Omelia per la festa del Corpus Domini (2 giugno 2002)
02-06-2002

Dt 8, 2-3, 14-16; 1 Cor 10, 16-17; Gv 6, 51-58

Venezia, 2 giugno 2002

«Ecce panis Angelorum, factus cibus viatorum, vere panis filiorum». (Ecco il pane degli Angeli, che si è fatto cibo per coloro che sono in cammino, è vero pane di figli).
Questi versetti della Sequenza letti alla luce del Vangelo appena proclamato – «Il pane che io darò è la mia carne » (Gv 6, 51) -, aprono le nostri menti e i nostri cuori al mistero del Corpus Domini chiarendo perché noi, i figli di Dio, questa sera, con speciale solennità, adoriamo, confessiamo e celebriamo il Corpo di Cristo.

1. «Ecce panis Angelorum». (Ecco il pane degli Angeli). Soffermiamoci un istante sulla forza espressiva di questo avverbio di due sole sillabe: Ecco! È un dito puntato su di una Presenza che realmente abita l?Ostia santa. È la presenza di Gesù Cristo, il Figlio dell?eterno Padre che, per opera dello Spirito, è diventato veramente un Uomo simile a noi, escluso il peccato (cfr Eb 4, 15). La Trinità per incontrare l?uomo, uno di anima e di corpo, ha scelto la sola strada a noi accessibile: ha assunto, nel Figlio eterno, un corpo. L?uomo senza corpo non comunica. Certo, a comunicarsi è tutta la persona, nella profonda signoria del suo spirito, ma la persona dell?uomo, per aprirsi all?altro e alle cose, ha bisogno del corpo. Se siamo tristi piangiamo, se lieti sorridiamo, per salutarci ci diamo la mano. Per lavorare abbiamo bisogno del corpo. Ogni relazione ? fino a quella che unisce intimamente i due sposi – passa dal corpo. Alla fine non c?è esperienza umana se non attraverso il corpo.
Allora, se riflettiamo attentamente, il Corpus Domini è la più clamorosa documentazione del Dio con noi, dell?Emanuele. Nel Corpus Domini infatti il Dio Uno e Trino, che è, nello stesso tempo, compiutamente se stesso e in perfetta comunione con l?altro, Si dona nel Figlio. La solitudine, il nemico più terribile di ogni uomo, è spezzata senza che l?io si dissolva. Ciò che all?uomo sarebbe impossibile, cioè entrare in relazione per vincere la solitudine ma senza annientarsi nel rapporto, diventa non solo possibile ma reale. A regalarci questa straordinaria opportunità è la dedizione totale, nella carne, del Figlio, perché Egli può essere, simultaneamente, perfettamente se stesso e insieme con l?altro. Ma è importante sottolineare che la Sua offerta totale avviene nel corpo. Infatti per gli uomini il dono è possibile solo nella carne.
Il Corpus Domini, questa sera, ci mette veramente insieme. E questo essere insieme, se crediamo ed amiamo, non è una pia intenzione che debba poi scontrarsi con una insuperabile incomunicabilità. Si comprende perché le Scuole Grandi, le Arciconfraternite e altre associazioni e gruppi similari siano presenti in modo speciale a questa straordinaria festa del Corpus Domini. Queste realtà sono nate proprio per condividere i bisogni dell?uomo a partire da quelli corporali: il pane, la malattia, la morte. Analogo, importante significato ha anche la presenza tradizionale di molte autorità istituzionali e civili.

2. «Ecce panis Angelorum» (Ecco il pane degli Angeli), «factus cibus viatorum» (che si è fatto cibo per coloro che sono in cammino). Cristo presente è insostituibile alimento per noi uomini, i viatores, i pellegrini per eccellenza. Viviamo infatti nell?instancabile tensione verso il compimento di ciò che pure abbiamo iniziato a sperimentare. Il nostro posto è, per così dire, essenzialmente ?sulla strada?. Ecco il senso della processione che faremo tra poco. In essa è racchiuso il valore della nostra stessa esistenza di singoli e di popolo cristiano. Gesù, come fece con i due di Emmaus, si accompagnerà a noi. A noi che ora lo riconosciamo presente nello spezzare del pane. L?Eucaristia diventa, per noi che siamo viaggiatori, ?viatico?, cibo per il cammino. Scuola permanente di vita.
Come ci ha ricordato la Prima Lettura (cfr. Dt 8, 2-3), nel cammino attraverso il deserto gli antichi padri furono messi alla prova. Assetati, affamati, sfiduciati, furono tentati di arrestarsi o, addirittura, di ?svendere? la loro libertà tornando alla schiavitù dell?Egitto. Nel cammino del nuovo popolo di Dio, invece, è proprio l?Eucaristia a consentire alla nostra libertà il non disertare il posto assegnatole dal disegno misericordioso del Padre. Si può trovare qualcosa di più fisicamente concreto del dono Eucaristico?
Anche attraverso la nostra accoglienza, non dovrebbero toccare questo vertice tutti quei viaggiatori – quei turisti cattolici – che giungono pellegrini in questa nostra Venezia?

3. «Ecce panis Angelorum» (Ecco il pane degli Angeli) «factus cibus viatorum» (che si è fatto cibo per coloro che sono in cammino) «vere panis filiorum» (È vero pane di figli). Da questo pane angelico, cibo per i viaggiatori, nasce sacramentalmente il popolo dei Suoi figli. La nostra unità ? la nuova parentela che lega i cristiani – non è generata dalla natura, né dal comune interesse, né da una necessità organizzativa, né dall?adesione generosa ad una grande idea. No, noi siamo uno perché partecipiamo all?unico Pane! Ce lo ha ricordato San Paolo nella Seconda Lettura (cfr 1Cor 10, 16-17).
Gesù, lasciandosi assimilare a noi che mangiamo il Suo Corpo, in realtà ci assimila a Sé. Egli, potente con il Suo Spirito perché potente con il Suo Corpo, ci trasforma nello stesso momento in cui ci spalanca a coinvolgere tutti gli uomini (missione) nella partecipazione all?unico Pane. E la carità, suprema espressione dell?humanum, non è che l?estendersi, in tutti gli ambiti della convivenza, del dono ricevuto nell?Eucaristia.

4. Figli carissimi, accompagnando fra poco con intensa devozione il Santo Sacramento in piazza San Marco, chiediamo allo Spirito di poter penetrare un poco di più la perentoria affermazione di Gesù nel Vangelo di oggi: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell`uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6, 53). Non c?è vita cristiana al di fuori dell?Eucaristia. Anche i fedeli che, dolorosamente, non possono ricevere la Comunione, non devono mai dimenticare che la loro vita scaturisce dall?Eucaristia e che la loro speranza è il Signore morto e risorto, perennemente offerto come alimento alla Sua Chiesa. Per questo la Santa Messa domenicale costituisce il cuore della settimana del cristiano, non si può assolutamente farne a meno e deve essere rimessa al centro del giorno di riposo.
Celebrare l?Eucaristia, ricevere il Corpo del Signore, adorarLo realmente presente nel Santissimo Sacramento, portarLo solennemente per le nostre strade: ecco la via maestra che il Signore ci ha donato per partecipare alla Sua stessa vita. Amen.