VENEZIA: FESTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE 2001
L'omelia del Patriarca
21-11-2001

L’OMELIA DEL PATRIARCA PRONUNCIATA ALLA MESSA DELLE ORE 10.00 NELLA BASILICA DELLA SALUTE

21 novembre 2001

Carissimi,

1. ancora una volta ci ritroviamo per la festa della Madonna della Salute, la più veneziana delle nostre feste, insieme al Redentore. E se quella del Redentore è nel segno della gioia, la festa della Salute è nel segno della tenerezza della Madre che asciuga le lacrime dei figli che piangono.

2. Il Vangelo delle nozze di Cana nella cui luce vogliamo leggere la festa di oggi, è una pagina materna. Dopo l’11 settembre siamo tutti presi da un senso diffuso di insicurezza. Quell’evento ha messo a nudo le contraddizioni e le ambiguità latenti nella nostra compiaciuta autosufficienza. Sono seguiti mesi di violente tensioni e di sofferenze per tanti fratelli e sorelle: migliaia le vittime, innumerevoli le persone costrette ad abbandonare le loro abitazioni; donne, vecchi e bambini esposti al rischio di morire di freddo e di fame.
In questa situazione non c’è più festa di nozze per l’umanità
Ci dice il Vangelo che fra gli invitati a nozze, sconosciuto, c’era anche Gesù. Noi crediamo che Egli, il Crocifisso risorto, il vincitore del male e della morte, sia presente anche in mezzo a noi.
Ma, Gesù, dove sei? Non vedi che rischiamo di perire tutti?
Noi percepiamo la sua parola: ‘Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?’ (Mt 4,40)
In questo momento abbiamo bisogno di fede. ‘Signore, aumenta la nostra fede; aiuta la nostra fatica a credere, la nostra ostinata incredulità’.

Quante volte, dall’11 settembre, mi sono ritornate nel cuore, come uniche parole di salvezza, quelle di Gesù agli apostoli che gli annunciavano un grave fatto di sangue: ‘State attenti: se non cambiate strada, perirete tutti’.
Qual è la strada da prendere?
La strada da prendere è una sola: il ritorno a Dio. Noi ci siamo allontanati da Dio e, spesso, viviamo come se Dio non ci fosse.
‘Ritornate a me, dice il Signore, e io ritornerò a voi’ (Zac 1,3). ‘Facci ritornare, Signore, e noi ritorneremo’ (Cfr. Ger 31,18).

Dobbiamo intendere i segni di Dio. Dio ci parla. Dio è Padre e non vuole la nostra rovina. Dio non vuole nessuno dei mali che ci stanno accadendo. In essi dobbiamo intendere la sua voce che grida: ‘Israele, ritorna’. Per Dio il nostro ritorno è festa e per il suo amore di Padre non c’è distanza, debolezza o peccato che non possa essere ricuperato.
Il Papa si propone di convocare ad Assisi, il 24 gennaio 2002, i rappresentanti delle religioni del mondo ‘per pregare e superare le contrapposizioni per la promozione dell’autentica pace’. Rivolge il suo invito soprattutto ai cristiani e ai musulmani, ‘per proclamare davanti al mondo che la religione non deve mai diventare motivo di conflitto’.
In tal modo il Papa evidenzia con forza che la radice di tanti mali che affliggono il nostro mondo ‘ dalle violenze, alle ingiustizie, alle povertà, alle gravi malattie ‘ è costituito dall’allontanamento dell’uomo da Dio e, conseguentemente, la frantumazione dell’umanità nelle drammatiche inimicizie che stiamo vivendo.

3. Maria, la madre, si fa carico del disagio degli sposi e ne parla a Gesù. Egli le risponde in modo per noi oscuro, certamente però allusivo alla sua croce. E Maria, tutt’altro che scoraggiata, dice ai servi: ‘Fate quello che lui vi dirà’.
Gesù cambia l’acqua in vino e annunzia le nozze fra sé e l’umanità, sancite sulla croce.
In tal modo l’amarezza per la mancanza del vino diventa la festa della salvezza. Dio vuole salvare il nostro mondo, perché lo ama!
Signore cosa ci chiedi perché anche noi esperimentiamo la tua salvezza?
Di fronte alla mancanza di vino alla festa di nozze, Maria prega suo Figlio.
Alla Salute si viene per pregare.
In questo momento così carico di incertezza, io chiedo per me e per voi la grazia della preghiera.
Quando si prega si riconosce che Dio è il Signore e che noi abbiamo un radicale bisogno di lui. Nessuno si salva con le proprie forze. E’ Dio che ci salva: a lui dobbiamo dare l’assenso della nostra libertà, essa stessa sostenuta dalla grazia.
Ma è Lui che ci salva.
Pregare significa consegnarsi a Dio: credere che la sua volontà è il nostro bene, che lui ci ama più di quanto noi amiamo noi stessi; pregare vuol dire credere che nulla è impossibile a Dio.

Anche qui mi piace dare voce alla fede audace del Papa che ha indetto, per il 14 dicembre, ultimo giorno del Ramadan, una giornata di digiuno, ‘durante la quale pregare con fervore Dio perché conceda al mondo una pace stabile, fondata sulla giustizia, e faccia sì che si possano trovare adeguate soluzioni ai molti conflitti che travagliano il mondo’.
Accogliamo anche noi l’invito coraggioso del Papa, che vuole abbattere le barriere e gettare ‘ponti’, e viviamo il 14 dicembre come un giorno di intensa preghiera, unita a uno stile di vita sobrio e austero, nel vitto e nei beni di consumo, devolvendo ai ‘colpiti’ dagli eventi di questi tempi e dalle povertà, quanto abbiamo risparmiato ‘digiunando’. Proprio come volevano gli antichi padri: ‘Fiat refectio pauperum abstinentia ieiunantium’: ‘diventi cibo del povero il risparmio del digiuno’.

Alla Salute si fa anche l’esperienza della fraternità.
Maria alla festa di nozze si accorge che una grave umiliazione sta per rattristare gli sposi: non c’è più vino! Ella si fa loro vicina, da madre, e li aiuta.
Alla Madonna della Salute si viene col cuore aperto all’altro; si viene da figli e, quindi, da fratelli.

Ma ci rendiamo conto quanto poco fratelli noi siamo?
L’11 settembre ci ha fatto anche capire che talune situazioni di ingiustizia, di conflittualità e di povertà, oggi presenti nel mondo, vanno sconfitte, perché sono terreno di cultura dell’odio e dell’irrazionalità.
Ma noi stessi dobbiamo destarci dal sonno e aprire gli occhi su chi soffre ed è nel bisogno. Questo, secondo il Vangelo, sarà anche il criterio con cui saremo giudicati nell’ultimo giorno (Cfr Mt 25,31ss).
Lo sguardo di Dio Padre sul Crocifisso che muore abbraccia ogni uomo che soffre: tale sguardo è salvezza per chi apre il cuore al fratello bisognoso, ma è condanna per chi si chiude nel proprio egoismo.
La Madonna della Salute è la festa della tenerezza di Dio: di un Dio che, in Gesù, ‘piange’ sugli uomini che piangono, che prende la mano di chi gliela tende, che perdona, che guarisce, che salva.
E’ quindi un messaggio di speranza che oggi Venezia offre a tutto il mondo.

Madonna della Salute,
Madre di Gesù e madre nostra,
tu un giorno implorasti da Dio la salvezza
per questa città che ti invocava.
Oggi noi ti chiediamo
di prenderci per mano e di condurci
sulla strada del nostro ritorno a Dio.
Noi ci siamo allontanati da lui:
non lo abbiamo rifiutato,
ma spesso viviamo
come se fosse insignificante per la nostra vita.
Donaci, o Madre, la forza della conversione,
della fiducia nella possibilità del bene, radicato
nell’amore incondizionato del Padre.

E al nostro mondo,
Santa Madre di Gesù,
dona la pace.
Fa di noi degli operatori di pace
nella famiglia e nella società
mediante la capacità di perdono, di condivisione
e di solidarietà.
Amen.