Aperta la Porta Santa a San Marco. Il Patriarca: “L’Anno Santo sia cammino di conversione, da percorrere insieme”

Alle 16.20 di domenica 13 dicembre 2015 si è aperta la Porta Santa nella cattedrale veneziana di S. Marco nel corso della solenne celebrazione, iniziata in piazza e proseguita in basilica, presieduta dal Patriarca Francesco.

“Oggi – ha detto mons. Moraglia nell’omelia (testo completo in calce) abbiamo aperto la Porta Santa della chiesa cattedrale; nelle prossime settimane vi saranno le preannunciate aperture della Porta Santa nel santuario di S. Maria Assunta a Borbiago di Mira e nella chiesa parrocchiale di S. Maria Concetta ad Eraclea. Con gioia, poi, oggi annuncio che vi sarà l’apertura di altre due Porte Sante, veramente speciali, nelle cappelle delle carceri veneziane: ciò avverrà in occasione delle mie prossime visite a S. Maria Maggiore (maschile) venerdì 18 dicembre 2015 e alla Giudecca (femminile) martedì 5 gennaio 2016. Sarà – com’è desiderio del Santo Padre – il segno semplice, autentico e concreto della nostra vicinanza e, soprattutto, del fatto che “la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà”. L’Anno santo – usiamoci la carità di ricordarcelo – è, per ciascuno di noi, cammino di conversione, strada da percorrere insieme, l’uno accanto all’altro, in modo da ritornare a Dio con tutto il cuore. Il Dio della misericordia si chinerà sulle nostre ferite e ci aiuterà a trovare il percorso attraverso il quale, con le nostre comunità, chiederemo il dono personale e comunitario della conversione. E ci accorgeremo – come accadde ai due discepoli di Emmaus – che la strada in realtà la si percorre col Signore Gesù e, passo dopo passo, riconosceremo il Suo volto  umano e divino. Ma il Suo volto lo riconosceremo attraverso i volti dei tanti fratelli e delle tante sorelle che, ogni giorno, camminano con noi sulla nostra strada. E proprio attraverso questi volti, e mai a prescindere da essi, incontreremo il volto santo del Signore (…) Gesù ci chiede così di riscoprire, ridefinire e dare nuovo respiro al modo in cui viviamo la nostra prossimità”.

“Il mio prossimo non è quello che io sono disposto a riconoscere come tale ma colui – chiunque sia – che ha bisogno di me, che mi tende la mano e che io sono nelle condizioni di poter soccorrere. Questo è un tema di riflessione comune e oggetto di un cammino di conversione spirituale, culturale e anche politica che oggi, risulta, tra l’altro, di drammatica attualità. La prossimità va quindi riscoperta, ripensata e ridisegnata alla luce del Vangelo e non dei convincimenti personali o a partire dal comune modo di pensare che per il cristiano deve essere sempre sottoposto al vaglio della Parola di Gesù.  La grande sfida che siamo chiamati a raccogliere – a livello personale e comunitario – è ripensare le nostre relazioni umane alla luce della parola di Dio perché, proprio mettendo in questione le relazioni umane, dobbiamo tornare a vivere il Vangelo della grazia, cioè della riconciliazione e del perdono. Il Vangelo della grazia, della riconciliazione e del perdono è il grande appello che, all’inizio di quest’anno, ci rivolge il Dio della misericordia. E come Gesù nei vangeli ha chiamato gli apostoli, i discepoli e le donne invitando tutti a seguirlo e  indicando loro un cammino preciso e comune, anche adesso chiama ciascuno di noi insieme alla propria comunità di appartenenza. Il cammino che Gesù propone è conversione e, quindi, non si fonda sulla logica del mondo, non è basato sulle sicurezze umane che esprimono il “senso comune” degli uomini e il loro “modo comune” di pensare. Al contrario, seguire Gesù vuol dire convertirsi, ossia rompere gli schemi del “politicamente corretto” così ben veicolato da taluni media. È un percorso che richiede coraggio; anzi, eroicità”.

“Insieme a questi segni avremo poi quello dei “missionari della Misericordia”, a cui Papa Francesco darà la facoltà di rimettere peccati particolarmente gravi per un ritorno a Dio che – secondo il desiderio del Santo Padre – non mira a ridurre la comprensione della gravità del peccato ma, piuttosto, a consentire un sereno cammino di riconciliazione del penitente; è il caso dell’aborto.  La storia di una persona, infatti, può esser segnata da atti particolarmente gravi e, allora, Papa Francesco vuole aprire alla misericordia. Non alla banalizzazione del peccato ma ad una misericordia più ampia, senza – ripeto – banalizzare alcun peccato.  Si tratta di andare oltre le valutazioni umane, spesso appiattite sul “buon senso comune” e sul “politicamente corretto” e che, alla fine, giungono anche ad addomesticare la percezione dell’estrema gravità di un’azione come l’aborto procurato. Una cultura – oggi non minoritaria – consente di piangere sui cuccioli di panda o koala che hanno smarrito la propria mamma ma non sui cuccioli d’uomo che chiedono l’accoglienza prima, ossia il diritto a nascere. Risultano coraggiose e profetiche le parole di cui Papa Francesco si serve nell’enciclica Laudato si’ a proposito del tema dell’accoglienza della vita nascente; è un tema ineludibile all’inizio dell’Anno giubilare della Divina Misericordia. In un cammino fatto di concretezza e semplicità evangelica, siamo chiamati a riscoprire ciò che la spiritualità cristiana da sempre riconosce come suo; il Catechismo della Chiesa Cattolica ci chiede di vivere sia le opere spirituali di misericordia sia quelle materiali, secondo la logica del Giubileo della Misericordia.  Sì, impegniamoci a vivere con le nostre comunità questi gesti di misericordia spirituale e materiale. L’uomo, infatti, non è soltanto un essere spirituale o materiale ma è sempre carne spiritualizzata e spirito incarnato in un volto che mi viene incontro. Ricordiamo, allora, tanto le opere di misericordia spirituale quanto quelle materiali. Iniziamo dalle prime: consiglia chi dubita e insegna a chi ignora, ammonisci colui che pecca, consola chi è afflitto e, ancora, perdona chi ti ha offeso, sopporta chi ti angustia, prega Dio per i vivi e i defunti.  Quelle materiali chiedono di prenderci cura di chi necessita del nutrimento e del vestito, di chi ha bisogno d’essere ospitato e, ancora, di visitare gli infermi e i carcerati e infine di assistere i moribondi. Infine, l’ultima cosa che desidero ricordare e che, nel cammino del Giubileo, è fondamentale è la riscoperta vera del sacramento della riconciliazione dove è possibile incontrare sacramentalmente – si tratta di un segno ecclesiale – il Dio della misericordia. L’appello qui è rivolto ai confratelli sacerdoti affinché si adoperino lungo tutto l’anno a far riscoprire la bellezza di questo sacramento e la gioia che dona; ascoltino con spirito di misericordia e verità le confessioni dei propri fedeli”.

La Porta Santa della basilica marciana è quotidianamente aperta e accessibile per tutti i fedeli dalle ore 9.30 alle 16.30, garantendo ai pellegrini un percorso particolare e differenziato rispetto a turisti e visitatori della basilica. Entrati dalla porta di S. Clemente, essi potranno recarsi in battistero dove, alle ore 10.00 dei giorni feriali, verrà celebrata la S. Messa a cui farà seguito l’adorazione eucaristica. E’, inoltre, garantita la presenza di uno o più sacerdoti per il sacramento della riconciliazione o per colloqui personali; l’uscita avverrà poi passando attraverso la Cappella Zen.