Intervento del Patriarca al Dies Academicus della Facoltà di Diritto Canonico S. Pio X (Venezia, 10 novembre 2021)
10-11-2021

Dies Academicus della Facoltà di Diritto Canonico S. Pio X

(Venezia, 10 novembre 2021)

Intervento del Patriarca Francesco Moraglia con presentazione del relatore Card. Mauro Piacenza

 

 

 

Sono lieto di partecipare a questo evento con cui, in particolare alla presenza delle autorità accademiche, dei docenti e degli studenti, ha ufficialmente inizio l’anno accademico 2021/22.

Al preside, al vicepreside e ai docenti va la mia stima e gratitudine per la loro intelligente e generosa dedizione posta a servizio della Facoltà sia nell’ambito della ricerca sia della docenza. A voi, cari studenti, l’augurio di un fruttuoso anno di lavoro, assicurando la mia preghiera. Siatene certi!

Ora desidero esprimere la mia piena soddisfazione per la presenza quest’anno in mezzo a noi – come relatore che terrà la prolusione – del Cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore.

La Penitenzieria Apostolica, infatti, è il primo Tribunale della Chiesa Cattolica, il primo nel senso storico-temporale e il primo nel senso della dignità. In senso storico-temporale perché già dalla fine del XII secolo si menziona il “Cardinalis qui confessiones pro papa recipit” chiamato Poenitentiarius sotto Onorio III (1216-27) e quindi Poenitentiarius Maior. Con Papa Clemente V (1305-1314) si stabilì che il Cardinale Penitenziere Maggiore mantenesse – ed ancora oggi è così – le sue facoltà anche durante la vacanza della Sede Apostolica proprio in ragione dell’importanza – una vera priorità – delle materie di competenza.

Si tratta poi del primo Tribunale anche in ragione del fatto che tratta questioni di foro interno, tutto ciò che è afferente alla coscienza e, quindi, a ciò che vi è di più sacro.

Si evince l’altissima dignità di questo Tribunale – che Lei, Eminenza, presiede – anche dalla sua immediata congruità col ministero petrino che si può sintetizzare con l’espressione del Vangelo di Matteo: ”Tibi dabo claves regni caelorum” (Mt 16,19). La nozione evangelica delle chiavi non solo include il potere giurisdizionale ma anche l’autorità magisteriale.

Ora, la potestà delle chiavi – conferita a Pietro nella sua pienezza – si estende in varia misura, in relazione alla posizione gerarchica e agli uffici svolti nella Chiesa, a tutti i sacerdoti. Ma l’ufficio della remissione dei peccati, esercitato nel sacramento della Penitenza, è appunto contenuto nella “potestas clavium”.

In un saluto che Lei, Eminenza, ha rivolto al Santo Padre all’inizio di una udienza conclusiva del corso sul foro interno – che annualmente la Penitenzieria organizza e al quale esorterei molti a partecipare – per la preparazione dei confessori, fra l’altro, ha detto: “Santità Lei detiene le chiavi ma noi, in Penitenzieria, ne abbiamo la copia”.

Sempre in uno di questi appuntamenti lo stesso Pontefice aveva osservato che “è il più antico Tribunale al servizio del Papa: un tribunale di misericordia! E mi piace molto che sia così” (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al 30.corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica, 29 marzo 2019).

La Penitenzieria Apostolica è quindi, in un certo senso, il Tribunale che gli piace di più. E questo certamente per il fatto di essere un Tribunale di Misericordia e per la sua indole direttamente correlata con il tema che Lei tra poco ci illustrerà, quello della salus animarum come suprema lex.

Viviamo un momento storico nel quale molti sembrano non comprendere il perché di alcune leggi, come per esempio quella del sigillo sacramentale a proposito della Confessione. Questo avviene nel contesto degli orribili crimini di pedofilia per cui, soprattutto in alcuni territori maggiormente provati (Usa, Canada, Australia, Irlanda, Francia), l’autorità civile preme con forza – e questo indebitamente, essendo in questione la libertas Ecclesiae – sull’ordinamento ecclesiastico affinché cambi la normativa canonica.

Non si può dimenticare che la “libertas Ecclesiae” cointende la libertà di culto alla quale appartiene il sacramento della Confessione e qui, per inciso, ricordiamo che la libertà religiosa è la radice di tutte le libertà; è libertà di coscienza!

Il 29 giugno del 2019, quando l’ondata di pressione mediatica nel mondo anglofono si era fatta particolarmente martellante, abbiamo sentito l’azione della Penitenzieria che – con una Nota specifica, approvata dal Santo Padre nei giorni precedenti – ha portato chiarezza e ha diramato opportune indicazioni che sono risultate particolarmente gradite a molti Episcopati.

Ora, Eminenza, da qualche sua intervista di questi ultimi tempi ci è sembrato di cogliere la premura della Penitenzieria innanzi ad altri analoghi tentativi in Francia.

Con sollecitudine è stato opportunamente ribadito che “tutto quanto detto in occasione della confessione, e cioè tra il momento in cui ha inizio la Confessione e il momento in cui termina, con la assoluzione o con la non assoluzione, è sotto il sigillo. Quanto detto in confessione è “sigillato” perché detto a Dio e non ad un uomo, che come tale non avrebbe alcuna autorità di parlare” (cfr. Intervista ad ACI Stampa, 15 ottobre 2021).

E, inoltre, Lei ha pure richiamato che non si può porre il sigillo sacramentale al livello del segreto professionale; sono, infatti, livelli incomparabili e vige soltanto una certa qual analogia ma nulla di più.

Eminenza, Le passo quindi la parola su un argomento di fondamentale importanza che ha ricadute su tutto il mondo del Diritto Canonico e che so esserLe particolarmente caro: la primazialità della salus animarum che deve essere sempre nella Chiesa suprema lex (can. 1752).