Saluto in videoconferenza del Patriarca alla Cena di Natale on line per gli associati a Confindustria Venezia (Venezia, 10 dicembre 2020)
10-12-2020

Cena di Natale on line per gli associati a Confindustria Venezia

(Venezia, 10 dicembre 2020)

Saluto in videoconferenza del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Saluto tutti, anche se a distanza, e con questa modalità inedita vi ringrazio per l’invito a questa cena on line.

Colgo l’occasione per rivolgere a Voi, alle vostre famiglie e alle persone a voi care l’augurio di un Buon Natale. La situazione particolarissima che stiamo vivendo ci condiziona non poco, ma non deve impedirci di vivere il Natale cogliendone il senso più vero e profondo. A Natale il Dio onnipotente nasce come bambino a Betlemme; si “abbassa” per incontrare la sua creatura nella piccolezza e nella fragilità.

Certo, viviamo giorni complicati. Qui a Venezia lo abbiamo sperimentato in modo particolarissimo. La città, in questo periodo, appare deserta ma, nonostante tutto, esprime il suo fascino irresistibile.

L’essere sospesi e l’essere in attesa sono gli atteggiamenti che “dicono” lo stato d’animo generale. Non dobbiamo cedere allo stato d’animo della precarietà, anche se ne avremmo molti motivi. Lo dico a tutti, ma soprattutto a chi fa impresa e crea reddito per il Paese.

Tutto ciò vale per Venezia, per la città metropolitana, per l’intero Nordest, per tutte le persone e in primis per le “categorie” sociali ed economiche provate prima dall’acqua “granda”, poi dalla pandemia e, infine, dall’acqua alta degli ultimi giorni. Il Mose –  speriamo finalmente e veramente – trovi forme adeguate di funzionamento e si manifesti affidabile per la vita della città.

La difficile situazione ci pone dinanzi a un’alternativa: o lasciarsi trascinare dagli eventi (verso esiti sconosciuti) o cercare di cambiare in meglio, quindi, cogliere l’opportunità di ripensare un modello di città e d’impresa.

Ora, chi ha compiti di responsabilità deve saper guidare la difficile transizione che – non sarà breve – e come ogni cambiamento è fondamentale per le premesse che getta per il presente e le generazioni future.

Noi non vediamo ancora le cose ancora in modo chiaro… tutt’altro! Ed è proprio qui che si vede la vera abilità di chi sta al timone.

La fiducia, il coraggio, la tenacia, non sono oggi frutto di ciò che si sa, che si conosce o che è esperienza meritoria dell’azienda che si guida ma, piuttosto, della capacità di avere una “visione”; è la saggezza nel rischio. Queste tre “virtù” – avere visione, avere saggezza, avere capacità del giusto rischio – vanno insieme. Una senza le altre non basta.

Tutti auspichiamo una ripresa economica e sociale, ma tutti sappiamo che la crisi morderà a lungo e non se ne uscirà fuori senza capacità progettuale e di fare rete.

La “ripresa” ha bisogno – per dirla con Papa Francesco – di una visione “antropologica”. È necessario ripensare le priorità che sostengono una buona finanza, una buona economia, una buona formazione, la ricerca e l’innovazione, una vera e non ideologica sostenibilità ambientale, una convivenza sociale a misura d’uomo, con nuovi coefficienti indicatori della qualità della vita.

Fondamentale è la questione del bene comune, inteso come bene “integrale” di tutta la persona e di tutte le persone. Questo vale per ogni contesto in cui si vive: l’azienda, l’associazione di categoria, la scuola e l’università, che sono tra le strutture portanti della società e del Paese.

Però tutto dipende dalla persona e con la persona, dalla famiglia, primo ambito antropologico legato alla stessa struttura della vita.

Carissimi, a tutti oggi è richiesto di tenere accesa la lampada della speranza; non basta l’ottimismo e, neppure, il pensare positivo. Ci vuole la speranza che unisce, all’ottimismo e al pensare positivo, il senso e il gusto di Dio.

L’impresa è qualcosa d’essenziale per la ripresa del Paese perché genera reddito sul territorio per sé e per gli altri. Facciamo in modo che, nel “profilo” dell’imprenditore ,vi sia questa speranza che amplia all’infinito lo sguardo e il modo di abitare nella società.

A Voi e alle vostre famiglie auguro un Natale di speranza con la “S” maiuscola, quella che solo Gesù può donare. La culla di Betlemme – non dimentichiamolo – è la risposta anche alle domande degli uomini che si ritengono più adulti!