SOLENNITÀ DELL'ASCENSIONE DEL SIGNORE
FESTA DELLA SENSA: SPOSALIZIO DEL MARE
01-06-2003

SOLENNITÀ DELL’ASCENSIONE DEL SIGNORE
At 1,1-11; dal Salmo 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20

FESTA DELLA SENSA: SPOSALIZIO DEL MARE

CHIESA DI S. NICOLÒ DEL LIDO
Venezia, 1 giugno 2003

OMELIA DI S. E. MONS. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA pronunciata a S. Nicolò del Lido, alla Messa solenne delle 11.15 nella festa dell’Ascensione.

1. «Fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo’ essi stavano fissando il cielo, mentre egli se ne andava» (Prima Lettura, At 1,9b-10). Proviamo ad immaginare lo stato d’animo degli apostoli in quel momento. Lui è partito e nel loro cuore resta un vuoto dove irrompe la nostalgìa.
La nostalgia è fame di vicinanza. In questa fame di vicinanza, magari inconsapevole o solo confusamente recepita, ci riconosciamo anche noi. Vi leggiamo tutta l’inquietudine e l’attesa, la smania e la domanda di compimento dell’uomo contemporaneo.
Gesù, che conosce bene il cuore dell’uomo, assicura i suoi e, quindi, anche noi: «Ecco: io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Canto al Vangelo: Mt 28,20). Dice una poesia del Papa: «La redenzione è la continua vicinanza di colui che è partito» . Gesù ascende al cielo non per ritirarsi dalla vita dell’uomo, ma per portare a compimento l’opera di salvezza iniziata con l’incarnazione. «’che significa la parola ‘ascese’, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose» (Seconda Lettura, Ef 4,9). È lo straordinario paradosso della festa di oggi, così riassunto da Sant’Agostino: «Come Egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi siamo lassù con Lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora totalmente avverato ciò che ci è promesso… Cristo infatti, pur trovandosi lassù, resta anche con noi. E noi similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con Lui» .

2. «In Cristo asceso al cielo la nostra umanità è innalzata accanto a Te» ci ha fatto dire, con un’espressione ineguagliabile, l’Orazione di Colletta. Nell’Ascensione di Gesù Cristo l’umanità di ciascuno di noi viene coinvolta nella vita stessa della Trinità. Egli, infatti, non è solo la primizia del nostro compimento umano (‘la vita eterna’), ma ne è anche la caparra, la strada per pre-gustare tale compimento in questa vita. «’questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome parleranno lingue nuove [saremo appassionati tessitori del dialogo e costruttori di unità tra gli uomini], scacceranno i demoni, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno [il male, di cui pure sperimenteremo gli attacchi, non ci terrà più in suo potere] imporranno le mani ai malati e questi guariranno » [fiorisce una energia di condivisione di ogni bisogno] (Vangelo, Mc 16,17-18). Nella vita personale del cristiano, nella famiglia, nella comunità parrocchiale, nel nostro lavoro, nella società civile, la fede in Cristo anticipa il Paradiso: i cristiani documentano che un’umanità riuscita è possibile.

3. Gesù, prima di congedarsi dalla sua vita terrena, affida ai suoi il compito di continuare la sua opera di salvezza, il cui orizzonte è il mondo: «Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (Prima Lettura, At 1,9a). «Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano» (Vangelo, Mc 16,20).
Fin dalle sue origini Venezia porta scritta nella propria storia questa vocazione ad andare fino agli estremi confini del mondo. La coincidenza tra la Festa dell’Ascensione e lo Sposalizio del Mare non è certo casuale.
La Festa della Sensa affonda le sue radici molto lontano, all’inizio del secondo millennio, in due momenti gloriosi della nostra storia veneziana: la vittoria militare del Doge Pietro Orseolo II nella liberazione della Dalmazia minacciata dagli Slavi e la grande vittoria diplomatica per cui, grazie all’azione alla sapiente regìa della Serenissima, a Venezia venne conclusa la pace tra il Papa Alessandro III e l’imperatore Federico Barbarossa ai tempi del Doge Sebastiano Ziani. I nostri padri, memori che Gesù Cristo è Colui che ascese perché prima discese (cfr Seconda Lettura), concepirono questa Festa della Sensa per affidare a Colui che è il centro del cosmo e della storia il rapporto complesso ed unico di Venezia col mare. Per Venezia il mare è sempre stato la vita. Certo anche pericolo, mai conquista, anche se fu la grande via delle Crociate. E le campane di San Nicolò, come ricordano i nostri vecchi, segnavano le partenze e i ritorni. I loro tocchi ricordavano anche chi più non tornava. Ancora oggi il nostro rapporto col mare mette in campo, assieme a molti fattori positivi, anche taluni gravi problemi: dalla difesa dalle acque, al moto ondoso, all’inquinamento. Il mare: per Venezia dono prezioso e nel contempo esigente. Da qui lo sposalizio nel giorno della Sensa: cioè l’invocazione al Padre di Gesù Cristo che col Suo Spirito ci resti vicino, custodendoci con misericordia dall’altezza della Sua divinità maestosa e magnanima.
Tuttavia, affinché questa festa non si svilisca in folklore, consideriamo la responsabilità che ci domanda. Essa ci mostra quale instancabile costruttività civile, economica, artistica si sprigioni da una fede consapevolmente vissuta come principio di organizzazione della vita. Un aspetto di questa passione costruttiva è senza dubbio la tenace e infaticabile opera di tessitura della pace cui Venezia – attraverso l’arte del compromesso nobile – non ha mai cessato di dedicarsi. Oggi più che mai la Chiesa, con l’instancabile passione educativa che caratterizza i suoi figli, ci invita ad approfondire i legami portatori di pace con tutte le terre che furono domini di Venezia. Ma ciò esige che non si concepisca la libertà come indipendente dalla verità e dalla giustizia e perciò indisponibile all’esigente opera dell’amore.
Per questo, mentre imploriamo il Padre celeste che benedica la nostra Città e tutte le sue Autorità legittimamente costituite, chiediamo ad esse che, nel rispetto dei principi della sussidiarietà e della solidarietà, custodiscano il nostro popolo e favoriscano la sua libera capacità di costruzione sociale.
Oggi per noi veneziani risuona straordinariamente pertinente l’invito di Giovanni Paolo II nella Novo millennio ineunte: «Duc in altum!», «Prendi il largo!»: viviamo con generosità il compito di annunciare il Salvatore Gesù là dove l’uomo vive.
La Vergine Nicopeja vegli su di noi e ci benedica. Amen