Omelia nella S. Messa per l'istituzione dei ministeri del lettorato e dell'accolitato (Venezia - Basilica della Salute, 18 novembre 2012)
18-11-2012

S. Messa per l’istituzione dei ministeri del lettorato e dell’accolitato

 

(Venezia – Basilica della Salute, 18 novembre 2012)

 

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

 

Carissimi PierPaolo, German, Giacomo,

 

 

i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato che oggi ricevete  dalla Chiesa sono un momento importante del vostro cammino vocazionale che ha per meta il sacerdozio ordinato. E’, quindi, motivo di gioia che tale momento del vostro cammino verso il presbiterato avvenga nel luogo mariano per eccellenza della nostra Chiesa particolare: la Basilica della Beata Vergine della Salute, nei giorni precedenti la grande festa del 21 novembre.

 

 

Carissimi PierPaolo, German, Giacomo, da oggi la vostra  preparazione al presbiterato si arricchisce di un nuovo dono e di una nuova responsabilità; i ministeri, infatti, sono un ulteriore passo verso il presbiterato in cui sarete costituiti, ‘segni’ del Signore Gesù capo e sposo della Chiesa.

 

 

Servirete i fratelli, a cui sarete mandati come presbiteri, innanzitutto compiendo i gesti sacerdotali. Esercitare il ministero del presbiterato vuol dire, infatti, compiere – in comunione col proprio Vescovo – i gesti specifici che, di per sé, solamente Gesù-capo può compiere.

 

 

La seconda lettura di oggi ci invita a guardare al sacerdozio di Cristo e ne afferma la novità rispetto a quello antico; la diversità/novità riguarda il radicamento nell’evento Cristo, la qualità eterna del Suo sacerdozio, la Sua efficacia.

 

 

La lettera agli Ebrei rimarca: ‘Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio’ Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati‘ (Eb 10, 12.14).

 

 

Così il sacerdozio fondato sulla persona di Cristo è un sacerdozio vero, reale ed efficace che – a Dio piacendo – vi sarà dato affinché, nella Chiesa, lo esercitiate a gloria di Dio e per il bene delle anime.

 

 

Il sacramento dell’ordine situa in una posizione di servizio: tutti dovranno scorgere in voi lo stile di Gesù, nulla di meno o di diverso, semplicemente lo stile di Gesù. Ricevere in dono il Suo sacerdozio connota nell’intimo, plasma interiormente, rende idonei a compiere alcuni suoi gesti.

 

 

La preparazione al sacerdozio – il tempo del Seminario – ha, alla fine, uno scopo fondamentale e, se vogliamo, unico: saper esprimere anche sul piano umano tale somiglianza ‘ontologica’, ovvero inscritta nell’essere stesso della persona. Insomma, non si fa il prete: si è preti.

 

 

Certamente anche quando – per differenti motivi – non è più possibile esercitare il ministero, si continua a rimanere preti; Dio è fedele al Suo dono.                                                                                                                                     

 

 

Per voi, carissimi seminaristi, ricevere i ministeri del Lettorato e dell’Accolitato vuol dire iniziare una preparazione più intensa al presbiterato guardando all’unico e vero Sacerdote, Gesù Cristo.

 

 

E’ questo ciò che la Chiesa attende da voi, indicandovi un preciso programma di vita. Da oggi vi è chiesta una dedizione più generosa, così da giungere all’ordinazione sereni e gioiosi ma, anche, consapevoli di essere inseriti nel ministero apostolico come presbiteri, il secondo grado del sacramento dell’ordine.

 

 

Paolo VI così si esprime nella lettera apostolica – del 15 agosto 1972 – con cui istituiva i ministeri: ‘I candidati al presbiterato debbono ricevere, se non l’hanno già fatto, i ministeri di Lettore e Accolito, ed esercitarli per un conveniente periodo di tempo, al fine di disporsi meglio ai futuri servizi della Parola e dell’altare‘ (Ministeria quaedam, II).

 

 

Si tratta di prepararvi attraverso l’esercizio di questi ministeri ad essere – in un domani non più tanto lontano – preti, veri preti, sempre e soltanto preti.

 

 

Come lettore, carissimo PierPaolo, sei chiamato a prendere dimestichezza con la Parola di Dio considerandola, innanzitutto, per quello che è: Parola di Dio, affidata alla Chiesa. Un giorno, in quanto presbitero, parteciperai con una particolare responsabilità alla predicazione della Parola di Dio, annunciata secondo la fede e nella fede della Chiesa.

 

 

Abituati a considerare quella Parola non come una delle tante parole che risuonano e, neppure, come una tua parola: eviterai così di mettere te stesso al centro dell’uditorio, non perseguirai l’originalità del dire ma la fedeltà dell’annuncio; non rincorrerai il plauso di quanti ti ascoltano ma il bene delle anime; non penserai d’essere il salvatore di nessuno, attraverso la tua eloquenza e la tua teologia, ma semplicemente l’annunciatore di Gesù Cristo, unico Salvatore.

 

 

Essere  un vero proclamatore della parola presuppone che tu assuma con serietà, nella tua vita, quella Parola che sei chiamato ad annunciare. Questa diventi la tua regola, un segno eloquente che dai a te stesso e a quanti sarai mandato. Disponi sempre le tue scelte avendo come criterio quella Parola.

 

 

Il lettore, quindi, è tenuto a dire con tutto il suo essere quella Parola che ha accolto: questo è il primo servizio che devi compiere verso la Parola di Dio ‘ascoltandola’ fino in fondo, ossia ponendola all’inizio della tua vita, là dove ha inizio il tuo essere uomo, così da vivere ciò che annunci.

 

 

Il rito esplicativo che conclude la celebrazione dell’istituzione del lettore è chiaro: ‘Ricevi il libro delle sante Scritture e trasmetti fedelmente la parola di Dio, perché germogli e fruttifichi nel cuore degli uomini‘.     

 

 

A voi futuri accoliti, German e Giacomo, chiedo di tenere fisso lo sguardo all’altare a cui, d’ora innanzi, servirete per mandato esplicito della Chiesa; l’annunzio della Parola di Dio, infatti, avviene in stretta relazione con i sacramenti che sono i momenti privilegiati in cui Cristo comunica la sua vita.

 

 

L’altare è il luogo dove si compie l’offerta sacramentale più alta, dove la fede diventa adorazione e ha inizio il vero servizio dei fratelli, che vanno amati in Cristo e come solo Lui può insegnarci ad amare.

 

 

Gran parte dell’annuncio cristiano avviene durante la celebrazione dei sacramenti e specialmente della santa Messa. E’ proprio all’altare che la parola pronunciata sul pane e sul vino dal Vescovo – o in comunione con lui dai presbiteri – diventa ripresentazione e riproposizione dell’unico evento salvifico della croce; sappiate, allora, conformare il vostro vivere e la vostra  persona al mistero dell’altare affinché, quando a Dio piacerà, lo possiate celebrare entrando in sintonia col mistero che si compie sacramentalmente tramite il vostro ministero.

 

 

Il gesto esplicativo con cui ha termine il rito d’istituzione dell’accolito – la consegna del pane e del vino – si svolge con queste semplici parole: ‘Ricevi il vassoio con il pane [il calice col vino] per la celebrazione dell’Eucaristia e la tua vita sia degna del servizio alla mensa del Signore e della Chiesa‘.

 

 

Ancora una volta la liturgia esprime la fede della Chiesa.

 

 

Ricordo, e non solo ai novelli accoliti, che – come insegna Benedetto XVI – vi è un legame intrinseco tra celebrazione eucaristica e adorazione. La celebrazione eucaristica, infatti, è il più grande atto di adorazione della Chiesa mentre l’adorazione, al di fuori della celebrazione, prolunga e intensifica quanto in essa è avvenuto e dona ai discepoli un’accoglienza più vera e profonda di Cristo.

 

 

La Madonna della Salute, a Venezia così amata, aiuti tutti a tenere lo sguardo fisso su Gesù che – come ricorda la lettera agli Ebrei – dà origine ed è compimento della fede (cfr. Eb 12,2).