Preghiera ecumenica
Basilica di S. Marco, venerdì 24 gennaio 2003
24-01-2003

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO
Venezia, 24 gennaio 2003

PREGHIERA ECUMENICA
Mc 10, 28-30

1. «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» (Mc 10,28). Queste parole non sono altro che la descrizione, piena di gratitudine e di umiltà, del nostro essere cristiani. Per la misericordia di Dio, incontrando il Risorto Lo abbiamo seguito. Questa sera, qui convenuti in preghiera, rinnoviamo questa disposizone del cuore: lasciare tutto per seguire il Signore.
E lo facciamo «a causa (di Gesù) e a causa del vangelo» (Mc 10,29), ben consapevoli che questa nostra decisione non è stata il frutto delle nostre forze o delle nostre capacità. Infatti noi «insieme confessiamo che l’uomo dipende interamente per la sua salvezza dalla grazia salvifica di Dio» (Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione della Federazione Luterana Mondiale e la Chiesa Cattolica Romana 19).
In questa grazia salvifica si trova la sorgente perenne dell’unità tra i cristiani. Questa grazia è Gesù Cristo vivo. Con la povertà di spirito, rinnovata dal mistero del Santo Natale, questa sera ci volgiamo insieme a Lui. Addolorati per quanto ancora ci divide, ma tesi a riconoscerLo come principio dinamico di unità tra di noi: «un tesoro come in vasi di terra» (2Cor 4, 7). Siamo vasi di terra, ma riconosciamo in Lui il nostro tesoro.

2. Anche noi con Pietro poniamo, davanti al Signore, l’interrogativo che scaturisce dall’esperienza di ogni discepolo. «Gesù» ‘ nota l’evangelista Marco – recependo la questione impellente e decisiva contenuta nelle parole di Pietro «rispose» (Mc 10,29). Di che domanda si tratta? Dell’interrogativo circa la corrispondenza al cuore dell’uomo, circa la cum-venientia umana dell’essere cristiani. In questa domanda ci riconosciamo tutti e la risposta ad essa costituisce la molla della nostra adesione al Signore Gesù. Così ogni cristiano, a qualunque Chiesa o confessione appartenga, non può non provare un sussulto di speranza quando sente la risposta di Gesù a Pietro: «In verità vi dico: non c`è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna» (Mc 10,30). È una risposta netta e dettagliata, che entra nel merito delle due dimensioni fondamentali dell’esperienza umana, gli affetti («casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli») e il lavoro («campi»), per assicurarne la piena realizzazione. Quindi a ben vedere il cristiano, che è chiamato a lasciare tutto per seguirLo, in realtà lo lascia solo per riceverlo centuplicato. E non in un futuro lontano ed indefinito, in una sorta di eternità utopica, ma «già nel presente», come reale anticipo dell’eterno vivere nel seno della Trinità. La vita nuova in Cristo rende evidente, anche ai nostri occhi di uomini di questo mondo affascinante ed affaticato, la liberante verità dell’annuncio cristiano. Quanto più passa il tempo, tanto più ne facciamo esperienza. E questa evidenza ha veramente la forza di una caparra.

3. Certo questo centuplo quaggiù non è un possesso naturalistico alla mercé delle nostre buone intenzioni. Gesù parla anche di persecuzioni nel tempo presente. E non soltanto perché nessuno meglio di Lui conosce l’abisso che si nasconde nel cuore dell’uomo. Ma le Sue parole vogliono mettere in risalto che non si dà vero possesso se non nel distacco: «Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Tutto è nostro se noi siamo di Cristo, se offriamo a Lui, e in Lui ai fratelli, tutto di noi stessi. Si rivela qui il misterioso ed affascinante rapporto tra la grazia e la libertà. Nel contempo si manifesta la natura testimoniale della sequela cristiana. Infatti, chi ha incontrato e seguito il Risorto è chiamato ad auto-esporsi incessantemente, a pagare di persona. Questa logica di libertà prorompe visivamente dal nostro incontro e dalla nostra preghiera questa sera. E noi cristiani, anche se fragili vasi di terra, osiamo innalzare coralmente la nostra voce come un canto di lode alla Trinità.
«Unitate, unitate’ Unità, unità», implorò il popolo rumeno a Bucarest nel 1999 . Quel grido si fa questa sera preghiera. E la preghiera rinnovato impegno per l’educazione e l’azione in favore dell’unità. Ut unum sint: la supplica di Gesù diviene oggetto della nostra mendicanza al Padre. Mendichiamo Cristo, la nostra pace.
L’opera al servizio della pace che le Chiese e le confessioni cristiane non cessano di perseguire, soprattutto in questo tragico frangente storico, costituisce un ambito concreto di comune testimonianza nel nostro mondo.
Il Beato Patriarca Roncalli, divenuto Vescovo di Roma, ricordava nella Pacem in terris: «Cristo lascia la pace, egli porta la pace: “Pacem relinquo vobis, pacem meam do vobis, non quomodo mundus dat ego do vobis” (Gv 14,27). Questa è la pace che chiediamo a Lui con l’ardente sospiro della nostra preghiera» (n. 90). Questa stessa strada ha indicato Giovanni Paolo II a tutti gli uomini di buona volontà quest’anno, 40° anniversario della Pacem in terris. «I gesti di pace – Egli ha scritto – nascono dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace. Sono frutto della mente e del cuore di ‘operatori di pace’ (Mt 5, 9). Gesti di pace sono possibili quando la gente apprezza pienamente la dimensione comunitaria della vita, così da percepire il significato e le conseguenze che certi eventi hanno sulla propria comunità e sul mondo nel suo insieme. Gesti di pace creano una tradizione e una cultura di pace» (Messaggio per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 1 gennaio 2003, n. 9).
Il gesto di preghiera che stiamo compiendo in questa preziosa Basilica testimonia un passo concreto di unità e di pace, percorribile da tutti e capace di coinvolgere tutti e ciascuno.
Esso esprime, ancora una volta, l’universale vocazione di questa nostra Venezia. Il comune impegno ad approfondire la dimensione ecumenica intrinseca alla fede cristiana esalta questa singolare missione della nostra città. Questa missione di Venezia, personale e comunitaria, ecclesiale e civile, nella logica della sequela Christi richiamata dal Vangelo di Marco, è in favore di tutti gli uomini e della loro salvezza. Amen.