XVI CENTENARIO DI S. VIGILIO
Trento, 26 giugno 2001
26-06-2001

Venerato pastore di questa santa Chiesa di Trento, signor Sindaco, signor Presidente della Provincia, gentili Autorità, venerati fratelli Vescovi e presbiteri, e voi tutti fratelli e sorelle qui convenuti,
la grazia e la pace di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo sia con tutti voi.

1. All’inizio di questa nostra Eucaristia, vertice delle celebrazioni del XVI centenario del “martyrium” di San Vigilio, evangelizzatore delle vostre terre e vostro Patrono, il nostro pensiero si eleva al Santo Padre, “pellegrino di pace e di fraternità” in Ucraina, per testimoniarvi la sua fede e la sua indomita speranza in Gesù, il Risorto vincitore di ogni male, e per gettare, con umiltà e mitezza, semi di riconciliazione con i fratelli credenti in Cristo e non credenti.
Noi sappiamo quanto questo viaggio del Papa sia difficile e delicato e nello stesso tempo quanto sia carico di speranza per l’unità della Chiesa: per questo noi gli siamo uniti e solidali nell’invocazione dello Spirito Santo

La presenza d’un “inviato speciale” del Papa alle vostre celebrazioni, al di là della mia umile persona, dà ad esse un alto senso ecclesiale. Essa ci apre alla comunione, non solo col Successore di Pietro, ma con la Chiesa universale: quella Chiesa nella cui storia sono scritti a centinaia, a migliaia, nomi di missionarie e missionari trentini, che hanno annunziato il Vangelo pagando il prezzo di grandi sacrifici.
Ai missionari viventi sparsi nel mondo, come a tutti gli uomini e le donne emigrati all’estero negli anni della povertà, eleviamo il nostro affettuoso pensiero.

2. Giunti al vertice delle celebrazioni centenarie del Vescovo San Vigilio, evangelizzatore di queste terre e coraggioso testimone della fede, io non posso sottrarmi all’urgenza di evidenziare il vincolo interiore che lega questa nostra memoria di un evangelizzatore e un martire al mistero pasquale di Cristo.
Celebrando S. Vigilio, noi annunziamo la Pasqua di Cristo, proclamiamo che Egli è morto e risorto e che, essendo l’unico pastore che possa guidarci a salvezza, la sua lieta notizia deve essere portata a tutti gli uomini.

Il Vangelo ha proclamato Gesù “buon Pastore”. L’immagine di Gesù pastore che dà la vita per le pecore, perché tutte siano salve, è tipicamente pasquale e attraversa tutta la storia della salvezza, come documenta il testo del profeta Ezechiele che abbiamo ascoltato.
Noi abbiamo concluso da poco la celebrazione del ciclo pasquale. Continuiamo però a celebrare la Pasqua ogni domenica e ogni giorno con l’Eucaristia, con la proclamazione della Parola e la memoria dei santi: perché la Pasqua di Cristo è la vita della Chiesa.
Gli evangelizzatori e i martiri sono i testimoni della Pasqua; sono però anche germogli spuntati e cresciuti sulla croce gloriosa di Gesù, generatrice di santi, che sta nel cuore della storia. Se la Pasqua non fosse vera, se Cristo non fosse risorto, che senso avrebbe celebrare San Vigilio, 1600 anni dopo la morte?
Ma in Cristo risorto San Vigilio è vivo e pasce ancora la sua Chiesa, la evangelizza da autentico buon pastore. Oggi lo fa nell’impegno con cui noi predichiamo il Vangelo che lui ci ha consegnato nella tradizione apostolica, di cui egli è un anello.

La tradizione apostolica infatti è una scia di luce pasquale, adombrata dallo Spirito Santo che la feconda e la rende viva da Cristo fino a noi. Essa, anzi, si arricchisce della testimonianza dei santi, di ieri e di oggi, e giunge a noi come il “Lumen Christi” che illumina le tenebre della storia, sostenendo il nostro Credo, in comunione con la Sede di Pietro e con tutte la Chiese del mondo.
Gloria a te, Cristo Gesù, oggi e sempre tu regnerai! abbiamo cantato nell’anno giubilare e crediamo ora, perché Cristo è ieri, oggi e sempre, e, in Lui, il ricordo dei nostri santi non è solo memoria, è mistero di presenza: “Credo la comunione dei Santi!”

3. “Io sono il buon pastore, dice Gesù, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me’ Ed ho altre pecore che non sono di questo ovile, anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore”.
Il Papa, all’inizio d’un nuovo millennio, mentre la Chiesa “si trova ad affrontare sfide enormi che mettono alla prova la fiducia e l’entusiasmo degli annunciatori”, ci invita a prendere il largo e a gettare le reti per una “nuova evangelizzazione” del mondo.
Egli è consapevole della crescente deriva secolarista, che giunge a configurarsi come apostasia silenziosa nell’Europa e nell’occidente.
Il Papa guarda anche, con occhio lucido, al generale cambiamento di orizzonte culturale, segnato talora dal delirio di autosufficienza a causa dei successi delle ricerche scientifiche, per sé buone, che inducono taluni a pensare: ma a che serve Dio?
In questa stagione difficile, che potrebbe farci paura, il Papa ci invita a gettare le reti: perché il buon Pastore non si ritrae di fronte alle difficoltà, “non fugge e non abbandona le pecore”.
Così ha fatto S. Vigilio evangelizzando in mezzo a immense difficoltà: “ha creduto, perciò ha predicato” (Cfr 2Cor 4,13) e ha donato la vita per questo.
Per evangelizzare l’Anaunia, chiese aiuto ad Ambrogio.
E il grande Vescovo di Milano gli mandò il Diacono Sisinio, insieme al lettore Martirio e ad Alessandro, originari della lontana Cappadocia (nell’attuale Turchia). Essi operarono con coraggiosa audacia e subirono il martirio. Celebrando così in questa terra, nel loro corpo, la Pasqua stessa di Cristo: “Porto a compimento nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo per il suo corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24).
In tal senso il Trentino, evangelizzato anche ad opera di cristiani venuti da lontano, è stata come segnato dal fuoco del martirio che l’ha reso a sua volta missionario per sempre, in una sorta di “globalizzazione” evangelica operata dallo Spirito.

4. “Ricordatevi”, ammonisce l’apostolo Paolo nella lettera ai cristiani di Efeso, “che un tempo voi, pagani per nascita, eravate senza Cristo’ senza speranza e senza Dio in questo mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete divenuti i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace” ( Ef 2,11-14).
Questo si può dire delle nostre terre ai tempi del Vescovo Vigilio: la sua predicazione – come quella di Martirio, Sisinio e Alessandro – fu “inizio del Vangelo di Gesù Cristo”, in queste terre, un autentico evento pasquale di salvezza: “Lumen Christi!”.
Ma anche noi spesso, pur essendo di antica evangelizzazione, viviamo come se fossimo senza Cristo e senza Dio. E’ urgente una ripresa nuova, originale, coraggiosa dell’annuncio del Vangelo. Da essa esploderà, come sovrabbondanza di grazia, anche un nuovo slancio missionario “ad gentes”.
Questo infatti è il compito della Chiesa: essere ogni giorno, in ogni luogo, “inizio”, evento di salvezza.
Il Risorto, pastore buono, cammina nelle strade della nostra storia, dagli inizi fino a quando durerà il tempo: ora, dopo l’Ascensione e la Pentecoste, Egli cammina con i nostri piedi.
Noi siamo una pagina degli Atti degli Apostoli e continuiamo a narrare il mistero di Gesù dopo l’Ascensione, sotto il nome dei nostri Vescovi, dei nostri missionari, di tutti voi, fratelli e sorelle laici, qualunque sia il vostro compito nella Chiesa e nella storia: sempre “inizio” cioè evento del Vangelo di Gesù Cristo che, sotto il nostro volto e con le nostre mani salva il mondo oggi.

5. L’Europa unita che sta nascendo, in questo mondo nuovo che fa da orizzonte, non è detto che cresca con la sua anima cristiana. E’ urgente che noi credenti, specialmente i laici giovani e adulti, discepoli di Cristo, si sentano chiamati a quest’opera di immensa risonanza per il futuro e la pace del mondo, che è un nuovo annunzio del Vangelo all’Europa, perché conservi la sue radici cristiane, il suo umanesimo cristiano, per la umanizzazione del mondo.
Se il mondo di oggi sembra tanto lontano e alieno rispetto al Vangelo, non lo era meno il mondo di San Vigilio.
Non dimentichiamo che dal giorno dell’Incarnazione la storia dell’uomo, anche nelle sue anse più tortuose, è abitata da Dio. Un tempo di crisi nel quale però si celebra l’Eucaristia e si proclama la morte e risurrezione del Signore, è tempo di grazia, sempre tempo di speranza.
Una stagione, la nostra, percorsa da drammatici egoismi e da tragiche violenze, da povertà radicate in macroscopiche ingiustizie; una stagione però nella quale, una Chiesa come la vostra – lasciatemelo dire – esprime nell’aiuto ai missionari, nel soccorso delle grandi calamità, per l’eliminazione del debito estero dei paesi poveri, una generosità esemplare, testimonia che anche questa stagione è abitata da Dio: è tempo di grazia, tempo di speranza.

6. E’ quindi tempo di prendere il largo e gettare con fiducia le reti per una nuova evangelizzazione.
A partire dalla fedeltà, personale e comunitaria al Vangelo di Gesù, da veri discepoli, cioè dalla santità, come proclama il Papa nella Novo Millennio Ineunte. Solo una Chiesa che è fedele al suo Signore, che in qualche modo nella propria vita “visibilizza” la sua, è missionaria e sente di non potere non essere missionaria.
Si è missionari se si è discepoli; e se si è discepoli di Gesù, non si può non voler donare agli altri ciò che si è ricevuto.
Una Chiesa missionaria sa anche condividere, sa essere solidale.
San Vigilio lo comprese: fu uomo di carità e di ospitalità verso i pellegrini che passavano, allora come oggi, dalle terre trentine; fu anche promotore di giustizia sociale.
Noi che conosciamo la povertà di gran parte del mondo e l’imperversare devastante delle malattie in molti popoli, noi che viviamo sulla nostra pelle le loro trasmigrazioni e abbiamo sotto gli occhi nuove forme esecrande di schiavitù della donna e dei bambini, dobbiamo sentire che la condivisione, la carità, è intrinseca al Vangelo.
Noi non siamo “senza Cristo”: a noi Cristo è stato dato, e lui è pace, lui demolisce i muri delle divisioni, in lui noi – bianchi e neri, ricchi o poveri – diventiamo familiari di Dio edificati sopra un fondamento che ha come pietra angolare Cristo Gesù (Cfr Ef 2,11-22).
Santa Chiesa di Trento, facendo memoria di San Vigilio, spalanca il tuo cuore al Risorto che un giorno ti ha piantata, come sua vigna, in questa terra, sposandoti ad essa.
Vivi la tua fedeltà sponsale a lui nei problemi di oggi annunziando e testimoniando il Vangelo: in questa città, in questo paese, in questo mondo. Piegati sull’uomo ferito, come ha fatto Gesù, buon Samaritano, e non rifiutarlo mai.
Ritrova nella fedeltà al Vangelo l’identità più profonda della tua storia e, poi, cammina con fiducia sulle strade di una nuova evangelizzazione, testimoniando, nella carità, la verità del Risorto che proclami.

A gloria di Dio Padre.