Omelia nella solennità dell'Epifania (Venezia, 6 gennaio 2007)
06-01-2007

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO

SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE
Is 60, 1-6; Sal 71; Ef 3, 2-3.5-6; Mt 2, 1-12

OMELIA DEL PATRIARCA ANGELO CARD. SCOLA

Venezia, 6 gennaio 2007

1. «A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni» (Salmo responsoriale). Le parole del Salmo che abbiamo recitato mostrano che Gesù Cristo è il centro personale del cosmo e della storia. Egli sostiene tutti gli uomini ad uno ad uno e tutti i popoli che compongono la famiglia umana. L’evento del Redentore è universale. Riguarda «tutte le nazioni»: nessuna esclusa. Non ci sono più confini né frontiere di carne e di sangue, di civiltà, di cultura o di ceto sociale. Perché, come ha ricordato la Seconda Lettura, anche «i gentili (cioè noi) sono chiamati in Cristo Gesù a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso popolo». Il grande mistero dell’Epifania mostra lo scopo per cui Dio ha voluto manifestarsi nella carne: «rinnovarci con la gloria dell’immortalità divina» (Prefazio). E quindi assicurarci che non finiremo nel nulla ed educarci, mediante la fede della Chiesa, all’incontro finale con Lui. Dio incarnandosi inaugura con noi un’amicizia tenera, forte e fedele che ci accompagnerà fino al compimento del nostro anelito alla felicità eterna.

2. La chiamata universale di Dio è talmente affascinante che, da duemila anni, uomini e donne di ogni parte del mondo ne sono coinvolti e si dispongono a cambiare anche radicalmente per aderirvi. Nella nuova e definitiva alleanza stabilita da Dio attraverso il Suo Figlio inviato nella carne per la nostra salvezza, uomini e donne provenienti da tutti i popoli vengono radunati per dare vita alla Chiesa, «quasi una realtà etnica sui generis» (Paolo VI).
Come i Magi, che «giunsero da Oriente a Gerusalemme» (Vangelo), da luoghi lontani alla città in cui Dio ha voluto farsi vicino a noi, così anche noi questa mattina siamo convenuti in questa Basilica, patrimonio dell’umanità, per adorare il Signore degli uomini e dei popoli. Siamo venuti mossi dalla fede realizzando ciò che Isaia aveva profetizzato: «Tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore» (Prima Lettura). Il nostro dono è Colui che nei santi doni dei magi è «significato, immolato e ricevuto» (Orazione sulle offerte).

3. Ma qual è lo scopo di questo con-venire eucaristico provenienti da ogni dove per donare Gesù al Padre? Ci riuniamo intorno al Bambino Gesù mossi dal desiderio del bell’amore (oblativo) per lasciarci trasformare dalla tenerezza dell’Onnipotente che si è fatto piccolissimo e poter poi, come i Magi, ripartire «per un’altra via». Questa via è quella della nostra personale conversione. Vogliamo tornare a casa cambiando strada.
Dove conduce questa via? Per ognuno di noi la via di Cristo ha una meta specifica ma la missione è comune a tutti. «C’è un mestiere per ciascuno, ma un lavoro per tutti» ci ricorda il grande poeta Eliot. Partecipare della persona e della vita del Dio fatto uomo, confessando la Sua morte e risurrezione in nostro favore, trasforma il ritorno alle nostre case per un’altra via in un nuovo inizio, in una missione. Essa scaturisce dal traboccare in noi, come nei Magi, del dono ricevuto da Gesù Bambino. È parte del centuplo quaggiù che per l’esperienza cristiana anticipa la vita eterna. Il dono della fede genera un sovrabbondante compimento dell’io, partorisce la nuova creatura che vive le dimensioni del mondo. Ce ne ha parlato con intensità di toni il profeta Isaia nella Prima Lettura: «A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli».

4. Per questi motivi in occasione dell’Epifania la Chiesa guarda con intenso affetto ai missionari ad gentes, cioè a quanti rispondendo con semplicità di cuore all’invito del Salvatore, spendono la loro vita per annunciare la dolce persona di Cristo a coloro che ancora non Lo conoscono o chiedono aiuto per edificare comunità stabili in cui Gesù Cristo è presente. Essi sono costruttori di comunione: questo è il lavoro comune. È commovente che tutti i nostri missionari dai vari continenti siano ora collegati via radio per partecipare con noi a questo gesto eucaristico. Di questo ringraziamo il Centro missionario del Patriarcato.
Con particolare gioia consegnerò tra poco il crocefisso a don Giacomo che con grande libertà ha accolto l’invito a partire per la missione ad Ol Moran nella Diocesi di Nyahururu in Kenya. Così come siamo vicini a quanti quest’anno sono in partenza per altri paesi con l’esplicito intento missionario di annunciare Gesù Cristo risorto salvezza del mondo.
Ma la partenza per questo lavoro comune ci riguarda tutti, figli carissimi. Tutti siamo chiamati ogni giorno alla missione negli svariati ambienti dell’umana esistenza. Essi sono segnati dalla resurrezione di Cristo. La memoria di Gesù Bambino ha già toccato tutti gli uomini. Forse il nostro compagno di lavoro, di quartiere, di scuola non se ne è ancora accorto. Aspetta che tu glielo dica.
Oggi non dobbiamo sottrarci alla dolce attrattiva di Gesù Bambino ed al fascino di comunicare a tutti la Sua persona.

5. Ogni missione cristiana, per sua natura, rimanda alla sua origine. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II nella celebre enciclica Redemptoris missio la indica con chiarezza: «L’amore è e resta il movente della missione, ed è anche l’unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato» (RM 60).
Così fu per i Magi che, saggi e potenti, scelsero di prostrarsi dinanzi ad un Bambino piccolo e povero per imparare l’amore. Così deve essere per noi: siamo chiamati a testimoniare quanto continuiamo ad imparare circa il bell’amore alla scuola di Cristo. Siamo chiamati a riversare questo bell’amore su tutti coloro che incontriamo, donne e uomini, a partire dai sofferenti e dai poveri. La missione però è totalizzante, investe ogni aspetto personale e sociale dell’uomo, giunge fino alle condizioni materiali della nostra esistenza. Arriva fino alla necessità di cambiare i nostri stili di vita e modelli di sviluppo. Così nella grande festa dell’Epifania, cioè dell’abbraccio di amore universale di Cristo, noi cittadini del Nord opulento del pianeta non possiamo più sottrarci al grido dei bimbi, delle donne e degli uomini del Sud che mancano ancora del minimo necessario per sopravvivere.

6. Per intercessione della Vergine Maria, assunta col suo vero corpo nel seno della Trinità, chiediamo che sia concessa anche a noi oggi, come ai Magi, la caparra della felicità eterna e perfetta cui siamo chiamati. Di essa i seguaci di Cristo godranno pienamente alla Sua Seconda venuta. «O Dio, che in questo giorno’ hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria» (Orazione di Colletta).
Possa questa profonda preghiera che all’inizio della Santa Messa abbiamo rivolto al Padre attraversare ora il nostro cuore e diventare domanda semplice e convinta al Dio bambino, nostro Signore e Signore della storia. Amen