Omelia nella S. Messa solenne della festa della Madonna della Salute (Venezia, 21 novembre 2014)
21-11-2014
Festa della Madonna della Salute
(Venezia, 21 novembre 2014)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Gentili autorità, carissimi confratelli nel sacerdozio, diaconi, consacrate e consacrati, fedeli laici,
il nostro tempo lo si può giudicare in molti modi. Su un punto, però, non possiamo non esser d’accordo: è quello che c’è stato dato da vivere. Ora, di cosa ha bisogno il nostro tempo?
A Cana di Galilea, Maria – Colei che è “beata” per la fede (Lc 1,45) – ci è maestra. Ella, infatti, percepisce quanto gli altri neppure avvertono e coglie il dramma di quegli sposi prima che si manifesti pubblicamente.
Maria ha occhi capaci di vedere, è Colei che ha tempo per gli altri; Maria sa riservare attenzioni e compassione per quei giovani sposi. Noi, invece, viviamo di fretta. E la premura genera indifferenza, disinteresse, noncuranza. Pochi, oggi, riservano il loro tempo per gli altri e la fretta è la cifra che unisce persone anche diversissime fra loro per età, cultura, stili di vita.
Maria – al contrario – percepisce, dà il suo aiuto e risponde a domande non ancora poste con stile sobrio, in modo silenzioso. Quando il vino manca, Maria – rivolta a Gesù – semplicemente dice: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 4).
Viene qui alla mente l’esortazione Evangelii gaudium in cui Papa Francesco afferma il valore sociale dell’evangelizzazione: “Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri…; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo. È sufficiente scorrere le Scritture per scoprire come il Padre buono desidera ascoltare il grido dei poveri: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido…: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo…» (Es 3,7-8.10)(Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 187).
Sì, Dio osserva il suo popolo, ha tempo per il suo popolo e se ne fa carico; Maria è “beata” per la fede e porta in sé tale caratteristica propria di Dio: andare sempre incontro all’uomo.
Maria ha un segreto? Sì, la preghiera e la cura degli altri. Sono scelte mariane che fra loro si richiamano; solo chi prega può liberarsi del proprio io, purificare il suo sguardo e prendersi cura dell’altro.
Certo, la Vergine Immacolata non aveva bisogno di liberarsi di nulla; in Lei, da sempre, tutto è immacolato e puro. Noi – che non possediamo il suo io -, tuttavia, siamo chiamati ad imitarla nella via della purificazione.
Maria rappresenta l’umanesimo cristiano che si fonda sulla relazione con Dio e in quella verso i fratelli. Relazione con Dio significa preghiera, relazione con i fratelli significa prendersi cura di loro. Così, mentre la relazione con Dio si nutre di preghiera, la relazione con gli uomini consiste nel rimanere presso di loro non lasciandoli soli.
Caino – il primo che, nella storia, alzò la mano contro il fratello – risponde a Dio, che gli chiede conto proprio del fratello, con queste parole: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). Prendersi cura dell’altro vuol dire vivere la realtà della figliolanza traducendola in fratellanza.
Rivolgersi a Dio pregando richiede l’atteggiamento dell’ascolto, del discernimento, della contemplazione, di chi accoglie il grido dei fratelli, trasformandolo in invocazione a Dio.
Ancora Papa Francesco, nell’Evangelii gaudium, al n. 71, così scrive: “Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze… Egli [Dio] vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni…(Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 71).
In Maria – l’Immacolata – la preghiera e il prendersi cura dell’altro sono frutto della pienezza dello Spirito Santo. In Lei tutto avviene in modo spontaneo; in noi, invece, in modo faticoso perché la nostra libertà è ferita.
Il cristiano è chiamato al discernimento, ossia ad esprimere una critica serena e puntuale a tutto ciò che, nella nostra società, va contro l’uomo. Il Vangelo, infatti, riguarda tutto l’uomo ed è anche la medicina in grado di guarirne le ferite.
Il Santo Padre ce lo ricorda nell’Evangelii gaudium: “La proclamazione del Vangelo sarà una base per ristabilire la dignità della vita umana in questi contesti [di degrado], perché Gesù vuole spargere nelle città vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10). Il senso unitario e completo della vita umana che il Vangelo propone è il miglior rimedio ai mali della città (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 75).
Come detto, siamo chiamati a una critica serena ma ferma per  “ricreare” l’uomo come Dio l’ha pensato, anche attraverso gesti politici ossia inerenti alla città. Bisogna mettere in evidenza la centralità della persona umana, il principio di solidarietà e della destinazione universale dei beni, sapendo però valorizzare il principio di sussidiarietà proprio a servizio della dignità della persona.
E, allora, una finanza non più a servizio dell’economia di un territorio e delle persone che lo abitano è una distorsione che si ritorce contro l’uomo stesso. Ciò vale anche per uno Stato che non riesce a porsi a servizio della società civile. E cosa dire, poi, di una politica che parla molto ma, spesso, non è più in grado d’offrire autentiche risposte e soluzioni?
 Per quanto riguarda il lavoro, le domande vanno poste alla politica – prima responsabile del bene pubblico – ma anche ai diversi soggetti che, con la politica, sono responsabili del mercato del lavoro; organizzazioni e realtà imprenditoriali e sindacali sono chiamate a fare la loro specifica parte e a dare il rispettivo e concreto contributo al bene comune.
In questa festa della Madonna della Salute 2014 desidero sottolineare il valore della domenica, giorno in cui – come singoli e comunità – siamo chiamati a costruire nuove relazioni umane a partire dalla logica della gratuità, al di fuori della dimensione economica e del profitto.
 Sul piano sociale, rubandoci la domenica, ci rubano un modo d’essere uomini e ce ne propongono un altro, finalizzato al profitto di pochi. Infatti, la domenica – intesa come giorno del riposo e della gratuità – ci garantisce, come singoli e come comunità, che le relazioni umane non si riducono a quelle economiche e che l’uomo non è solo ciò che produce.
Poi la domenica, dal punto di vista cristiano, riveste un valore religioso particolarissimo: è il giorno della risurrezione di Cristo, il fatto che cambia il senso della storia.
La domenica è il giorno in cui il cristiano è chiamato a comprendere in modo nuovo il senso della sua vita – fatta di contemplazione e azione – e, insieme, a ricomprendere l’importanza della preghiera e del lavoro come anche dell’affidarsi a Dio oltreché del contare sulla propria iniziativa. La domenica, il singolo e la comunità sono chiamati ad operare una sintesi più alta e a cogliere, con sapienza, quanto nella vita va distinto seppur non separato.
La domenica permette, in tal modo, di riscoprire una saggezza del vivere che supera facili riduzioni che si esprimono nella semplificazione per cui l’uomo è ridotto alla dimensione economica oppure ludica. Si tratta di cogliere l’uomo come “pluriformità”di dimensioni – individuale, sociale, economica, ludica, spirituale, religiosa – che, solamente in unità, esprimono la totalità, la verità e il bene della persona e ci dicono chi è veramente l’uomo.  
La domenica, infine, per il cristiano è momento privilegiato per dare le ragioni della propria speranza, vale a dire la sua speranza battesimale. La domenica richiama il giorno della risurrezione a partire dal quale si legge la storia in termini di libertà non più dipendente dal potere della storia, di qualunque potere si tratti e che, nel denaro, trova il suo emblema. Non lasciamoci rubare la domenica!
E’ bene ricordare che Dio offre all’uomo la legge del Decalogo perché quanto in essa è contenuto risponde al bene dell’uomo; insomma, Dio ci dona la legge perché è per noi un bene e ci permette di vivere in modo più umano.  
Sì, la persona è fine e mai mezzo. Sempre va riconosciuta, a cominciare da dove ha inizio la sua esistenza, là dove è più indifesa, ossia nel grembo materno. Su questo punto Papa Francesco sabato scorso, rivolgendosi ai medici cattolici, ha ripreso il n. 213 della Evangelii gaudium ed è stato chiarissimo.
Ecco le sue parole: “Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono; o usare vite umane come cavie di laboratorio per salvarne presumibilmente altre. La compassione evangelica invece è quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che “vede”, “ha compassione”, si avvicina e offre aiuto concreto” (Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al convegno commemorativo dell’Associazione dei medici cattolici italiani, 15 novembre 2014).
L’idea che soggiace alle parole del Papa è che l’essere umano, comunque sia, è sempre sacro e inviolabile, in qualunque istante della sua esistenza. Se viene meno tale punto fermo – non illudiamoci -, ogni altro punto in difesa dei diritti della persona è destinato a venir meno e, così, la persona finisce per essere sottoposta all’onda lunga del pensiero dominante che oggi c’è e domani, con la stessa facilità, viene meno.
Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco insegnano che con la sola ragione si può riconoscere il valore inviolabile della vita umana. La fede, poi, aggiunge che qualsiasi violazione della dignità della persona è anche un grave peccato di fronte a Dio creatore (cfr. Evangelii gaudium, n. 213).
La grande sfida – lo diciamo con Papa Francesco – è di tipo politico: “Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri! È indispensabile che i governanti e il potere finanziario alzino lo sguardo e amplino le loro prospettive, che facciano in modo che ci sia un lavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini. E perché – sottolinea il Papa – non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale” (Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 205).
Non a caso, nel programma della Diocesi, trova posto la dottrina  sociale della Chiesa o pensiero sociale cristiano. Quanti si avvicinano ad essa, senza preclusioni ideologiche, assumono un nuovo sguardo sulla persona e sul bene comune.
Ma, nel nostro tempo, le pregiudiziali ideologiche sono ancora ben presenti anche se, forse con troppa fretta, alcuni hanno pensato di dichiararle ormai superate. In realtà, le ideologie si sono affinate ed evolute, non hanno più la rudezza del Novecento. Il sapere ideologico, infatti, è una costante tentazione che sempre accompagna l’uomo e sempre rinasce.
La Madonna della Salute – così venerata dal nostro popolo – ci guidi verso un nuovo umanesimo, capace d’esprimersi in una rinnovata fraternità a partire dai più deboli. Un nuovo umanesimo – in questo momento impegnativo e affascinante di transizione e crisi – rappresenta la vera speranza di un reale rinnovamento, sia delle persone che della società.  
Al termine della S. Messa, poco prima della benedizione, il Patriarca ha aggiunto le seguenti parole:
Chiediamo alla Vergine Santissima di guardare la nostra città in queste settimane e in questi mesi che ci stanno davanti. Chiedere la benedizione di Dio attraverso l’intercessione della Madonna ci grava di una responsabilità: fare, fino in fondo, il nostro dovere nelle cose piccole e quotidiane, sostenere in ogni modo chi il Signore ha chiamato a governarci e contribuire al bene comune, pensando che il bene comune inizia anche da relazioni personali virtuose. Vogliamo ricordare i nostri malati – e tra questi permettetemi di ricordare i nostri sacerdoti anziani e malati -, i nostri bambini, i nostri giovani e le famiglie. Maria oggi, nel Vangelo, ci ha trasmesso la sua preoccupazione e premura particolare per una famiglia. Portiamo, allora, questa benedizione al bene grande della famiglia, cellula costitutiva della società.