Solenne concelebrazione eucaristica per l’ingresso in Diocesi del nuovo Vescovo di Verona mons. Domenico Pompili
(Verona, 1 ottobre 2022)
Saluto del Patriarca di Venezia e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneto Francesco Moraglia
Eccellenza, carissimo don Domenico,
nella mia veste di presidente della Conferenza Episcopale del Triveneto e di metropolita di Venezia, anche a nome dei Confratelli Vescovi, ti porgo il benvenuto fra noi. Ci unisce una conoscenza di lunga data, da quando insieme lavoravamo alla Fondazione Comunicazione e Cultura della Conferenza Episcopale Italiana; erano gli anni 2010-13.
Un saluto fraterno desidero rivolgere al Vescovo Giuseppe di cui ricordo la fede profonda, l’animo trasparente, la passione per il Vangelo.
La successione della cattedra di san Zeno ci mette oggi di fronte al fatto che la Chiesa va oltre gli uomini, anche se è fatta di uomini.
Esattamente cento anni fa, era il 1922, Romano Guardini (nato a Verona, il 17 febbraio del 1885) pubblicava il saggio: “Il senso della Chiesa”.
Ne riprendo un pensiero che, oggi, nel contesto del Cammino sinodale delle chiese che sono in Italia, è attualissimo: «..se questo processo del “movimento ecclesiale” si affermerà, dovrà necessariamente portare ad un rinnovamento della coscienza di comunità. Questa è la maniera obiettiva per sentire e vivere la Chiesa. Che il singolo viva con lei, si senta in lei corresponsabile, lavori per lei: ecco la misura della sua vera e non retorica ecclesialità» (Romano Guardini, La realtà della Chiesa, Morcelliana 1979, pag. 35).
Ogni Vescovo, con carità, verità e autorevolezza, è chiamato a suscitare corresponsabilità, ad ascoltare, a discernere, a decidere.
L’autorità del servizio, o ministero del Vescovo, è dono che Cristo fa alla sua Chiesa ed è proprio questo il modo in cui il Vescovo risponde alla sua specifica vocazione contribuendo, così, ad edificare la Chiesa.
I pastori non agiscono in forza di una delega ricevuta e sono chiamati ad ascoltare in profondità lo Spirito che parla in mille modi; in tal modo operano per il bene della Chiesa (cfr. Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, nn. 67, 68, 69).
Caro vescovo Domenico, ti auguriamo di saper suscitare attorno a te quel fascino che Ambrogio – il grande vescovo di Milano – seppe esercitare nei confronti del giovane Agostino, non ancora convertito e che si recava ad ascoltarlo per la sua fama di oratore, per la sua eloquenza, e quindi solo per motivi “estetici”.
Sì, Agostino andava da Ambrogio non per ascoltare le verità della fede, ma – diremmo oggi – perché Ambrogio era un grande comunicatore e faceva audience.
Ad un certo punto, però, leggiamo nelle Confessioni: “… mentre aprivo il cuore ad accogliere la sua predicazione feconda, vi entrava insieme la verità che predicava” (Agostino d’Ippona, Le confessioni, 5,14, 24, in Agostino Trapé (ed.) Opere di sant’Agostino, 141).
Caro Vescovo Domenico, chiediamo per te al Signore che le ferite degli uomini, delle donne e delle comunità che oggi ti sono affidate, le loro gioie, attese e speranze, diventino le tue ferite, le tue sofferenze, le tue gioie, le tue attese, le tue speranze.
Come sacerdoti – ce l’ha ricordato Papa Francesco in una messa crismale – siamo stati “unti per ungere”, immersi profondamente nella fede e nella speranza, toccando le ferite e le angosce, la santità ed anche i peccati del popolo che ci è stato affidato (cfr. Papa Francesco, Messa del Crisma 18 aprile 2019).
Caro don Domenico, la Madonna del Popolo ti sia sempre madre e lo sia anche per la Chiesa che oggi è affidata alla tua tenerezza e forza di pastore, ossia di padre di tutti.