SANTA MESSA NELLA NOTTE DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE
25-12-2003

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
SANTA MESSA NELLA NOTTE DELLA NATIVITÀ DEL SIGNORE
Is 9, 2-4. 6-7; dal Salmo 95; Tt 2,11-14; Lc 2, 1-14

OMELIA DEL PATRIARCA S. E. ANGELO CARD. SCOLA
VENEZIA, 25 DICEMBRE 2003

1. Attraversando la notte siamo arrivati fin qui. Attraversando la notte come quei pastori duemila anni fa. Il nostro gesto ha, in un certo senso, riproposto l’azione narrata dal profeta Isaia nella Prima Lettura: «il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9, 1). Sarebbe troppo facile, in questa notte veneziana, indulgere sulle tenebre certo non dissolte da tanta illuminazione artificiale, per mettere in risalto l’incomparabile ‘grotta’ di questa splendida basilica che ci ha investiti e letteralmente ci avvolge nel fulgore della sua luce.
Invece alla luce di questa Notte santa ognuno di noi può guardare le tenebre della sua vita e della società senza sgomento. Realisti, ma pieni di speranza. Così ci rende il Natale. La percezione della fragilità e del peccato che intacca la nostra voglia di vivere e che contagia le nostre famiglie, i nostri sestieri, i nostri ambiti di lavoro, la società, non ha più l’ultima parola su di noi. Possiamo guardare alla civiltà occidentale, che a Venezia ha toccato un vertice in un certo senso paradigmatico, con sguardo disincantato, ma costruttivo. È vero: la nostra civiltà sembra oggi aver imboccato la strada del Vespro, del declino. Ne vediamo troppi segnali: l’uomo che vuol prodursi da sé, la violenza che prende il sopravvento sul diritto, l’opinione che rifiuta di obbedire alla verità’ «confusione e vergogna» dice il salmista. Ma «il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce» (Is 9,1). Allora bando ai lamenti. E «al lavoro», come raccomanda il poeta Eliot nei Cori da: La Rocca: «Senza indugio, senza fretta/ Costruiremo il principio e la fine della strada./Ne costruiamo il senso:/Una Chiesa per tutti/E un mestiere per ciascuno/Ognuno al suo lavoro».

2. «Un bambino è nato per noi» (Is 9, 5). Oggi siamo chiamati solo a questo: a fare spazio in noi alla dolce presenza di questo Bimbo; ad accoglierlo con lo stupore, la gratitudine, la commozione con cui ogni mamma prende per la prima volta tra le braccia il suo neonato. Stupore, gratitudine, commozione dinanzi alla Sua presenza: perché «è nato per noi. È il nostro «Salvatore» (cfr. Lc 2, 11).
Al tramonto dell’Occidente fa da contrappunto questo Bambino che viene al nostro incontro come l’Oriente luminoso di vittoria: «Veni, veni O Oriens, solare nos adveniens» (Antifona dei Vesperi della Novena di Natale). Egli viene con la baldanza di uno «sposo che esce dal talamo» (Inno dei Vespri di Avvento). Come Colui che è capace di generare vita nuova. Colui che può compiere il desiderio di fecondità che abita il nostro animo. Ora è qui tra noi per «riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga» (Tt 2, 14).

3. Ma qual è la prova, dove sono i segni che la Sua grande luce vince le tenebre, che questo Bambino è veramente «Consigliere ammirabile, Padre per sempre, Principe della pace’ [che] viene a consolidare e rafforzare il diritto e la giustizia» (Is 9, 6-7)? San Bernardo li sintetizza con una affermazione che abbiamo scelto per esprimere il nostro augurio di Natale: «Mysterium incarnationis (…) inveteratum innovavit, temporale perpetuavit», il mistero dell’Incarnazione ha reso nuovo ciò che era vecchio ed eterno il temporale (Sermo CXIX).
La nostra umanità, assunta dal Figlio di Dio, trasforma l’antico in nuovo e pregusta il sapore dell’eterno. Con il Natale è stata introdotta nella storia ed offerta ad ogni uomo una capacità di amare, di possedere e di trattare la realtà, le persone e le cose che supera le sole forze umane e, nello stesso tempo, realizza il desiderio più vero dell’uomo.
Fatica, fragilità e peccato non hanno più la meglio sui nostri affetti e sul nostro lavoro, ma costituiscono le inevitabili tenebre da attraversare, avvolti dalla grande luce della misericordia incarnata: Gesù Bambino.
Come nella Sacra Famiglia di Nazareth, un albore di vita nuova brilla nelle famiglie cristiane: vi fiorisce l’amore casto e fecondo, unito al lavoro come offerta quotidiana della propria vita per il bene di tutti, a cominciare dai propri cari.

4. Ma i segni di vittoria del Santo Natale del Figlio di Dio sono visibili anche nella ‘città degli uomini’. Molti uomini di buona volontà operano ogni giorno perché la società civile diventi sempre più una dimora degna per i nostri figli e per tutti gli uomini, nella pazienza della condivisione, senza pretese violente ed utopiche: «zelanti nelle opere buone» (Tt 2, 14b) come ci ha ricordato la Seconda Lettura.
Realisti e pieni di speranza sostiamo stupiti davanti al Bambin Gesù. «Ecco la pace non promessa, ma inviata; non differita, ma donata; non profetata, ma presente» (San Bernardo). E da questo riconoscimento partiamo con inesauribile fiducia ed incrollabile realismo per costruire, come ci ha insegnato il Beato Giovanni XXIII a noi veneziani tanto caro, l’edificio della pace sui robusti pilastri della verità, della libertà, della giustizia e dell’amore.

5. Dalla gratitudine per il dono del Santo Bambino, luce che vince le nostre tenebre, sgorga in noi la baldanza semplice di comunicare a tutti la Buona Novella: «Vi è nato un salvatore» (Lc 2,11).
E «la gloria del Signore» che, in quella notte straordinaria, «avvolse di luce» (Lc 2, 9) i pastori, incomincia a rendersi visibile anche a noi. Come avvenne per Maria e Giuseppe. Per i pastori ed i Magi. E, via via, per tanti, ormai da millenni. Persone di ogni etnia, cultura e religione che da secoli facciamo rivivere con tenerezza in poetiche fattezze nei nostri presepi. Il presepe è il simbolo del gran teatro del mondo: ognuno vi svolge la sua parte, ma uno solo è il protagonista: il Santo Bambino. Come afferma l’apostolo: con Lui è apparsa l’humanitas del nostro Salvatore (cfr Lettera a Tito, 2,11).
Con la Sua nascita Gesù, vero Dio e vero uomo, ti interpella in prima persona e ti dice: ‘O uomo, l’enigma del tuo essere è sciolto: che vuoi fare ora della tua libertà?’.