Saluto del Patriarca al secondo incontro del percorso “CULTURAE. Piccoli laboratori di democrazia”, progetto per le Consulte studentesche del Veneto organizzato dalla Fondazione Marcianum (Mestre / Auditorium M9, 30 maggio 2024)
30-05-2024

Secondo incontro del percorso “CULTURAE. Piccoli laboratori di democrazia”, progetto per le Consulte studentesche del Veneto organizzato dalla Fondazione Marcianum

(Mestre / Auditorium M9, 30 maggio 2024)

 Saluto introduttivo del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

 

L’epoca della tecnoscienza, con le ancora non esplorate possibilità dell’Intelligenza Artificiale ci pone in modo ancora più radicale dinanzi alle domande: ma chi è l’uomo? Quale la sua posizione nel mondo? Come fare perché l’uomo rimanga fine e non decada a puro mezzo.

Con un certo schematismo possiamo dire che tre sono le grandi epoche che si sono susseguite a proposito della questione della libertà e verità: (1) l’epoca classica o della verità; (2) l’epoca moderna o della libertà; (3) l’epoca contemporanea che – con Nietzsche – possiamo caratterizzare come epoca dello spirito dionisiaco che vuole contrastare ogni teodicea e, quindi, l’epoca del superuomo.

In linea di massima (1) in quella classica ha prevalso una concezione naturalistica – l’uomo come essenza, natura sostanzialmente sempre identica a sé -; (2) in quella moderna ha prevalso la concezione storica/storicistica dell’uomo, considerato come un “esistente” che si realizza esclusivamente e solo nella storia; (3) in quella contemporanea, superate tali visioni, l’uomo viene considerato come un essere solo culturale, ossia plasmato totalmente dalla storia e nella storia; è risultato del divenuto, un super uomo, in totale autonomia, norma a sé.

L’uomo, dotato di facoltà “uniche” rispetto agli altri animali (volontà ed intelletto), è “padrone” di sé e del mondo che lo circonda, è un essere morale. E allora la domanda che si pone è: in che senso è essere morale? Natura, cultura, morale, libertà, verità, limiti, bene comune, solidarietà, sussidiarietà… A seconda delle risponde che si danno, abbiamo ricadute strutturali ben diverse sul piano personale e sociale.

Nell’attuale contesto è decisivo ritrovare e ridarsi un’“anima”, ossia avere una “visione” a partire da un’etica che sia fondata e condivisa. Qui filosofia e ragione (quale ragione?) sono determinanti.

Qui le religioni, in dialogo fra loro e con le culture – in un contesto di vera laicità (non laicismo!) –, hanno un ruolo essenziale e possono dare un reale contributo. Esse aiutano la ragione a rimanere fedele a sé, ovvero essere una facoltà consapevole dei propri limiti e però anche delle proprie risorse. Come anche la ragione aiuta la religione a con cadere nel confessionalismo.

Ritrovare e darsi un’anima, avere una visione, significa riempire un vuoto spirituale e culturale (c’è un rapporto intrinseco tra spiritualità e cultura) che, se rimarrà tale, verrà riempito da altri: macchine, tecnoscienza, intelligenza artificiale.

Il filosofo francese, ateo, Francois Jullien si chiede in una sua pubblicazione quali risorse del cristianesimo siano ancora utili alla nostra epoca. La sua risposta (in coerenza alla sua professione di ateismo) è che il cristianesimo – ovviamente al di fuori della fede – si presenta come risorsa ricca di potenzialità perché in grado di non considerare la vita in modalità paralizzanti e chiuse. Al di là del pensiero filosofico che sorregge l’autore – Jullien, infatti, legge l’evento cristiano a partire da un impianto immanentista e storicista, che personalmente non ritengo condivisibile – indubbiamente però ci troviamo dinanzi ad un tentativo di ridare un’anima alla cultura del nostro Occidente in profonda crisi ritornando a pensare allargando lo sguardo.

In una prospettiva filosofica diversa da quella di Jullien si tratta di riconoscere e porre principi e valori interloquendo, di nuovo, in termini veritativi andando oltre la parola “risorse” e, quindi, dialogare col mondo e la cultura della tecnoscienza, dell’intelligenza artificiale ma, anche, della cancel culture, della cultura woke, del politicamente corretto.

L’Europa e la nostra cultura hanno un’anima da ritrovare volendo recuperare ciò per cui vale realmente vivere, ovvero impegnarsi ed interloquire con differenti visioni e culture, lanciarsi in nuove avventure e tornare a generare in senso spirituale e fisico. Pensiamo al terribile “inverno” demografico che ci sta distruggendo; esso è figlio di un altro inverno culturale: quello spirituale, culturale e, perché no?, della fede.

Per il cristiano dare un’anima al nostro tempo vuol dire – nel rispetto della laicità – esprimere una fede amica della ragione che sa testimoniare e vivere principi e valori che vanno oltre la politica e la fondano, ricordando allo Stato e ad ogni potere (economico, finanziario, tecno-scientifico, mediatico e non solo questi) che non sono la sorgente dei principi e dei valori. Sì, la Chiesa può suscitare e stimolare fruttuosamente tale dialogo.