ORDINAZIONI PRESBITERALI DIDON ALESSANDRO ROSIN E DON RENATO MAZZUIA
21-06-2003

Venezia, 21 giugno 2003
Es 24,3-8; Sal 115;Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26

Carissimi don Alessandro e don Renato,
Reverendo Rettore e Superiori tutti del Seminario,
Carissimi sacerdoti, in particolare carissimi don Paolo Donadelli e don Lionello Dal Molin,
Familiari, parenti, amici, membri delle comunità parrocchiali di San Giovanni Battista di Jesolo e di San Giuseppe di Cortellazzo
Voi tutti fedeli della Chiesa che è in Venezia.

1. Con la geniale incisività di molti testi medievali, la splendida Sequenza della Solennità del Corpus Domini va diritta al cuore del ministero sacerdotale che, fra poco, don Alessandro e don Renato riceveranno. Essa ci ha fatto cantare: «Lauda, Sion, Salvatorem, lauda ducem et pastorem». Popolo di Dio loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore.
Il ministero sacerdotale dipende solo dall’iniziativa del Salvatore che è la nostra guida ed il nostro pastore. Egli, infatti, come ci ha appena ricordato la Lettera agli Ebrei, è l’unico sacerdote, perché è il «mediatore di una nuova alleanza» (Seconda lettura: Eb 9,15) tra Dio e l’umanità intera.
Nella recente enciclica Ecclesia de Eucharistia Giovanni Paolo II ha voluto sottolineare, con particolare enfasi, che è proprio l’unicità di Cristo sacerdote a spiegare in modo esauriente il ministero sacerdotale neotestamentario. Gesù Cristo è l’unico sacerdote, noi siamo suoi ministri ed infatti nel sacrificio eucaristico noi agiamo in persona Christi. Dice il Papa: «In persona: cioè nella specifica, sacramentale identificazione col sommo ed eterno Sacerdote, che è l’autore e il principale soggetto di questo Suo proprio sacrificio, nel quale in verità non può essere sostituito da nessuno» (EE 29).
Siccome, particolarmente attraverso il sacramento dell’Ordine, il sacrificio eucaristico diventa la forma di tutta la vostra vita, voi, carissimi don Alessandro e don Renato, siete chiamati ad identificarvi totalmente ad Uno che non può essere sostituito da nessuno. Quale insondabile paradosso! Eppure qui si cela il senso del sacerdozio che voi oggi ricevete. Dovete disporvi fin da ora ad impegnare tutto il tempo della vostra vita terrena per penetrare un poco, con fervente umiltà, questo grande dono e mistero.
Attraverso la preghiera di Ordinazione e per l’imposizione delle mani da parte del Patriarca, Voi venite consegnati al Padre dallo Spirito di Cristo Gesù morto e Risorto propter nos homines. Sarete così autorizzati a porre, secondo l’intenzione della Chiesa, quei gesti sacramentali mediante i quali il popolo cristiano potrà attingere alle fonti della salvezza. Avrete una singolare intimità col Corpo e Sangue di Nostro Signore. Il Corpus Domini, la Solennità di cui questa sera iniziamo la celebrazione, prende l’avvio da un preciso episodio che ha mutato il senso del tempo, dello spazio e dei rapporti degli uomini con Dio e tra di loro.
Ce lo ha narrato il Santo Evangelo: «… prese il pane e… lo diede loro… Poi prese il calice e… lo diede loro e ne bevvero tutti» (Vangelo, Mc 14,22-24). Il Corpo donato ed il Sangue versato individuano un mistero oggettivo che domanda però il coinvolgimento di tutto il soggetto che lo attua. Infatti il ministro ordinato lo attua in persona Christi, cioè lasciando trasparire Gesù senza mai sostituirlo. Da questa identificazione a Cristo unico Sacerdote e non da altro, da questa oggettiva potestas di attualizzare il Suo sacrificio negli atti ministeriali, che domanda la vostra immedesimazione personale al suo abbandono al Padre e non da altro, sarà d’ora in poi definita, in unità, la vostra persona e la vostra missione, nella Chiesa, per il bene di tutti gli uomini.
Chi è chiamato ad attuare i gesti sacramentali in persona Christi è anche chiamato ad esistere in Cristo, come ripete instancabilmente San Paolo. A Lui, solo a Lui dovete conformare ogni fibra del vostro cuore: essere ed agire «in Cristo, con Cristo e per Cristo» per non restare in balìa delle vostre sole forze.

2. Tra poco la preghiera di Ordinazione ci farà dire: «A Mosè e ad Aronne, da te prescelti per reggere e santificare il tuo popolo, associasti collaboratori (‘) Ora, o Signore, viene in aiuto alla nostra debolezza e donaci questi collaboratori di cui abbiamo bisogno per l’esercizio del sacerdozio apostolico». La preghiera fa riferimento ad un avvenimento narrato dalla Prima Lettura. Mosè lesse i comandi di Dio e tutti assentirono, diventando così il Suo popolo.
In questi ultimi trent’anni il popolo di Dio che vive nel Veneto (come in molte altre regioni di più antica evangelizzazione) sembra in larga misura dimentico del proprio battesimo. Certo, i cosiddetti valori che ispirano la straordinaria capacità di costruzione della nostra terra, il cui modello di sviluppo è spesso additato come esempio a tutta l’Europa – e non solo ad essa – mantengono un riferimento cristiano. Ma si tratta di una radice assai indebolita, non più vigorosamente alimentata dalla linfa vitale della fede, della speranza e della carità cristiane. Il popolo dei battezzati ci appare smarrito – come spesso ci ricorda la liturgia – in una ‘stanchezza mortale’. La ‘nativa fragilità’ di ciascuno di noi ha bisogno che il Redentore continui il miracolo della generazione di nuove creature e ridìa corpo al popolo dei battezzati. Da questo momento Vi è affidata questa missione tanto affascinante quanto delicata: siete chiamati ad annunciare Gesù Cristo, centro del cosmo e della storia, guidando concrete comunità cristiane nelle quali i fedeli, sempre educabili da Dio, scoprano di nuovo la bellezza di appartenerGli. È questa infatti la condizione per essere uomini felici e vivere una vita buona.
Molte sono le attività e i servizi che vi saranno chiesti – l’elenco sarebbe talmente lungo da non poterlo esaurire – ma ‘ ricordatelo bene! ‘ nessuna articolata pianificazione, nessun insieme di efficaci strumenti o di appropriate strutture potranno mai sostituire l’unico intento del ministero sacerdotale. Uno solo è lo scopo: generare nuove creature, il popolo santo di Dio, il soggetto cristiano. Edificare la Chiesa.

3. Ma, carissimi don Alessandro e don Renato, a quale condizione si può generare? Si genera solo nelle doglie del parto. Non c’è bisogno di ricordare il singolare paradosso implicato nella missione del ministro ordinato. Da una parte, solo attraverso questa missione si può compiere la vostra persona ma, dall’altra, questa stessa missione non è alla portata delle vostre sole forze. La Chiesa, madre amorevole e sollecita, è ben consapevole di questa tensione che vive nel cuore di ogni sacerdote. Non a caso tutto del gesto che stiamo ora compiendo evidenzia che l’origine del nostro ministero è sacramentale. Non nasce da noi e non nasce nemmeno dalla comunità. Il sacerdozio ministeriale scaturisce permanentemente dalla oggettiva volontà salvifica del Redentore. È Lui che chiama, è Lui che sceglie, è Lui che costituisce i suoi ministri. Ma qui sta il nostro conforto: Lui è Uno che, avendo ‘iniziato in te la Sua opera, la porta a compimento’.
Carissimi don Alessandro e don Renato, la comunione del presbiterio patriarcale e di tutto il popolo cristiano sarà per Voi l’espressione familiare e quotidiana della cura del Padre celeste. Chiedete ogni mattina al Signore la grazia di riconoscere ed abbandonarVi alla comunione che Vi precede, di vivere nei confronti dei fratelli sacerdoti e di tutti i fedeli quella stima previa che segnala un cuore mosso dall’amore vero, quello di Colui che ci ha amati per primo rendendoci così capaci di amarci, almeno un poco, gli uni gli altri.
Vi affido alla Vergine Nicopeia. Nel Suo grembo immacolato è fiorita la salvezza del mondo. Dalla Sua Verginità, la Sua maternità. È la Mater Ecclesiae, la madre di Gesù e nostra madre. Come recita una bella litania veneziana, è la Gloria sacerdotum. Amen.