Omelia nell'Azione Liturgica del Venerdì Santo (Basilica S. Marco - 25 marzo 2005)
25-03-2005

Venerdì Santo
San Marco 25 marzo 2005

Ci siamo convocati questa sera per celebrare la Passione del Signore. Per chi crede la Croce del Signore è il dono supremo dell’amore di Dio Padre ed è grazia di salvezza unica ed efficace. Per questo la celebrazione di oggi, nella sua austerità, vive la Passione del Signore come un dono (dire dono è dire gioia), nella certezza di fede che quell’uomo sofferente è il Figlio di Dio e che il suo ‘abbassamento’ (‘pur essendo di natura divina’ spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo’) nasconde la ‘gloria’ del Figlio di Dio, che ormai sta per esplodere nella risurrezione. Quell’uomo inchiodato alla croce, però, è il primogenito di tutti noi: Egli ha preso su di sé i nostri peccati e il nostro dolore: la sua ‘gloria’ di Figlio è la nostra salvezza.
Noi stasera, annunziando la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione. In Gesù morte e risurrezione non si possono disgiungere: non saremmo qui se il Crocifisso non fosse risorto. La comunione eucaristica che noi faremo alla fine di questa nostra assemblea è la proclamazione più alta che il Signore è risorto e rimane con noi.

Quella che stiamo iniziando è una grande liturgia della Parola: Dio stesso proclama e ci dona la Passione del Figlio Gesù.
Nella prima lettura il profeta Isaia ci ha presentato la misteriosa figura del ‘servo di Dio’ come annunzio di Gesù sofferente (cfr Is 52,13-53,12). Egli ‘non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non ha splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il soffrire, è come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo nessuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze’è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti’Maltrattato, si lasciò umiliare’come un agnello condotto al macello’ non aprì la sua bocca”.
Questo ‘servo’ sofferente porta su di sé il carico del peccato del mondo. Nella sua obbedienza d’amore egli, fratello di tutti gli uomini, riapre per tutti la porta della salvezza.

La lettera agli Ebrei (4,14-16.5,7-9) ha proclamato che Gesù, nostro sommo sacerdote, sa compatire le nostre infermità,: lui stesso infatti è stato provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato. A lui, quindi, dobbiamo accostarci con piena fiducia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati. ‘Nei giorni della sua vita terrena, egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono’.

Poi abbiamo ascoltato la Passione del Signore secondo l’evangelista Giovanni.
Tradito da uno dei suoi, rinnegato dall’amico Pietro, fatto oggetto di ogni obbrobrio da parte della soldataglia, Gesù affronta tutto con dignità regale. Coloro che lo scherniscono come re da burla, inconsapevolmente, proclamano la sua identità. Egli infatti dinnanzi a Pilato professa la propria identità regale e si dice ‘venuto a rendere testimonianza alla verità’. Il suo regno però non è di questo mondo.
Pilato per tre volte attesta la sua innocenza; poi, per viltà e per paura, si piega alle richieste dei suoi nemici, consegnandolo perché venga crocifisso; Ma fa scrivere sulla croce, come causale della sua condanna, proprio il riconoscimento della sua regalità: ‘Gesù Nazareno il re dei Giudei’.
Gesù muore fra crudeli sofferenze, dopo averci affidato come Madre la sua stessa Madre, Maria e, dopo aver dichiarata ‘compiuta’ tutta la volontà del Padre.
Nel suo ultimo respiro molti vedono l’effusione dello Spirito sul piccolo nucleo della Chiesa che sta ai piedi della croce: sua Madre, Giovanni e alcune donne. E dal suo costato, squarciato da una lancia, escono sangue e acqua, simbolo dell’Eucaristia e dei sacramenti.

Un giorno Gesù aveva detto: ‘Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me’ (Gv 12,32). Ora la croce del Signore sta davanti a noi: nel Crocifisso è come personificata la sofferenza umana, sul suo cuore grava tutta la lontananza da Dio che è propria del peccato: Lui ‘che non ha conosciuto il peccato’. ‘Dalle sue piaghe noi siamo stati guariti’, come ha proclamato il profeta Isaia.
La passione di Gesù interpella la nostra vita: al Crocifisso dobbiamo dare la nostra risposta. L’evangelista Marco annota che un pagano, forse il capo del drappello di esecuzione, vedendo Gesù morire in quel modo, uscì in una folgorante professione di fede: ‘Veramente questo uomo era Figlio di Dio’ (Mc 15,39).
La proclamazione della Passione del Signore è stata fatta perché anche noi crediamo che Gesù è il Figlio di Dio e, credendo, abbiamo la vita.

Dopo la proclamazione della Passione, la Chiesa prega. Prega: per il Papa, al quale siamo affettuosamente solidali in questo suo personale ‘venerdì santo’; prega per quanti si preparano a ricevere il Battesimo, per l’unità dei cristiani, per i non cristiani e per coloro che non credono in Dio, per coloro che governano i popoli e per tutti i sofferenti’ La Chiesa prega perché crede che Gesù crocifisso è l’intercessore e il riparatore per tutta l’umanità : egli ha portato sulla croce tutti i nostri peccati, ha preso su di sé i nostri dolori e li ha aperti alla speranza della salvezza.

Dopo aver pregato per la Chiesa e per il mondo, verrà portata all’altare la Croce perché la onoriamo: ‘Adoriamo la tua croce, Signore, glorifichiamo la tua risurrezione. Dal legno della croce è venuta la gioia in tutta la terra’.
Nel frattempo ascolteremo i lamenti del Signore:
‘Popolo mio, che male ti ho fatto?
In che cosa ti hi provocato? Rispondimi.

Io ti ho guidato fuori dall’Egitto’
per quarant’anni ti ho guidato nel deserto,
ti ho sfamato con la manna, ti ho introdotto in un paese fecondo:
e tu hai preparato la croce al tuo Salvatore?

Che altro avrei dovuto fare e non ti ho fatto?
Io ti ho piantata come scelta e florida vigna,
e tu mi sei divenuta aspra e amara:
hai spento la mia sete con l’aceto
e hai piantato una lancia nel petto del tuo Salvatore.

L’azione liturgica si conclude con la comunione all’Eucaristia: a indicare la piena partecipazione al mistero della Croce del Signore e la fede nella sua risurrezione.

Terminando mi è caro ricordare la Santa Madre di Gesù. L’evangelista Giovanni ce l’ha presentata accanto alla croce del Figlio, muta nel suo indicibile dolore: Gesù le consegna come figlio Giovanni e, in lui, tutti noi. E’ un mistero di maternità quello che Gesù le affida.
Quest’anno il Venerdì Santo cade il 25 marzo, dalla Chiesa dedicato al mistero dell’annunciazione, quando, alla parola dell’angelo, il Verbo si fece carne nel grembo della Vergine Maria. E’ una coincidenza bellissima e ricca di significato: nel mistero dell’Annunciazione Maria dona al Figlio di Dio quel corpo che Egli oggi offre al Padre per noi.
La Santa Madre del Signore ci aiuti a vivere nella fede il mistero grande che oggi stiamo celebrando.