Saluto del Patriarca al Convegno di studio “Dalla periferia al centro: un dono per la Chiesa e la città. La presenza del Seminario Patriarcale alla Salute 1818-2018” (Venezia - Auditorium del Seminario, 8 marzo 2018)
08-03-2018

Convegno di studio “Dalla periferia al centro: un dono per la Chiesa e la città.

La presenza del Seminario Patriarcale alla Salute 1818-2018”

 (Venezia / Auditorium del Seminario, 8 marzo 2018)

Saluto del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia

 

 

Rivolgo ai presenti un cordiale saluto e – permettetemi – in particolare al Rettore del Seminario don Fabrizio Favaro e al Direttore dell’Archivio Patriarcale e della Biblioteca diocesana don Diego Sartorelli che hanno seguito e coordinato questo evento di festa – che celebra i 200 anni del trasferimento, qui alla Salute, del nostro Seminario patriarcale – attraverso il doveroso riconoscimento della memoria e la forza della gratitudine, espressione dell’amore.

Con loro desidero anche ringraziare quanti hanno collaborato a quest’iniziativa, il Comitato Scientifico organizzatore e i relatori che aiuteranno a comprendere come questa singolare presenza ecclesiale si è via via inserita in un contesto urbano, culturale, sociale e storico ben definito, anzi particolarissimo, segnato e attraversato da eventi importanti e tumultuosi (per Venezia e per l’Europa tutta) oltreché da rilevanti personalità.

Sono certo che gli interventi di questi giorni sapranno mettere in evidenza come il Seminario – nella sua originalissima ricchezza e peculiarità – sia un “dono” e non solo, com’è ovvio, per una Chiesa ma per un’intera comunità e città.

Vorrei pure ricordare, con gratitudine, coloro che – vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, persone consacrate e fedeli laici – in questi 200 anni si sono spesi e hanno reso il loro servizio e prestato la loro opera  – in vario modo, dai compiti più significativi, per responsabilità, a quelli più umili e nascosti – per il bene del Seminario e per la crescita umana e cristiana delle molteplici generazioni di ragazzi, giovani e adulti – molti poi divenuti sacerdoti – che lo hanno frequentato in questi due secoli.

Nello scorrere delle vicende umane, spesso anche drammatiche, che hanno toccato la nostra città e in questo luogo che, pur “separato” e custodito, risulta inserito nel cuore del peculiarissimo tessuto urbano di Venezia – ben più di quanto fosse con la sede precedente a San Cipriano di Murano – si comprende come il servizio sacerdotale (e, in senso lato, anche ecclesiale) comporta e richiede sempre l’essere – insieme – uniti a Dio e al mondo.

Se si perde il contatto con Dio, come cristiani non abbiamo più nulla di evangelicamente significativo da dire agli uomini ma, nello stesso tempo, se non sappiamo restare uniti e collegati al nostro mondo (all’uomo del nostro tempo e al nostro contesto sociale, culturale, ambientale ecc.) smarriamo la logica dell’incarnazione – tratto distintivo e imprescindibile della fede cristiana – e, con essa, il nostro essere Chiesa e, per chi di noi ha ricevuto il ministero ordinato, il nostro essere sacerdoti.

Non possiamo perciò sottacere il fatto – di per sé singolare – che in questo luogo si accompagnano e si cercano, quindi, di educare e formare coloro che hanno intuito come loro chiamata e poi hanno intrapreso la strada che conduce al sacerdozio ordinato, dono totale di sé a Gesù e ai fratelli. Sì, si tratta di un dono “totale” che avviene attraverso un cammino di studio, discernimento, preghiera e progressiva crescita nella libertà, fino al punto in cui il sì di Dio e il sì dell’uomo arrivano ad incrociarsi e, mirabilmente, a fondersi.

L’ambito e il tempo del Seminario è, per questo, preziosissimo, anzi decisivo; il periodo del Seminario raccoglie gli anni di vita in cui – sotto l’azione della divina grazia – viene plasmato l’uomo, il prete e il presbiterio del futuro.

È il luogo e il contesto in cui – per usare alcune parole del Papa emerito Benedetto XVI che è stato in questi luoghi – “trasformare noi stessi, lasciarsi trasformare dal Signore nella forma dell’immagine di Dio, trasformarci ogni giorno di nuovo, attraverso la sua realtà, nella verità del nostro essere… non ci sottoponiamo alle opinioni, alle apparenze, ma alla Grazia di Dio, alla sua rivelazione. Lasciamoci formare, plasmare perché appaia realmente nell’uomo l’immagine di Dio” (Benedetto XVI, Lectio divina al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 15 febbraio 2012).

Ed ogni progresso nelle scienze umane, nel sapere teologico, nella vita fraterna e nella santità di vita non rimane più solamente un arricchimento personale ma, proprio in vista dell’esercizio del ministero sacerdotale, anche di tutte le persone e comunità a cui il presbitero viene mandato dal Vescovo.

Così il dono di grazia si allarga e si condivide. Non è più – anzi, non è mai – solo dono riservato ad una persona (colui che viene o è stato ordinato) né a una piccola e ristretta comunità ma è destinato a tutti, per il bene comune.

Sì, come ci ha ricordato anche recentemente Papa Francesco, “il Seminario, prima e più ancora che un’istituzione funzionale all’acquisizione di competenze teologiche e pastorali e luogo di vita comune e di studio, è una vera e propria esperienza ecclesiale, una singolare comunità di discepoli missionari, chiamati a seguire da vicino il Signore Gesù, a stare con Lui giorno e notte, a condividere il mistero della sua Croce e Risurrezione, ad esporsi alla Parola e allo Spirito, per verificare e far maturare i tratti specifici della sequela apostolica… ed assumere una scelta libera e irrevocabile di fedeltà totale a Cristo, alla sua Chiesa e alla vostra vocazione e missione” (Papa Francesco, Discorso del Santo Padre al Pontificio Seminario Regionale Sardo, 17 febbraio 2018).

Proprio per questo è, appunto, “scuola di fedeltà” e, in quanto tale, un grande e comune “dono” del quale – anche attraverso le iniziative di questi giorni – tutti noi, comunità ecclesiale e civile che è in Venezia, possiamo e dobbiamo essere particolarmente grati e sempre lieti.

Così il Seminario Patriarcale – che, da due secoli, gode della protezione particolarissima della Madonna della Salute ed è situato a breve distanza dalla Basilica in cui sono custodite le spoglie dell’Evangelista Marco e non lontano da quella del Santissimo Redentore – sorge in un contesto urbano che esprime bene, in felice sintesi, la storia e la spiritualità della nostra Chiesa e della nostra città. Così è importante luogo della memoria che, nello stesso tempo, ci chiede di guardare al futuro donandoci la consapevolezza di una storia che siamo chiamati a vivere oggi con fedeltà creativa.