Presentazione dello Studium Generale Marcianum - Apertura di S.E.R. Card. Angelo Scola
Basilica di Santa Maria della Salute - Venezia, 24 aprile 2004
24-04-2004

PRESENTAZIONE DELLO STUDIUM GENERALE MARCIANUM

BASILICA DI SANTA MARIA DELLA SALUTE
Venezia, 24 aprile 2004

APERTURA

S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA

GRAN CANCELLIERE DELLO STUDIUM GENERALE MARCIANUM

Eminenza Reverendissima Signor Cardinale Segretario di Stato,
Eminenza,
Eccellentissimo Signor Gran Cancelliere della Pontificia Università della Santa Croce,
Eccellenze,
Signor Sindaco, Signor Presidente della Provincia, Signor Presidente della Regione, Autorità civili e militari,
Presidente dello Studium Generale Marcianum,
Chiarissimi Professori e Studenti,
Reverendi Sacerdoti, Religiosi e Religiose,
Signore e Signori,

«Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem?» . Cosa potrebbe bramare il cuore dell’uomo più della verità? La nota affermazione di Agostino indica il centro focale dell’umana avventura. Per questo ogni istituzione dedicata alla conoscenza e al sapere può essere autentica solo se resta saldamente ancorata al luogo primario della verità che è l’esperienza elementare dell’uomo. Lo Studium Generale Marcianum, che viene solennemente inaugurato oggi in occasione della Festività di San Marco Evangelista, nasce con l’ambizione di accompagnare ogni uomo di buona volontà nella personale e libera ricerca di soddisfazione di questo desiderio costitutivo.
Dal momento che desiderio di verità ed esperienza elementare sono l’oggetto della quotidiana cura riservata dalla Chiesa al popolo di Dio che le è affidato, balza subito all’occhio la natura eminentemente pastorale dello Studium Generale Marcianum.
In concreto lo Studium Generale Marcianum nasce e si sviluppa al servizio della comunità cristiana che vive in questa nostra Venezia di terra e di mare, facendosi carico della sua peculiare vocazione ad essere ‘città dell’umanità’. Lo Studium Generale Marcianum vuole quindi sostenere la quotidiana azione missionaria della Chiesa aiutando i fedeli a rendere ragione della propria fede, innanzitutto a loro stessi e quindi a tutti gli uomini e donne che incontrano. Lo Studium Generale Marcianum, in questo modo, intende sorreggere la vita di parrocchie, aggregazioni di fedeli, movimenti e gruppi che hanno il mondo come campo di missione (cfr Mt 13,38), perché siano sempre più luoghi in cui si realizza la sequela di Cristo come via per l’umano compimento.
Questo è il motivo primario per cui abbiamo scelto di coinvolgere in un soggetto unitario, lo Studium Generale Marcianum, talune realtà pedagogico-accademiche già formalmente dipendenti dal Patriarcato: dalla Scuola materna ed elementare alle Medie e al Liceo, dallo Studio Teologico del Seminario Patriarcale, cui si collegano la Scuola Biblica e quella di Formazione teologica, all’Istituto di Diritto Canonico San Pio X, per giungere fino all’Opera Studium Cattolico Veneziano. Proprio in forza di questa unità lo Studium Generale Marcianum cercherà di far fronte alla situazione di grave frammentazione in cui oggi versano la ricerca, la comunicazione e lo studio dei vari saperi.
È una forma forse un po’ singolare rispetto al panorama europeo, anche se non mancano esempi consolidati di istituzioni scolastiche ed universitarie che si sforzano di rispondere all’insopprimibile condizione di unità esigita da ogni trasmissione di sapere. Mi preme inoltre rilevare che a questo decisivo criterio dell’unità ha fatto fin dall’inizio riferimento la Conferenza Episcopale Italiana nel promuovere il Progetto culturale orientato in senso cristiano, sul cui terreno nasce ed intende mantenersi lo Studium Generale Marcianum.
Ovviamente la proposta del Marcianum non solo rispetta rigorosamente lo statuto proprio di ogni scienza e disciplina, ma si articola secondo metodi pedagogici adeguati ai suoi diversi interlocutori. Pur non pretendendo di portare rimedio alla odierna frammentazione dell’oggetto del sapere ‘ questione complessa connessa con il problema epistemologico della necessaria demarcazione delle varie discipline – essa non rinuncia a perseguire con tenacia l’unità del soggetto del sapere stesso.
Cosa si intende in concreto quando si parla di unità del soggetto del sapere e quali fattori è necessario mettere in atto per attuarla?
In proposito mi sembra opportuno fare riferimento anzitutto a due fondamentali proprietà costitutive dell’umana ragione intesa qui nella sua accezione più larga come plesso di tutti i fattori di ‘apprensione’ e di ‘affezione’ che coinvolgono l’uomo «uno di anima e di corpo» (GS 14). Queste proprietà sono l’apertura integrale e la ricettività.
Nella conoscenza la ragione si rivela anzitutto capace di un’apertura integrale nei confronti dell’oggetto. Essa è veramente in grado di adeguare la realtà («adaequatio rei et intellectus», Tommaso). Si attua qui il livello più elementare della verità. Non si dà verità senza questo sguardo integrale. Scrive il giovane Wojtyla nel dramma ‘Fratello del nostro Dio’: «Non si può pensare soltanto con un frammento di verità, bisogna pensare con tutta la verità» .
Quanto alla seconda proprietà della ragione, la ricettività, mi piace citare un illuminante passaggio di Balthasar: «Ricettività dice il restare aperti [della ragione] per qualcosa d’altro’ significa avere finestre per tutto ciò che esiste ed è vero. Ricettività dice il potere e la possibilità di ricevere in casa propria una realtà estranea e per così dire ospitarla» . Con una bella metafora la ricettività viene definita, in ultima analisi, come la «capacità di farsi regalare da quest’esistente la sua propria verità» . Questa ricettività non è affatto passività ma, al contrario, è l’espressione dinamica del «selvaggio e vivo intelletto dell’uomo», per utilizzare un’efficace formula del Card. Newman.
Se la ragione in senso pieno è in grado di ospitare il reale, allora una capacità di unità è insita, in un certo senso a priori, nel soggetto personale. Colui che riceve, anche se i doni sono molteplici, possiede in se stesso la risorsa per accoglierli. Essa consiste nella capacità di unificarli. Ricevo, trattengo, e quindi imparo, se unifico. Le naturali proprietà di integrale apertura e di ricettività offrono alla ragione la possibilità di elaborare un principio unificatore vitale ‘ la parola ‘principio’ non va ridotta intellettualisticamente – per affrontare la realtà nella variegata gamma delle sue espressioni. In forza di tale principio sintetico ogni uomo, fin dalla prima infanzia, può cominciare ad imparare per poi perfezionare le sue conoscenze lungo tutta la sua esistenza. L’educazione consiste allora nell’offrire questo principio sintetico vitale all’oggettiva capacità della ragione libera di ogni persona che, adeguando la realtà, ne riconosce l’intelligibilità. Questo principio non è un’idea astratta ma, lo ribadisco, esige l’armonico sviluppo di tutto l’io.
È ora necessario compiere un secondo passo per lumeggiare un poco la questione dell’unità del soggetto che tanto ci sta a cuore.
Essa si realizza solo dentro una precisa e solida trama di relazioni, come ciascuno di noi può testimoniare a partire dall’esperienza vissuta in famiglia e nei corpi sociali intermedi. In essi le capacità della ragione, custodite ed alimentate da un rapporto amorevole, sono armonicamente confrontate con la trama delle circostanze e dei rapporti in cui è immersa la persona. Questa allora si spalanca alla realtà scoprendo il significato ultimo del suo stesso esistere.
Nel rapporto col maestro e, più in generale, con una viva comunità educante, il discepolo, conoscendo, si ri-conosce. Prende volto in tal modo la mirabile avventura della paideia.
L’affronto della sempre più vasta gamma dei saperi cessa allora di essere nozionistico e puramente finalizzato al necessario compito professionale, per assumere la fisionomia completa dell’apertura di tutto l’io a tutta la realtà.
Un terzo passo. Nella proposta di un principio sintetico vitale una scuola di ogni ordine e grado mette in gioco, attraverso la societas docentium et studentium, la domanda delle domande. Essa, per quanto possa essere sepolta sotto la montagna dei detriti di una cultura affascinante come quella contemporanea, anche se forse troppo sospesa tra problematicismo e nichilismo, non potrà mai essere sradicata dal cuore dell’uomo. Potremmo formularla, in termini filosofici, con l’interrogativo leibniziano ‘Perché c’è l’essere e non il nulla?’ o sentirla risuonare, più genialmente, a livello dell’esperienza elementare, nell’acuto grido del Leopardi ‘Ed io che sono?’. In ogni caso questa domanda, anche se sempre meno posta esplicitamente ‘ soprattutto dopo il veto imposto da Comte a porre domande cui non si sa dare risposta ‘ resta la questione che muove e sovente sommuove la scuola. Senza esplicita risposta a questa domanda lo studente non sviluppa un principio unificante dell’interpretazione del reale, la sua persona non è unita e perciò, semplicemente, non impara. Quando poi è il docente a mancare di questo principio unitario l’insegnamento tradisce il suo stesso scopo. Diventa controproducente.
L’ultimo passo di questo troppo grossolano colpo d’occhio sull’unità del soggetto è così alla nostra portata. Se quella tracciata è la via che inoltra la scuola nell’autentica paideia, sarà facile comprendere perché da sempre la Chiesa promuova scuole e perché noi oggi inauguriamo lo Studium Generale Marcianum. Come non sentire infatti profondamente corrispondenti al compito educativo la persona e l’insegnamento di Colui che ‘ è ancora Agostino a ricordarcelo ‘ si è posto come la Via alla Verità e alla Vita?
La comunità cristiana è chiamata a mostrare che la fede come principio sintetico vitale per l’educazione del soggetto e, per quanto possibile, per l’interpretazione degli oggetti dei diversi saperi, non solo non mortifica, ma difende ed esalta la ragione nel suo significato più ampio, nelle sue proprietà costitutive e nel suo concreto esercizio.
Nell’ottica qui soltanto accennata intende muoversi lo Studium Generale Marcianum. A partire dallo specifico della ricerca, dell’insegnamento e dello studio perseguiti con metodo e rigore lo Studium vuol favorire un continuo scambio tra docenti, studenti, familiari ed operatori, teso ad approfondire il principio sintetico vitale orientato in senso cristiano. Per la stessa ragione lo Studium sarà appassionato di un serrato confronto con tutti i soggetti che operano nei mondi della scuola, dell’Università, della cultura a partire dalla ricca realtà veneziana.
Questa sera siamo coscienti della forza che deriva allo Studium Generale Marcianum dalla solida tradizione degli enti che riunisce. Nello stesso tempo trepidiamo per il piccolo germoglio che il Marcianum è in se stesso. Oggi viene alla luce e ben sappiamo che questo domanda da parte nostra umile tenacia. Solo il tempo potrà verificare la validità del tentativo.
Ora però è tempo di dire grazie. Al Cardinale Angelo Sodano, che ha accolto la proposta di inaugurare lo Studium Generale Marcianum offrendoci la Prolusione, diciamo tutta la nostra riconoscenza e la nostra stima. Tocchiamo con mano, attraverso la Sua Persona, l’affetto del Santo Padre che già a dicembre ci ha sorpreso con l’inatteso Chirografo di incoraggiamento per lo Studium Generale Marcianum.
Tante altre sono le persone cui va questa sera il nostro grazie. Molte di loro sono presenti. Questo ci consente di non nominarle ad una ad una, senza per questo sminuire la gratitudine della Chiesa di Venezia nei loro confronti. Una eccezione devo però fare per dire la grata riconoscenza al Gran Cancelliere, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Javier Echevarría, per il decisivo aiuto che la Pontificia Università della Santa Croce sta dando all’Istituto di Diritto Canonico.
Sentiamo l’incoraggiamento di tutte le autorità religiose, civili e militari qui presenti, soprattutto di voi tutti e di quanti ‘ e sono parecchi ‘ hanno aderito in varie forme a questo solenne Atto accademico. A tutti assicuriamo il nostro impegno.