Riflessione del Patriarca alla Marcia - Veglia diocesana per la pace (Mestre, 21 gennaio 2006)
21-01-2006

MARCIA-VEGLIA PER LA PACE

RIFLESSIONE CONCLUSIVA DEL PATRIARCA ANGELO CARD. SCOLA

Mestre-Venezia, 21 gennaio 2006

«Replicò Nicodemo: “Come può accadere questo?”. Gli rispose Gesù: “Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio»
Giovanni 3, 9-21

1. ‘Come può accadere questo?’
Questa sera, al termine del nostro cammino in preghiera per la pace, prendiamo a prestito le parole di Nicodemo per esprimere quel misto di inquietudine e di smarrimento, forse di angoscia che ci troviamo nel cuore quando, di fronte al quotidiano stillicidio di eventi di violenza, guerra e terrorismo che i media riversano nelle nostre case, ci interroghiamo sulla pace: come può accadere questo?
Dalla dolorosa constatazione ‘come può ancora accadere la guerra, il terrorismo’ si deve giungere alla coscienza che se un uomo e una donna non giungono concretamente alla domanda sul proprio cambiamento (‘come può accadere questo?’) o sono astratti o sono sentimentali. Astratti perché non si rendono conto che la pace c’entra con la loro vita concreta e, quindi, non può non impegnare a diversi livelli la loro libertà, la loro responsabilità; oppure si abbandonano al fragile impeto dei buoni sentimenti, cui ben presto subentra l’amarezza dello scetticismo di fronte al ‘non è possibile’ che non di rado minaccia la nostra speranza.
La testimonianza di Rugova lunedì scorso: nel pieno della lotta contro il cancro l’energica decisione del dialogo e della trattativa come unica condizione della verità della pace: Kosovo plurale islamici, ortodossi, cattolici (albanesi, serbi, rom e altri).

2. Nella verità, la pace
Fin dal titolo del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno – Nella verità, la pace (n. 3) – il Santo Padre ci offre una ben precisa indicazione per rispondere alla domanda: come può accadere questo? Fa riferimento GS, 40: «L’umanità non riuscirà a costruire un mondo veramente più umano per tutti gli uomini su tutta la terra, se gli uomini non si volgeranno con animo rinnovato alla verità della pace»
Non si può dimenticare che le stragi provocate dai regimi utopistici e totalitari del secolo scorso hanno favorito uno scetticismo radicale nei confronti della verità come fonte di pace.
Ma parlando della verità Papa Benedetto non ha in mente un sistema di dottrine, un elenco di principi da applicare alla realtà. Come abbiamo sentito dal Vangelo di Giovanni, la verità è un fatto nella storia: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui». Scrive il Papa: «Gesù è la verità che ci dà la pace» (n. 6). Egli è all’origine della pace come compito che instancabilmente mobilita ognuno di noi dall’intimo di se stesso per coinvolgerlo, con i corpi intermedi e con tutta la famiglia umana, nel generare pace su scala familiare locale, nazionale, mondiale.
Per noi cristiani, e per tutti gli uomini e donne di buona volontà con cui siamo desiderosi di collaborare nell’opera di edificazione della pace, la verità della pace implica questo articolato e complesso lavoro. Su questo terreno la pace incontra l’urgenza della giustizia, della solidarietà e, alla fine, dell’amore.

3. Preferire la luce alla tenebre
Ma, per verificare il lavoro della pace, dobbiamo essere chiari: se la pace passa anzitutto dal cuore dell’uomo, allora essa deve fare i conti con la menzogna che spesso attanaglia gli uomini. Infatti, come ricorda il Papa, «l’autentica ricerca della pace deve partire dalla consapevolezza che il problema della verità e della menzogna riguarda ogni uomo e ogni donna, e risulta essere decisivo per un futuro pacifico del nostro pianeta» (Messaggio n. 5).
Verità o menzogna: ecco la grande alternativa, l’aut-aut con cui ‘ in modo più o meno clamoroso ‘ ogni giorno la libertà è chiamata a fare i conti. La stessa alternativa di fronte alla quale Gesù mette Nicodemo: «la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Ed io? E noi? Preferiamo la luce o le tenebre?
Dalla risposta che giorno dopo giorno le persone, le nazioni, gli Stati danno a questo interrogativo dipende la possibilità di diventare operatori di pace. Non si tratta, infatti, di una questione che si possa risolvere una volta per tutte. Ogni giorno, per non dire ad ogni istante, si presenta per gli uomini e per i popoli la necessità di scegliere la luce invece che le tenebre. Pensiamo ad esempio ai bambini del Sud del Sahara e alla loro endemica miseria. Pensiamo a quelli sessualmente sfruttati dell’Asia.
Pace significa allora cambiamento di mentalità: metanoia che apre alla giustizia radicata nell’amore.
La domanda, allora, diventa concretamente questa: come sono educato e sostenuto a scegliere la luce invece delle tenebre?

4. A livello ecclesiale: Visita Pastorale ed educazione alla pace
Emerge così con chiarezza che l’opera in favore della pace apre anzitutto un compito educativo.
Da tempo nel nostro Patriarcato si sta svolgendo la Visita Pastorale. Un evento privilegiato per raccontarci a vicenda, per rigenerare le nostre comunità cristiane così che siano sempre più protagoniste della missione della Chiesa e promuovano vita buona in grado di valorizzare fino in fondo tutte le risorse della società civile (una nuova laicità).
Per l’occasione ci siamo ripetuti che vogliamo educarci a quel pensiero di Cristo (1Cor 2, 16) di cui parla Paolo. Benedetto XVI, nel messaggio citato, ce ne dà un esempio perspicuo proprio per quanto riguarda la pace. Egli lo fa giudicando due atteggiamenti errati nei confronti del nesso verità e pace. Scrive il Papa: «Il nichilismo e il fondamentalismo fanatico si rapportano in modo errato alla verità: i nichilisti negano l’esistenza di qualsiasi verità, i fondamentalisti accampano la pretesa di poterla imporre con la forza. Pur avendo origini differenti e pur essendo manifestazioni che si inscrivono in contesti culturali diversi, il nichilismo e il fondamentalismo si trovano accomunati da un pericoloso disprezzo per l’uomo e per la sua vita e, in ultima analisi, per Dio stesso. Infatti, alla base di tale comune tragico esito sta, in definitiva, lo stravolgimento della piena verità di Dio: il nichilismo ne nega l’esistenza e la provvidente presenza nella storia; il fondamentalismo ne sfigura il volto amorevole e misericordioso, sostituendo a Lui idoli fatti a propria immagine» (Messaggio n. 10). L’appartenenza forte ad una comunità stabile, in cui – attraverso la predicazione, la catechesi, i gruppi di ascolto, l’approfondimento culturale, scolastico ed accademico – sia possibile attingere in forma organica e sistematica alle sorgenti del pensiero di Cristo, aiuterà ciascuno di noi a riconoscere la verità nella storia. Impareremo ad accoglierla come la possibilità offerta alla libertà di ogni uomo per il proprio compimento, evitando sia l’astratta negazione della verità ‘ contraddetta nei fatti della nostra stessa esistenza: tutti, infatti, viviamo ‘come se’ ci fosse la verità! ‘ sia la presunzione di poterla catturare ed imporre agli altri, calpestando la loro libertà.
Ma il pensiero di Cristo mette radici nell’esistenza quotidiana nella misura in cui esso diventa ipotesi concreta di azione. Ecco perché insistiamo sulla necessità di proporre a tutti i membri della comunità cristiana, dai più piccoli a quelli che sono avanti negli anni, gesti concreti di educazione alla carità, al gratuito e alla missionarietà, cioè a vivere le dimensioni del mondo. L’affermazione libera della verità come sorgente della pace la si impara ‘facendo’. La grammatica del dialogo, di cui parla Papa Benedetto (cfr. Messaggio n. 4), la si impara soprattutto alla scuola della carità. La società ha bisogno, oggi più che mai, di luoghi concreti in cui uomini e donne ‘ di ogni cultura, ceto sociale, etnia o religione – si incontrino gratuitamente intorno alla comune urgenza di rispettare e realizzare appieno la verità dell’uomo, e si aiutino a condividere i bisogni, a cominciare da quelli più primari.
Questi luoghi possiedono idealmente i confini del mondo. Se non c’è dubbio che l’edificazione della pace ha inizio dalla consapevolezza della lotta che attraversa il cuore di ciascuno di noi, essa non può prescindere dalla sua dimensione sociale, nazionale e internazionale. Il ‘come può accadere questo?’ di Nicodemo, infatti, riguarda contemporaneamente casa mia e il mondo, l’Italia e il Kosovo, l’Europa ed il Medio Oriente o l’Asia e così via. Non c’è matura educazione alla pace né adeguata condivisione del bisogno al di fuori di questo orizzonte totale che richiama la comune appartenenza alla famiglia umana.

5. A livello civile: perseguire instancabilmente la vita buona
Dalla verità della pace scaturisce uno stile di vita integrale che giunge alla costruzione di una società civile che viva di democrazia sostanziale. Di questo ha più che mai bisogno il paese. A questo ho voluto riferirmi quest’anno nel Discorso alla città della Festa del Redentore parlando della necessità di nuove forme di laicità per il nostro paese. Pace in questo caso significa confronto serrato e rispettoso fra tutti i soggetti personali e sociali in campo, compresi quelli religiosi. Perché una società plurale e non priva di contraddizioni come la nostra possa vivere in pace c’è bisogno di solidarietà e di sussidiarietà. Sono necessari cittadini in senso pieno che sanno farsi carico della persona dell’altro, che vincano il complesso di Caino: ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’. Con coraggio dobbiamo seguire Abele: affermare la verità dell’altro come condizione per la verità di noi stessi. Non lo fa forse Dio ogni giorno con me?

6. A queste condizioni i cristiani, sulle orme del loro Maestro, con la marcia di questa sera potranno dire a tutti con umiltà e decisione: «noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto». Amen.