Omelia della Messa della notte di Natale 1999
Omelia pronunciata in basilica di S. Marco la notte di Natale
25-12-1999

NOTTE DI NATALE 1999
Basilica di San Marco, 25 dicembre 1999

Carissimi,

1. “Vi annunzio una grande gioia:
oggi è nato, carne della nostra carne,
il Signore nostro Gesù Cristo.
Annunziatelo anche voi a tutto il mondo:
un virgulto è germogliato dalla radice di Iesse;
è nato il Principe della pace,
il cui regno non avrà fine”.

Con queste parole, che oggi risuoneranno in tutta la Chiesa, si annunzia agli uomini la nascita di Gesù, Figlio di Dio fatto uomo. Nello stesso tempo, si proclama anche l’inizio dell’Anno di Grazia, bimillenario della nascita di Gesù, il Grande Giubileo della Chiesa, un evento di salvezza per tutti.

2. Per dare alla nostra gioia il solido fondamento della fede, sostiamo insieme meditando sulla Parola di Dio ascoltata nella proclamazione delle Sante Scritture.

La prima lettura (Is 9,1-3.5-6) apre uno squarcio di speranza nella fatica e nella durezza dei nostri giorni. La nostra generazione si è allontanata da Dio, fonte di vita, per adorare altri dei. Il denaro, il benessere, il potere’ sono diventati i veri “signori”, a cui spesso pieghiamo le ginocchia della nostra adorazione: una apostasia silenziosa da Dio, nostro Padre, a favore di “cose” che non possono dare la felicità.
I nostri giovani sono smarriti e, spesso, corrono su strade lontane, che non portano alla vita. Da decenni guerre e atroci violenze, come le pulizie etniche, segnano la nostra società del benessere, mentre una grande parte del mondo vive nella povertà e sotto i regimi dell’ingiustizia.
Ebbene, proprio in questa nostra condizione, Dio proclama le sue parole di speranza: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce’ Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio’ il suo nome è Principe della pace”.

Il Vangelo (Lc 2,1-14) ha proclamato la nascita, a Betlemme, del Figlio di Dio fatto uomo. Nell’umiltà e nella semplicità più radicale – direi inimmaginabile – avviene l’evento più grande della storia: l’incarnazione del Figlio di

Dio. Era scritto che il Messia, il Salvatore, sarebbe dovuto nascere a Betlemme e un editto dell’imperatore Cesare Augusto sposta Giuseppe e Maria, che era incinta, da Nazaret, in Galilea, a Betlemme, nella città di Davide, in Giudea. Qui si compirono per Maria i giorni del parto, ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito. Maria lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.

L’annunzio dell’evento, che determinerà la storia dell’umanità, verrà dato dagli angeli; ma destinatari ne saranno gli infimi della società, cioè dei pastori che, di notte, facevano la guardia al gregge: “Vi annunzio una grande gioia’: oggi, nella città di Davide, è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore”.
E poi una moltitudine di angeli si aggiunse a loro e lodava Dio, dicendo: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”

Questo evento, accaduto circa duemila anni fa, è l’adempimento del disegno di Dio, che ci ha pensati, ci ha creati e poi ci ha redenti in Gesù, il Figlio suo fatto uomo: un evento che, in questa notte, noi, non solo ricordiamo, ma “celebriamo” come attuale dono di Dio per ogni uomo e ogni donna che aprano il cuore ad accoglierlo.
La liturgia non parla al passato; non dice : duemila anni fa Gesù è nato e noi commemoriamo l’anniversario della sua nascita. Essa dice: “Oggi Gesù è nato”; oggi il Padre ci dona il Figlio, perché ci vuol salvi in lui.
Questa è la nostra fede.
3. Il Papa, questa notte, a Roma, apre la porta santa. Ma la porta santa è solo un simbolo. La porta attraverso la quale tutti dobbiamo passare per essere salvi; la porta che il Padre stesso ci ha spalancato perché tutti vi passiamo, è Gesù Cristo, l’unico nostro Salvatore.
Questa porta è spalancata anche per noi, ora. E noi dobbiamo varcarla.
Ma come la si varca? La porta santa non si varca coi passi, ma solo con la nostra fede: “Gesù, io credo che tu sei il Figlio di Dio”.
Nella mangiatoia di Betl
em
me ti vedo piccolo e umile: ti sei fatto bambino. Ma tu sei colui, guardando al quale e per mezzo del quale, Dio Padre ha fatto tutte le cose.
Ora sei stato deposto da Maria, tua madre, in una mangiatoia. Un giorno sarai steso e inchiodato su una croce e su di essa morirai.
Salvaci o Gesù!
Salvaci rendendoci partecipi della tua vita di Figlio, perché, liberati dai nostri peccati dalla tua incarnazione e dalla tua morte, anche noi amiamo Dio Padre con cuore filiale, come l’hai amato tu, in una obbedienza fedele, anche se faticosa, come lo fu per te”.

4. C’è una profondità nel mistero del Natale che vorrei non ci sfuggisse nella consuetudine delle parole. Noi diciamo “Gesù è il salvatore di tutti”; e questa è diventata una frase scontata.
Di fatto la realtà che essa esprime è sconvolgente: il Figlio di Dio, facendosi uomo in Gesù, per volontà di Dio creatore, si unisce – realmente, non per modo di dire – ad ogni uomo.
E’ difficile per noi immaginarlo, come è impossibile immaginare che il Figlio di Dio si faccia uomo: lo crediamo per fede, perché Dio ce lo ha detto. Ma Gesù stesso ci ha detto anche che lui è dietro ogni uomo: bianco o nero, ricco o povero, giovane o anziano, sano o ammalato.
Celebrare con fede la nascita di Gesù come evento di grazia che oggi ci investe, significa che il Natale ci innesta in un mistero di solidarietà, che deve diventare un modo di vivere, uno stile di vita che tenga conto della povertà di tanti, che non escluda nessuno dall’amore, dall’aiuto, dalla solidarietà. Natale, nella profondità della sua realtà di fede, è proposta di fraternità.

5. Vorrei chiudere guardando a Maria, la madre di Gesù. Ella ha creduto al mistero sconvolgente che l’ha coinvolta in modo anche per lei misterioso e poi ha segnato, anzi ha determinato tutta la sua vita, fino alla croce.
Maria sia oggi accanto a noi, ci aiuti a credere al grande dono di Dio e a viverlo nell’esistenza di ogni giorno.
Buon Natale a tutti.