teologale, anche quando era chiamato a vivere le concrete e numerose difficoltà della vita.

Sopra ogni cosa vedeva la Divina Provvidenza e così, sempre, in lui si manifestava la pacatezza di chi cerca Dio e la Sua gloria. E proprio Dio era per Lui guida misericordiosa e forza pacificatrice in ogni momento della vita.

Come suo successore a Venezia, mi piace ricordare le parole del primo scritto che il neo Patriarca Roncalli indirizzò alla Diocesi raccomandando a tutti di tenere sempre ben fisso il riferimento alla “fede di San Marco” e la “devozione a San Pietro”; il riferimento chiarissimo era alla necessità di custodire e ravvivare quel deposito di fede ricevuto dai padri e da assumere e trasmettere come – sono parole sue – “sorgente perenne di saggezza e di virtù cristiane e civili”.

Nello stesso tempo desidero sottolineare il suo invito a “nutrire le anime di fede profonda, illuminata, operosa” e di “irrobustirle e renderle sempre più vigorose nell’esercizio di un apostolato che deve essere trionfo esultante di verace fraternità”.

Ho vivo poi in me, in modo particolarissimo il ricordo dell’elezione. Avevo allora cinque anni e si tratta, in assoluto, di uno dei miei primi ricordi. Era il 28 ottobre 1958: la sera dell’elezione mi trovavo in casa insieme ai miei familiari e ricordo che c’erano anche i nonni. Tutti erano protesi verso la radio (la televisione avrebbe fatto il suo ingresso in casa poco dopo); ancora oggi è impresso in me il timbro di una voce di una persona anziana.

La voce recitava delle preghiere e impartiva con tono solenne una benedizione in latino, una lingua che – essendo nel giro degli aspiranti chierichetti – non mi era del tutto estranea. Ricordo ancora – come fosse ora – che il nonno disse a voce alta: abbiamo il nuovo Papa. Dentro di me pensai: ma se il Papa è uno solo come possiamo averne un altro? E per qualche giorno continuai a ripensare come era possibile avere un altro Papa e come sarebbe stato questo nuovo Papa che intanto – mi era stato detto – aveva preso anche un nuovo nome: Giovanni.

A sessant’anni, con gioia, ricordiamo quel momento che segnò una svolta nel cammino della Chiesa del nostro tempo e chiediamo a Colui che oggi la Chiesa venera come San Giovanni XXIII di aiutarci ad essere vivi testimoni del Vangelo del Signore Gesù, con la stessa fiducia che lui ha sempre nutrito nella Divina Provvidenza.