Conferenza stampa “Prima dei mosaici. Dai restauri nella basilica di Torcello emergono frammenti di affreschi del IX secolo, i più antichi in area veneziana”
(Venezia / Sala Sant’Apollonia, 24 luglio 2020)
Saluto del Patriarca Francesco Moraglia
Ringrazio i presenti e rivolgo un saluto riconoscente a quanti, a vario titolo, lavorano sulla basilica di Torcello portando avanti un’opera di restauro di straordinario valore per il luogo, unico e stupendo, per la nostra città e per il mondo intero che guarda sempre, con stupore e ammirazione, a questi capolavori dell’arte.
L’ “impresa” che si sta portando avanti – come sentiremo tra poco – fa emergere sviluppi ed esiti inattesi e, comunque, sorprendentemente rilevanti, sia sul piano storico che su quello artistico; pensiamo, appunto, agli affreschi del IX secolo che sono stati riportati alla luce e che precedevano le splendide e successive decorazioni a mosaico.
Esprimo oggi, in modo particolare, la gratitudine della Chiesa veneziana per quanto “Save Venice” sta svolgendo e ha svolto da 50 anni: progettualità, attenzione, cura e realizzazioni a favore del prestigioso patrimonio storico, artistico, archittetonico e culturale di Venezia.
Grazie a quest’istituzione, qui rappresentata dal direttore Melissa Conn, e grazie ai donatori internazionali che via via hanno saputo coinvolgere e sostenere – con competenza e concretezza – tante iniziative di consolidamento, conservazione, restauro e ripristino di moltissimi beni che appartengono sì alla città ma che sono, idealmente e realmente, patrimonio dell’umanità intera.
Il grazie si estende alla Soprintendenza di Venezia, nella persona della Soprintendente arch. Emanuela Carpani, e all’Università Ca’ Foscari –qui rappresentate dal dott. Massimo Dadà e dal dott. Diego Calaon – che, secondo i rispettivi compiti istituzionali e le competenze specifiche, accompagnano tale “progetto”.
Non spetta a me entrare nei particolari dell’opera di restauro e delle scoperte che stanno venendo alla luce nel singolare “cantiere” della basilica di Torcello che è intitolata – lo ricordo – all’Assunta e da cui sta emergendo un antichissimo pannello pittorico che rappresenta le storie della Vergine Maria.
Desidero, in proposito, ricordare che l’archeologia sacra costituisce vero luogo teologico – non fondamentale, ossia costitutivo, ma dichiarativo del tipo probabile o, se preferiamo, normato – in quanto attesta la fede a cui noi oggi, a distanza di secoli, perveniamo attraverso gli stessi reperti e strutture che, man mano, vengono alla luce.
Al di là di tale particolare che chiama in causa il sapere teologico e che, d’altra parte, è ben noto a quanti operano nel settore dell’arte cristiana, mi sembra significativo – e da interpretare come segno di speranza e di “ripartenza” – il nostro ritrovarsi oggi qui a presentare la realtà particolarissima di Torcello alla luce di questi interventi di restauro.
Non solo l’isola ha un suo ruolo peculiare nella storia e nelle origini di Venezia ma essa – in particolare la basilica di S. Maria Assunta e tutta l’area circostante – può essere considerata il drammatico emblema della calamità che ci ha colpito nel novembre scorso con l’acqua granda e che ha ripetutamente sconvolto l’intera città: case, esercizi commerciali, tantissime nostre chiese e, ovviamente e purtroppo, anche la piccola ma straordinaria realtà di Torcello.
Quest’isola – come, del resto, l’intero centro storico di Venezia – evoca immediatamente quel senso di solitudine e quel distanziamento, non solo dalle folle ma anche dai normali contatti umani, a cui il lockdown, prima, e la faticosissima ripresa, poi, ci stanno tristemente abituando.
Gli ingenti lavori che si stanno realizzando a Torcello, la fattiva compartecipazione di tanti soggetti e realtà che hanno a cuore Venezia e i suoi tesori, le importanti scoperte che stanno venendo alla luce siano così l’attestazione di una città che è consapevole della sua unicità, delle sue bellezze e ricchezze, come anche delle sue “naturali” e innate fragilità.
E, proprio per questo, non si ferma e non si lascia abbattere neanche davanti alle difficili prove dei nostri tempi, ma guarda al futuro con volontà di ripartire, ognuno facendo al meglio la propria parte e fornendo il contributo specifico e migliore che può offrire, all’insegna di un impegno condiviso per il bene comune che qui, a Venezia, ogni giorno si concretizza davanti ai nostri occhi e possiamo quasi toccare con mano.
Nella riflessione che ho rivolto alla Chiesa e alla città di Venezia pochi giorni fa, in occasione della festa del Redentore, richiamavo un passaggio dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco e che vi ripropongo in quanto chiama in causa, in modo esplicito, la nostra realtà e dice qualcosa d’importante sia sul lavoro che si sta svolgendo a Torcello sia, più in generale, sulla vocazione che Venezia ha da sempre e che ora deve maggiormente sviluppare e riscoprire.
“Insieme al patrimonio naturale – scrive Papa Francesco –, vi è un patrimonio storico, artistico e culturale, ugualmente minacciato. È parte dell’identità comune di un luogo e base per costruire una città abitabile. Non si tratta di distruggere e di creare nuove città ipoteticamente più ecologiche, dove non sempre risulta desiderabile vivere. Bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale. Perciò l’ecologia richiede anche la cura delle ricchezze culturali dell’umanità nel loro significato più ampio… È la cultura non solo intesa come i monumenti del passato, ma specialmente nel suo senso vivo, dinamico e partecipativo…” (Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, n. 143).
Grazie a tutti Voi e, in modo particolare, a coloro che si spendono con generosità per la città di Venezia e manifestano particolare attenzione per il patrimonio artistico, espressione della sua fede cristiana.