Omelia nella S. Messa per le ordinazioni diaconali (Venezia, Basilica cattedrale di S. Marco, 6 ottobre 2013)
06-10-2013
S. Messa per le ordinazioni diaconali
(Venezia, Basilica cattedrale di S. Marco, 6 ottobre 2013)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
 
 
Carissimi German, Nicola e Raffaele, cari fedeli, sia lodato Gesù Cristo!
Con animo grato al Signore viviamo tutti questo momento di grazia per la Chiesa che è in Venezia e per la Chiesa universale; tre nuovi diaconi sono, infatti, l’espressione concreta dell’amore di Dio.
Fra poco si ripeterà il gesto liturgico dell’imposizione delle mani da parte del vescovo, il gesto di cui parla la seconda lettera a Timoteo – che abbiamo appena ascoltata – in cui l’apostolo Paolo si rivolge al discepolo prediletto con queste parole: ‘‘ ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani‘ (2 Tm 1,6).
E’ un gesto che ci riporta ai primordi del cristianesimo e con cui si rinnova, da duemila anni, la trasmissione del ministero apostolico. Voi, oggi, carissimi German, Nicola e Raffaele, ricevete il ministero ordinato nel primo grado: il diaconato.
L’odierna seconda lettura termina con l’esortazione di Paolo affinché il carissimo Timoteo custodisca il buon deposito – il contenuto del ministero apostolico – con l’aiuto dello Spirito Santo che viene donato proprio attraverso l’imposizione delle mani e la preghiera di consacrazione (cfr. 2 Tm 1,14).
Si tratta di un gesto che, nella sua essenzialità, dice elezione e, insieme, trasmissione di potere; un gesto – e un rito – che non intendono riconoscere doti o qualità umane o meriti particolari.  Nulla di tutto ciò! 
Il gesto dell’imposizione delle mani intende esprimere piuttosto, in modo eloquente, quanto il Nuovo Testamento dice della gratuità della scelta compiuta da Gesù che in modo pienamente libero, sceglie e manda in missione chi Egli vuole. In proposito l’evangelista Marco narra: ‘Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici‘ (Mc 3,13-16). I Dodici, poi, scelsero i diaconi.
Oggi, carissimi German, Nicola e Raffaele, attraverso questo gesto siete ad un tempo accolti, ossia, scelti, siete eletti e siete mandati dallo stesso Gesù tramite la sua Chiesa.
Il gesto dell’imposizione delle mani si completerà con le parole della formula di consacrazione pronunciate dal Vescovo, in cui si proclama che gli eletti vengono costituiti per servire. Le parole centrali della preghiera d’ordinazione recitano: ‘Ti supplichiamo, o Signore, effondi in loro lo Spirito Santo, che li fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché compiano fedelmente l’opera del ministero‘ (Preghiera d’ordinazione).
Si tratta di un gesto – lo ripetiamo – che non intende indicare meriti o riconoscere doti particolari; è, semplicemente, un gesto d’elezione al ministero apostolico che, in modo del tutto gratuito, conferisce il potere sacramentale di Cristo-servo.
Carissimi German, Nicola e Raffaele, come diaconi, da oggi, siete chiamati ad esercitare il servizio, non più solo nei termini di impegno personale di tipo ascetico-spirituale ma all’interno della realtà sacramentale in cui oggi venite costituiti. Il ministero del diacono, infatti, è espressione visibile e reale del servizio di Cristo obbediente al Padre.
Già nel Nuovo Testamento, insieme all’episcopo e ai presbiteri,si danno i diaconi che, in seguito, si delineano, in modo sempre più preciso, come figure ministeriali. Così, all’inizio del secondo secolo, il ministero del diacono si presenta già con contorni precisi, ponendosi come grado primo della gerarchia.
A tale riguardo la testimonianza di Ignazio di Antiochia ci pone di fronte al quadro dell’ecclesiologia subito successiva all’età apostolica. Le lettere di Ignazio – che muore martire nell’anno 107 – esprimono un grande amore per Cristo e la Chiesa. Ed è proprio in questi scritti che, per la prima volta, troviamo espressioni divenute in seguito abituali come Chiesa cattolica e Cristianesimo che sono neologismi creati dallo stesso Ignazio.
Ignazio con la sua testimonianza ci apre anche una finestra sulla vita della Chiesa della sua epoca. In particolare – ed è ciò che a noi interessa – per la prima volta, in questi scritti, il ministero apostolico appare chiaramente suddiviso in tre differenti uffici: vescovi, presbiteri e diaconi.
Di questa testimonianza ignaziana desidero sottolineare due elementi che bene caratterizzano il primo grado del sacramento dell’ordine o diaconato.
Sono due consegne spirituali che desidero affidarvi in questo giorno, per voi, così importante e che spero vi accompagnino per il tempo in cui eserciterete il ministero che oggi la Chiesa vi conferisce con l’ordinazione; si tratta di due spunti tratti dalle lettere di Ignazio.
Negli scritti di Ignazio, il diacono, per un verso, appare sempre dopo il vescovo e i presbiteri, in posizione subordinata e in atteggiamento d’obbedienza: ”[il diacono] – scrive Ignazio – sottomesso al Vescovo come alla grazia di Dio e al presbitero come alla legge di Gesù Cristo‘ (Ad Magnesios, 2)
Per un altro verso, Ignazio esprime grande considerazione per il ministero diaconale; nella lettera indirizzata alla Chiesa di Magnesia, sottolinea l’importanza di questo ministero che si comprende realmente solo in riferimento a Gesù, eterno Figlio del Padre: ‘[il diaconato è]- spiega Ignazio – il ministero di Gesù Cristo che era presso il Padre prima dei secoli e si è rivelato alla fine dei tempi‘ (Ad Magnesios, 6,1).
E’ proprio questa duplice realtà teologico-spirituale del ministero diaconale che oggi affido a voi, diaconi novelli. Chi è costituito nel ministero diaconale, infatti, deve distinguersi sia per la sua umiltà sia per la consapevolezza che ha d’essere una nuova presenza, viva e reale, di Cristo-servo.
Carissimi German, Nicola e Raffaele, siate consci dell’importanza ecclesiale del vostro ministero; infatti, da oggi, Gesù Cristo è presente in voi in modo nuovo e particolare. Siate consapevoli che col diaconato entrate – in modo sacramentale – a servizio del vescovo, dei presbiteri e dell’intera comunità ecclesiale.
Così il servizio, che nella Chiesa è impegno di tutti i battezzati, in voi – costituiti nel primo grado del sacramento dell’ordine – si fa presente in modo nuovo e oggettivo, tramite gli atti che compirete e che da oggi siete tenuti ad esercitare.
 
 Infine, non possiamo non sottolineare come due dei nuovi diaconi appartengano alla famiglia francescana, all’ordine dei Cappuccini e, quindi, a Francesco d’Assisi. Francesco – lo dico per chi non lo sapesse – era diacono, e mai volle accedere al sacerdozio non ritenendosene degno.
Quando Francesco rinunciò a ogni cosa terrena per aderire solamente a Dio, non ebbe altra preoccupazione se non quella di “vivere – come lui diceva – secondo la norma del santo Vangelo” imitando in tutto Cristo povero e umile; vivendo pienamente dedito a questa norma, allo stesso modo, interpretò il ministero di diacono.
Il mio augurio è che ognuno di voi, carissimi diaconi, possa incarnare, al meglio e secondo la propria vocazione, nel ministero che oggi vi è conferito e per il bene della Chiesa, il grande carisma di Francesco: l’umiltà.
Francesco, infatti, per umiltà, non volle diventare presbitero; si dedicò però, con grande passione e scrupolo, al ministero della parola passando di paese in paese, di contrada in contrada, accostando tutti senza distinzioni e rivolgendo a tutti il messaggio espresso nel semplice motto: ‘Pace e Bene’. In ogni cosa, Francesco era sempre essenziale, semplice e la sua parola misurata risuonava, però, ricca di contenuto evangelico.
Tommaso da Celano – il suo primo biografo – ci consegna il profilo del diacono Francesco e  lo presento a voi, cari diaconi, perché imitiate il poverello d’Assisi che, secondo la testimonianza del suo primo biografo, ” riempiva ogni terra del Vangelo di Cristo, annunciando il Regno di Dio ed edificando gli ascoltatori non meno con l’esempio che con la parola – de toto corpore fecerat linguam‘ (Tommaso da Celano, I, 97).
Carissimi German, Nicola e Raffaele, la Vergine Immacolata vi accompagni nel vostro servizio quotidiano a Cristo e alla Chiesa, ad ogni uomo e donna che Dio vorrà porre sul vostro cammino.