Epifania, l’omelia del Patriarca: “Tutti chiamati ad incontrare Dio. Dai Magi l’invito a ripensare la vita con coraggio. A cogliere i segni che svelano la realtà vera”

“Tutti i popoli e tutti gli uomini sono chiamati ad incontrare Dio. I Magi hanno lasciato tutto e si sono incamminati verso un futuro sconosciuto – che non era il risultato di puri calcoli umani – sorretti da una speranza che nasceva da una Grazia a cui avevano detto il loro sì. I Magi chiedono, quindi, di ripensare la nostra vita di “stagionati” uomini e donne di Chiesa; abbiamo bisogno di porre coraggiosi gesti di conversione per tornare ad un autentico e reale contatto con Gesù”: è la riflessione che il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia ha proposto la mattina della solennità dell’Epifania – sabato 6 gennaio 2018 – nel corso dell’omelia della S. Messa da lui presieduta nella basilica cattedrale di S. Marco (in calce il testo completo).

“In questo nostro tempo così disincantato – ha osservato -, in un’epoca come la nostra in cui basta girare un interruttore per illuminare una stanza, un edificio, un centro commerciale, un’intera città, come è possibile seguire la luce incerta e tremula di una stella? Insomma: come è possibile, per un cristiano adulto, leggere questa pagina del Vangelo di Matteo senza provare disagio o un senso di malcelata superiorità? Si può anche perdere la fede e, così, finire per credere ad ogni cosa; Chesterton ce lo ricorda con il suo genio inarrivabile e tutto concentra in una frase su cui dovremmo riflettere di più, sia personalmente sia comunitariamente. Oggi il credente ha più di un complesso d’inferiorità verso il mondo che si professa lontano da Dio, agnostico o ateo: ”Chi non crede più in Dio – dice Gilbert Keith Chesterton – non è vero che non crede più in niente, piuttosto, comincia a credere ad ogni cosa“. Si giunge talvolta all’incredulità partendo da piccoli dettagli, un testo non compreso o compreso male e si finisce per mettere in questione tutto il Vangelo. Si tratta, in tal modo, di riscoprire nella nostra vita il valore di una conoscenza capace di cogliere non solo i mezzi ma anche il fine, non solo la parte ma il tutto, non solo il visibile ma l’invisibile”.

Bisogna allora recuperare il valore dei simboli e dei segni che aiutano a comprendere tutta la realtà: Il simbolo non nega, piuttosto, dice qualcosa che va oltre la realtà che lo costituisce segno; è, quindi, realtà capace di dire qualcosa di più della sua pura materialità. Ma il simbolo richiede d’esser letto anzi letto “dentro”. Dobbiamo educare ed educarci alla realtà simbolica; allora ci scopriremo umanamente più veri e ricchi di umanità. Blaise Pascal, ancora una volta, ci viene incontro e col suo “genio”, insieme, ci sorprende ed apre nuove luci alla nostra intelligenza: “Dio – sono sue parole – ha messo nel mondo abbastanza luce per chi vuole credere, ma ha anche lasciato abbastanza ombre per chi non vuole credere”.  È il mistero della libertà umana, l’invito che oggi ci rivolgono i Magi! Tra il simbolo e la realtà indicata vi è un nesso che chiede d’esser accolto, investigato, compreso ed è in grado di dischiudere l’accesso a realtà nuove, a realtà “ulteriori” che ci conducono ”oltre” e danno senso a quanto prima non coglievamo.  Ma se non siamo in grado di cogliere la realtà simbolica ovvero se non riusciamo ad andare oltre la materialità propria del segno, allora, nella nostra vita, tutto si riduce ad un misero e puro funzionalismo che rinchiude ogni cosa nella morsa di un efficientismo fine a se stesso; l’uomo, così, si riduce a ciò che tocca e percepisce nella materialità della cosa di volta in volta percepita. Ora, se si perde la capacità di cogliere la dimensione simbolica del reale si smarrisce o si è già smarrito l’uomo che è in noi o, meglio, in noi emerge o è già emerso un tipo d’uomo che potrà anche essere più efficiente, capace di produrre di più e in tempi più brevi ma, alla fine, inabile a porsi le domande circa il senso della vita che svelano l’uomo all’uomo, ossia quale è la sua vera realtà”.

“Se rimaniamo chiusi all’interno di una visione del mondo che attinge solo i mezzi e non raggiunge più i fini – ha proseguito il Patriarca -, se ci fermiamo alla pura verifica sperimentale e al mero calcolo, allora non possiamo sapere più nulla di veramente umano; secondo una mentalità non certo minoritaria, il discorso sui fini rimane ostaggio della soggettività umana e quindi non ha valore universale. Così, tutto ciò che esula dal metodo scientifico (razionalità sperimentale), appartiene al mondo pre-scientifico – in altre parole al mito – e fa parte, quindi, della leggenda; è una pura fiaba, appartiene ad un passato che non esiste più. Tale posizione, però, rende problematici considerare degni dell’uomo quei saperi che, in realtà, fondano e rendono possibile l’umana convivenza: il diritto (la giustizia), l’etica (il bene), l’arte in tutte le sue manifestazioni (il bello) e, prima ancora, la filosofia (il vero). I Magi, ossia i saggi venuti dall’Oriente, hanno saputo cogliere il segno della stella e hanno permesso che parlasse loro; si sono “lasciati” interrogare e mettere in questione da un segno”.

All’inizio dell’omelia il Patriarca aveva, inoltre, voluto riservare un particolare e grato pensiero ai diaconi della Diocesi e ai missionari di origine veneziana attualmente impegnati in vari parti del mondo: “Saluto i nostri cari diaconi che oggi partecipano a questa celebrazione. Li ringrazio per il prezioso ministero che svolgono a servizio della Chiesa che è in Venezia a favore delle differenti collaborazioni pastorali, della Caritas, degli ospiti delle carceri e degli ospedali; col loro ministero contribuiscono a rendere visibili le opere di misericordia spirituali e corporali. Uno speciale ed affettuosissimo ricordo va ai nostri missionari laici, consacrati e del clero di Venezia che si trovano in Africa e in America Latina ad annunciare la buona notizia di Gesù; tutti portiamo oggi, nella comune preghiera, all’altare di Cristo”. Ha, infine, concluso la sua omelia con queste parole: “Cari fedeli, in questa significativa solennità liturgica che ci mostra l’adorazione dei Magi, vorrei invitare tutti a sapere, a nostra volta, adorare lo stesso Gesù, presente realmente nel Santissimo Sacramento dell’altare. L’Amore deve essere amato e noi non possiamo non sentire questa urgenza. Per poter dare amore al nostro prossimo dobbiamo attingere dall’Amore. La Santa Madre di Dio, che ha portato l’Amore nel suo seno immacolato, che lo ha avvolto in fasce e lo ha adorato, sia la nostra Stella cometa nel percorrere le vie di questo mondo verso il Signore Gesù! “.