Prima Giornata diocesana per i Beni culturali ecclesiastici
Venezia, Scuola Grande di San Teodoro - 28 maggio 2004
28-05-2004

IA GIORNATA DIOCESANA PER I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI

L’INVENTARIO DEI BENI MOBILI

Venezia, 28 maggio 2004
Scuola Grande di San Teodoro

+ Angelo Card. Scola
Patriarca di Venezia

Nell’ambito della Settimana per i beni culturali promossa dal Ministero beni culturali e dalla Conferenza Episcopale Italiana, l’Ufficio per i beni culturali del Patriarcato ha scelto di porre come contenuto di questa Prima Giornata Diocesana per i beni culturali ecclesiastici la presentazione dell’attività di inventario dei beni mobili in corso nella Chiesa veneziana.
La valorizzazione e la tutela dei beni mobili delle nostre comunità cristiane mette in campo l’identità e la verità della nostra storia. Infatti, a muovere la Chiesa in quest’opera, delicata, scrupolosa e paziente, di inventario dei beni mobili non è certo la smania di ‘avere tutto sotto controllo’, né un puro gusto estetico per l’antico. Al contrario è il valore ‘antropologico’ che essi possiedono. Essi sono infatti espressione peculiare, varia nelle forme e nel valore, della passione per l’uomo nel suo rapporto con Dio che ridonda benefica sugli umani rapporti. I beni mobili generano cultura e il loro patrimonio, ben custodito e soprattutto vissuto, diventa fattore indispensabile per costruire la vita buona di una società.
Questa semplice notazione di carattere antropologico e culturale acquista una luce del tutto particolare nel patriarcato di Venezia. È un’esperienza che faccio ‘ chiedo scusa se mi permetto quest’accenno personale ‘ tutte le volte che sono chiamato a presiedere una solenne liturgia in San Marco. Per l’occasione i canonici che con tanto amore si prendono cura, tra l’altro, dei beni mobili liturgici della Cattedrale, propongono al Patriarca paramenti e arredi sacri di lunga storia e di rara bellezza. Durante l’azione liturgica essi fanno rivivere al popolo la lunga traditio di fede dei veneziani e dei visitatori e, con la loro bellezza, ne fanno risplendere l’attuale, insostituibile verità. Niente è più lontano da una vacua ostentazione o da un odioso sfoggio di ricchezza..! Essi sono patrimonio di tutti. E nel nostro caso non solo di noi veneziani, ma essendo Venezia città dell’umanità sono beni di tutti gli uomini che da sempre, in ogni condizione sociale, hanno fame e sete anche della bellezza e dell’arte. Più che mai oggi, in tempi in cui guerre e terrorismo non solo uccidono la vita delle vittime, ma rischiano di spegnere la luce nei nostri stessi cuori.
L’etimo della parola inventario ci suggerisce la strada per intuire la posta in gioco, culturale e pastorale, di una tale azione. Invenio è un verbo latino che indica la scoperta di qualcosa di prezioso. Il significato di tale scoperta ha in sé una duplice valenza. Da una parte richiama un fattore di novità (su questo elemento fa leva l’uso della parola invenzione per indicare qualcosa che non c’era prima). L’esperienza dice che quando in una parrocchia o comunità cristiana si mette in opera l’azione dell’inventario vengono fuori tante cose di cui magari si ignorava l’esistenza e che rappresentano una autentica novità. D’altra parte la scoperta propria dell’invenzione può fare riferimento alla messa in luce di qualcosa di già presente, anche se in qualche modo in forma non esplicita. In questo senso si può dire che l’inventario è un esercizio di memoria che approfondisce la presa di coscienza della propria identità. Quell’identità che non potrà mai essere individuata se con miope presunzione si prescinde dal passato.
Se si considera questo spessore antropologico e sociale del ‘bene mobile’, si comprenderà allora facilmente che l’inventario costituisce un’umile ma preziosa occasione per attuare il dinamismo della traditio, proprio della comunità cristiana in tutte le sue espressioni. I beni mobili sono le tracce dell’esperienza umana e cristiana che ci ha preceduto, cui apparteniamo, e che ci chiama qui ed ora ad un personale coinvolgimento. In questo senso, senza voler negare le indispensabili competenze tecniche necessarie ad un lavoro così delicato, è importante riconoscere che il compito dell’inventario spetta direttamente alla comunità cristiana come tale. Ed il popolo di Dio ne è sovente ben consapevole, valorizzando e tutelando i propri beni artistici.
La Chiesa mostra chiaramente in che cosa consista il nuovo cui l’uomo anela per crescere e perciò vivere. Infatti, secondo la legge implacabile di ogni vivente, quando si cessa di crescere si incomincia a morire. Il nuovo non è la ricerca spasmodica dell’inedito, quanto piuttosto l’innesto dell’antico nel presente. Quale delicata cura esige allora la conservazione ed il restauro dei beni culturali nella Chiesa!
Su queste basi antropologiche e teologiche tali beni aprono poi ampi ed insospettati spazi all’azione evangelizzatrice della Chiesa. Basti pensare al peso che possono avere in quel cammino di educazione sistematica al giudizio di fede che è la catechesi. Il mio augurio è che l’opera di inventario messa in moto nel nostro Patriarcato sia accompagnata da un effettivo rilancio in chiave pastorale e missionaria dello straordinario patrimonio delle nostre comunità cristiane. Solo in tal modo esso raggiungerà l’indispensabile ed elevata sfera dell’arte che procura vero e stabile gaudium.