SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
 CELEBRAZIONE CONCLUSIVA DELLA QUARTA CONSULTAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE SULLA RESPONSABILITÀ PER IL CREATO
26-05-2002

SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Basilica Patriarcale di San Marco
Venezia, 26 maggio 2002
Es 34,4-6.8-9; Dn 3; 2Cor 13,11-13; Gv 3, 16-18

Omelia di S. E. Mons. Angelo Scola, Patriarca di Venezia

CELEBRAZIONE CONCLUSIVA DELLA
QUARTA CONSULTAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI EUROPEE
SULLA RESPONSABILITÀ PER IL CREATO

LAVORO E RESPONSABILITÀ PER IL CREATO

1. «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi» (Es 34, 9). L’invocazione di Mosè, tratta dalla Prima Lettura dell’odierna liturgia, esprime sinteticamente il più profondo desiderio dell’uomo. Quale uomo, infatti, non vuole, magari inconsapevolmente, essere accompagnato nel cammino della vita dal «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà»? (Es 34, 6).
Il Padre, nella sua infinita misericordia, «ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non muoia ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). La vita eterna, cioè il compimento del desiderio! La solennità di oggi testimonia che la preghiera di Mosè è stata esaudita: Gesù Cristo, Figlio di Dio fattosi uomo, ci ha fatto conoscere i tratti del Volto di Dio. Egli è Uno e Trino.
Nella Seconda Lettera ai Corinzi Paolo può così documentare l’intensa compagnia del Deus Trinitas alla comunità cristiana: «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione con lo Spirito Santo sia con tutti voi» (2Cor 13, 13).

2. Eccellenze Reverendissime, cari fratelli nel sacerdozio che avete partecipato alla Quarta Consultazione delle Conferenze Episcopali Europee su ‘Lavoro e responsabilità per il creato’, a chiusura di questi giorni di riflessione la Chiesa che è in Venezia è lieta di poter condividere con Voi questa celebrazione eucaristica nella sfolgorante festa della Santissima Trinità.
L’articolata riflessione da voi svolta ormai in quattro consultazioni ha reso evidente come non si possa parlare di effettiva responsabilità per il creato senza uno sguardo integrale all’uomo. Uno sviluppo sostenibile è compatibile solo con «uno stile di vita che non si lasci dominare da» esasperate logiche economiche e «dalla costrizione al consumo» (cfr Carta Ecumenica di Strasburgo). Uno sviluppo è sostenibile solo se pone decisamente al centro l’uomo.
L’Orazione dopo la Comunione, che fra poco reciteremo, mi sembra illuminare il tema che Vi ha occupato, mostrandone le radici profonde. Essa ci fa invocare dal Signore che «la comunione al sacramento», proprio perché implica «la professione di fede nell’Unico Dio in Tre persone, ci sia pegno di salvezza dell’anima e del corpo». Cioè dell’uomo come totalità unificata. Il nostro corpo, sacramento di tutta la nostra persona, assimilando il corpo di Cristo viene in realtà da Esso assimilato. Così, nel pane e nel vino consacrati, la Trinità si unisce al creato per assumerlo nel dinamismo della Propria Vita.
L’incorporazione sacramentale ci fa allora comprendere quale responsabilità derivi all’uomo nei confronti del creato per il fatto di essere l’anello di congiunzione tra la Trinità ed il cosmo.

3. L’incorporazione sacramentale a Cristo spiega perché l’uomo, essendo «uno di anima e di corpo» (GS 14), eserciti tale responsabilità mediante il lavoro. Del resto Gesù stesso dice del Padre e di sé: «il Padre mio lavora sempre e anch’io lavoro» (Gv 5, 17). La grazia della partecipazione alla Vita trinitaria – l’adozione filiale – esalta nel lavoro umano la capacità di valorizzare le vestigia della Trinità divina presenti in tutto il creato. Quella che ne nasce è un’operosità mai distruttiva, ma rispettosa delle leggi del Creatore e consapevole dei doveri oggettivi di salvaguardia del dono di tutto il creato. Il lavoro umano, immagine dell’inesauribile ‘lavoro’ trinitario, deve esserne anche la eco. Ed il lavoro trinitario porta l’impronta dell’Amore, cioè dell’edificazione feconda ed appagante.
Per questo Giovanni Paolo II, nell’enciclica Laborem exercens, ci ha ricordato che «Dio stesso ha voluto presentare la propria opera creatrice sotto la forma del lavoro e del riposo» (LE 25). Il lavoro umano pertanto «non può consistere nel solo esercizio delle forze umane nell’azione esteriore; esso deve lasciare uno spazio interiore, nel quale l’uomo, diventando sempre di più ciò che per volontà di Dio deve essere, si prepara a quel ‘riposo’ che il Signore riserva ai suoi servi e amici» (ibid.). Ecco perché, nel disegno del Creatore, lavoro e riposo non sono in opposizione.
Possano le nostre comunità godere sempre di più di questo riposo riscoprendo il gusto della Domenica come coronamento della fatica redentiva del lavoro infrasettimanale!

4. Acuta documentazione di questa concezione del lavoro correlato ad uno sviluppo sostenibile è la storia di questa città di Venezia che oggi Vi ospita. Qui la bellezza del creato, sposandosi con la creatività umana, ha dato origine ad un frutto incomparabile, unico al mondo. I nostri padri, infatti, attraverso il loro paziente lavoro, hanno saputo perfezionare in modo mirabile l’opera della creazione in queste terre lagunari. Ben consapevoli che oggi «il ‘caso Venezia’ – come sostengono alcuni studiosi – si presenta come esempio emblematico della complessità dell’interazione tra economia, società e ambiente»* la responsabilità di continuare l’opera dei nostri padri e di custodirne l’inestimabile eredità per le generazioni future tocca anzitutto a noi veneziani. Poi, però, si allarga, a cerchi concentrici, fino a coinvolgere tutti i popoli le cui genti Venezia attira a sé, in qualità di viaggiatori più o meno appassionati. Si tratta di favorire uno sviluppo che non sia pura conservazione. Tale prospettiva si scontra oggi con i drammatici problemi ambientali con cui Venezia deve fare i conti. Ma, come insegna il suo glorioso passato, è solo un soggetto vivo ‘ un popolo ‘ che può farsi carico di un simile arditissimo impegno. Per questo dobbiamo ribadire che a Venezia più che mai lo sviluppo compatibile deve porre al centro la questione antropologica!

5. «Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo, come era in principio, ora e sempre nei secoli dei secoli». Nel dipanarsi delle nostre giornate recitiamo spesso questa semplice e profonda preghiera, ma nell’odierna Solennità essa ci sorprende in tutta la sua affascinante concretezza. Ci invita ad offrire le nostre stesse persone, nell’umile quotidiano alternarsi di lavoro e riposo, affinché, per la potenza dello Spirito di Gesù Cristo, si compia l’opera del Padre su tutta la comunità umana e su tutto il creato. Amen.