Omelia nella S. Messa per le ordinazioni diaconali (Venezia - Basilica cattedrale di S. Marco, 6 settembre 2014)
08-09-2014

Messa per le ordinazioni diaconali

(Venezia – Basilica cattedrale di S. Marco, 6 settembre 2014)

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimo Pierpaolo, carissimo Stefano,

la vostra ordinazione diaconale è motivo di vera gioia per la Chiesa che è in Venezia. Grazie per il vostro “sì” detto al Signore.

Per te, caro Pierpaolo, l’ordinazione diaconale è un momento di passaggio verso il sacerdozio e quindi, oggi, assumerai – di fronte a Dio e alla Chiesa – l’impegno di vivere con fedeltà e gioia il dono del celibato. Vivilo come è: espressione di un amore più grande nei confronti di tutti coloro –  e saranno tanti! – che il Signore porrà sulla tua strada oggi come diacono e domani, a Dio piacendo, come presbitero.

Per te, caro Stefano, l’ordinazione diaconale sarà invece il ministero nel quale ti accingi a servire in modo stabile la Chiesa che è in Venezia; un ringraziamento va anche alla tua sposa che ha unito il suo consenso alla tua scelta diaconale consentendoti, così, di poterla realizzare.

Il diacono è – nella Chiesa e nel mondo – semplicemente il segno sacramentale di Cristo “servitore”. Questo è ciò che voi siete chiamati ad essere e proprio di questo voglio riflettere, oggi, con voi e con coloro che vi accompagnano con la preghiera in questo momento ecclesiale così importante.

E’ della condizione del battezzato e, quindi, del cristiano in quanto tale servire Dio e i fratelli. Nel Nuovo Testamento i discepoli di Gesù sono coloro che servono. Col battesimo si passa dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio, vale a dire la libertà del servizio come Gesù che è venuto per servire, non per essere servito.

La parabola dei talenti (cfr. Mt 25, 14-30) è significativa poiché unisce i discepoli nell’unica categoria dei servi; ciò che in questa parabola, alla fine, distingue i protagonisti è solo la qualifica “data” al loro servizio.

La parabola interpreta il senso battesimale, della vita cristiana: il Padrone, prima di partire, affida gratuitamente dei talenti ai suoi servi e alla fine ne domanda conto. Alcuni saranno riconosciuti fedeli, altri no, come, ad esempio, il servo “malvagio e pigro”; a tutti, però, il Padrone si rivolgerà chiamandoli servi.

Ritorno alla domanda iniziale: se per il cristiano il servizio è già iscritto nel battesimo che senso ha l’ordinazione diaconale con cui si viene conformati a Cristo servo?

Il diaconato fa parte del sacramento dell’ordine, ne è il primo grado, e chi vi accede diventa segno di Cristo e, come Lui, servo del Padre e dei fratelli. Il diaconato esprime quindi il servizio a livello di realtà sacramentale e istituzionale. Il punto è proprio questo: il livello sacramentale e istituzionale.

Nella Chiesa il servizio non è solamente riconducibile alla comune radice battesimale, alla professione religiosa o ad un’altra scelta carismatica personale ma si colloca all’interno del ministero ordinato.

Il diaconato dice che il servizio nella Chiesa si dà pure al livello “sacramentale-istituzionale” e, quindi, il “servizio” caratterizza – in modo proprio – l’autorità nella Chiesa. L’ingresso nel ministero ordinato (sacramento dell’ordine) comporta, appunto, la conformazione a Cristo servo attraverso l’ordinazione diaconale.

E allora la peculiarità di chi nella Chiesa è chiamato al diaconato è il “servizio”, che è pure caratteristica propria dell’autorità nella Chiesa.

Il diaconato – primo grado del sacramento dell’ordine – dal IV secolo in poi è venuto meno fino a scomparire. Il motivo è l’affermarsi del presbiterato – il secondo grado del sacramento dell’ordine – e così il diaconato si è ridotto a momento di passaggio al presbiterato.

Tutto ciò ha comportato anche il venir meno di una riflessione sistematica sul diaconato. Solo in tempo recente – dopo il ripristino del diaconato permanente, a partire dal Concilio Vaticano II – la riflessione teologica ha ripreso vigore.

Il servizio è la cifra che esprime bene lo specifico del diaconato; ciò che chiede d’esser reso visibile, a livello di spiritualità e di azione  pastorale, è proprio il servizio. Il diacono o è servitore della Chiesa o viene meno alla sua vocazione.

Servizio vuol dire obbedienza, umiltà, povertà. Carissimi Pier Paolo e Stefano questo è il programma spirituale che vi farà grandi come diaconi. Non è vero che tutti i diaconi sono uguali, come non è vero che lo sono tutti i presbiteri e i vescovi. E questo il popolo cristiano lo percepisce.

La teologia del diaconato può attingere con profitto alle grandi figure dei diaconi del passato e del presente, come ha fatto e fa la teologia del presbiterato e dell’episcopato guardando le grandi figure di presbiteri e vescovi.

E’ bene conoscere grandi figure di diaconi – Stefano, Lorenzo, Efrem e, pure, di diaconi a noi vicini come Marcello Candia – e così comprendere come, pur in contesti differenti, tutti si sono lasciati condurre dallo Spirito, testimoniando la specificità del servizio. Questo vi aiuterà a comprendere chi siete, la vostra identità, la caratteristica propria del diacono: siete il segno di Cristo, il servo del Padre, dei fratelli, della Chiesa, dell’intera umanità.

Richiamiamo in particolare la figura di Lorenzo – protodiacono della Chiesa romana, primo collaboratore di papa Sisto II – perché la sua testimonianza arricchisce la teologia, la spiritualità e la pastorale di un diaconato più vivo e più missionario.

Si tratta di dare nuova linfa ad un ministero inteso non più come puro “passaggio” ma capace d’esprimersi con fecondità nella vita della Chiesa.

Lorenzo – capo dei diaconi della Chiesa di Roma – colpiva per le sue doti umane, per la sua delicatezza d’animo, per il suo ingegno, per la sua fortezza. Queste virtù, carissimi Pierpaolo e Stefano, dovete perseguire; infatti, in contesti di profonda secolarizzazione e scristianizzazione o – come dice papa Francesco – nelle periferie esistenziali, queste doti umane e virtù cristiane sono, per il diacono, non solo utili ma necessarie. Sono il primo Evangelo che noi annunciamo alla gente.

Quando il 30 agosto dell’anno 257 Sisto II salì al soglio di Pietro – per un pontificato che sarebbe durato meno di un anno – volle accanto a sé l’antico discepolo e amico Lorenzo. I due, alla fine, suggellarono la vita di comunione e amicizia morendo per mano dello stesso persecutore, separati solamente da pochi giorni (cfr. Valentino Del Mazza, L’ideale del cristiano. Seguendo san Lorenzo Martire, Roma 1960, 9-12).

La vicenda di Lorenzo e il legame che lo strinse al suo vescovo, il  papa Sisto II, ci forniscono importanti elementi di spiritualità anche in vista dell’impegno pastorale odierno.

A voi novelli diaconi e a quanti vi hanno preceduto nel passo che ora voi state compiendo, propongo tre spunti spirituali:

1) il diacono è chiamato e abilitato al servizio della carità e, perciò, deve sempre essere unito all’altare, luogo dove si celebra l’Eucaristia, ossia la Pasqua di Cristo dalla quale scaturisce ogni carità;

2) il diacono poi è unito in modo particolare al Vescovo che, in quanto sommo sacerdote della Chiesa particolare, presiede l’Eucaristia che è la fonte di ogni carità e servizio;

3) il diacono, infine, in forza del sacramento ricevuto e, quindi, non solo per scelta personale, è chiamato a farsi carico della cura dei poveri, sia nel servizio delle mense (opere di misericordia corporali) sia nel servizio della Parola (opere di misericordia spirituali).

Carissimi Pier Paolo e Stefano, abbiate sempre nella mente e nel cuore i poveri; siate disponibili anche al dono totale di voi stessi come Cristo; Lorenzo non esitò di fronte alla testimonianza suprema della carità: il martirio!

Il diaconato e i diaconi sono una vera ricchezza per la Chiesa; la bellezza e l’eroicità di figure come quella di Lorenzo aiutano a comprendere lo specifico del ministero diaconale.

Carissimi Pierpaolo e Stefano, siete ordinati “per il servizio”, siete costituiti “per il servizio”, siete mandati “per il servizio” e ciò non solo per vostra scelta personale ma in quanto ministri della Chiesa; siate sempre fedeli a ciò che fra poco diventerete per l’imposizione delle mani del Vescovo.