Omelia nella S. Messa per il 150° anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Papa Pio X (Castelfranco Veneto, 7 settembre 2008)
07-09-2008

Duomo di Castelfranco Veneto

 

150° anniversario di Ordinazione sacerdotale di San pio X

 

Solenne Concelebrazione eucaristica[1]

 

Castelfranco Veneto, 7 settembre 2008

 

Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia

 

1. « Come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori’ Così, affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (Prima Lettura, 1Ts 2, 4.8).

Eccellenza Reverendissima, cari confratelli nel ministero ordinato, religiosi, religiose, diaconi e voi tutti fratelli e sorelle in Cristo. Questa straordinaria affermazione di Paolo ben si presta ad interpretare il senso dell’odierna celebrazione. La diocesi di Treviso e, attraverso di essa, le Chiese del Nord Est rappresentate dal Patriarca, intende venerare la grande figura di San Pio X. Rivive in questo gesto quello compiuto 100 anni fa dal Beato Vescovo Andrea Giacinto Longhin e ripreso dal Beato Giovanni XXIII nel 1958. Anche oggi, 150 anni dopo l’ordinazione sacerdotale dell’esimio sacerdote, vescovo e Papa, noi siamo qui convenuti mossi dalla sua santità. Sono passati molti anni ma la figura di Papa Sarto continua a parlarci, a chiamarci in causa, a pro-vocarci. I Santi sono sempre attuali. Così San Pio X ancor oggi ci muove e ci commuove proprio perché la sorgente della sua carità pastorale sta nel primato di Dio come supremo inter-esse della propria vita («’ non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio», 1Ts 2, 4). Inter-esse: ‘essere tra’, Dio diventa la ragione adeguata di ogni rapporto.

Il grande Agostino, a commento della triplice domanda/consegna di Gesù a Pietro, narrata dall’indimenticabile brano del Vangelo di Giovanni che abbiamo sentito proclamare, scrive: «Se mi ami, non pensare a pascere te stesso, ma pasci le mie pecore come mie, non come tue; cerca in esse la mia gloria, non la tua; il mio dominio, non il tuo» (Agostino, Comment. In Joan. 123, 5). Così fece il pastore Giuseppe Sarto lungo tutto l’arco del suo ministero ordinato.

 

 

2. Se Dio è ciò che mi inter-essa allora il nesso intrinseco tra l’annuncio del Vangelo ed il dono totale di sé («non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita» 1Ts 2, 8) diventa per l’uomo l’esaltante strada della riuscita, della santità. Ed il Pastore, quale fu San Pio X, diventa Padre. (L’identificazione tra Pastore e Padre è un tema costante nel magistero di Giovanni XXIII).

 

Nella sua poliedrica azione pastorale il Sarto praticò alla lettera le virtù del Buon Pastore. «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte» (Prima Lettura, Ez 34, 16). Questa analitica descrizione del pastore, che passa in rassegna le sue pecore una ad una avendo per ciascuna una cura particolare, ci dice che Dio ama ogni singolo. L’amore, infatti, è sempre personale; si rivolge non a una massa anonima, ma alla persona che è unica ed irripetibile. Il paradigma di questo amore personale che Gesù ci rivela nella sua radicalità («il Buon Pastore offre la vita per le sue pecore») è l’amore che il Padre ha da sempre per ogni sua creatura. E noi che siamo amati in questo personalissimo modo dal Padre facciamo eco a questo amore nella nostra esistenza quotidiana?

 

3. Rinnoviamo quindi ora i nostri cuori, carissimi, a partire dall’azione liturgica per la quale Cristo ci ha qui convocati. In San Pio X infatti l’essere Padre, Pastore e Maestro si fonda nell’Eucaristia, autentico fulcro dell’azione pastorale e magisteriale. Nell’azione eucaristica, infatti, il sacerdote in persona Christi ripropone il sacrificio del Buon Pastore che si offrì «al suo divin Padre per noi, sacerdote e vittima al tempo istesso» (Patriarca Giuseppe Sarto, Atti del XIX Congresso Eucaristico Nazionale, Venezia 1897, 402).

Con profonda sapienza cristologia il Patriarca Sarto approfondisce – con una formula che gli è cara – il ‘miracolo dell’Eucaristia’: «Nell’Eucaristia Gesù discende per annientarsi; la immensità si restringe, la possanza si limita, la grandezza si abbassa, la gloria si eclissa [‘] perché se Gesù Cristo in tutti gli altri misteri della sua vita mortale, benché umiliato, ritenne qualche prerogativa dell’esser divino, nella Eucaristia tutto è esinanito fino alla sua umanità velata sotto il simbolo del sacramento» (dalla Pastorale del 14 dicembre 1899, in G. Sarto, Le Pastorali del periodo veneziano [1899-1903], a cura di A. Niero, Quaderni della Fondazione Giuseppe Sarto 3, Spinea 1991, 62-64).

Da qui, nella progressiva e paziente immedesimazione del discepolo col Maestro, viene la santità di ogni cristiano. In particolare la norma ascetica di ogni pastore potrebbe essere riassunta in quella semplice ma radicale di Giovanni Battista: «Egli deve crescere ed io diminuire» (Gv 3, 30). San Pio X l’ha custodita e praticata fin dagli albori della sua vita sacerdotale.

4. Oggi è la vigilia della Festa della Natività della Beata Vergine Maria. Nell’Enciclica scritta in occasione del 50° della Proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, in tempi non meno difficili del nostro, Papa Sarto invita tutti i fedeli alla speranza certa che il disegno buono del Padre, di cui la Santa Vergine è la primizia, non ci abbandonerà mai.

«’L’arcobaleno sarà nelle nuvole e nel vederlo io mi ricorderò del patto eterno. E non ci sarà più diluvio per ingoiare la carne del mondo’. Non c’è dubbio che, se noi ci affidiamo come conviene a Maria, noi sentiremo che Ella è sempre quella Vergine potentissima ‘che col suo virgineo piede ha schiacciato la testa del serpente’» (Pio X, Ad diem illum laetissimum, 2 febbraio 1904). La speranza cristiana diviene in Maria totalmente affidabile. Affidarsi a Maria per giungere a Gesù è la strada per vincere il male. Anzitutto in noi e poi anche fuori di noi.

 

5. Con questo atteggiamento realistico il cristiano deve stare nella realtà abbracciandola tutta intera con umile positività. Le questioni scottanti che agitano la nostra società post-secolare, la verità dell’amore, del matrimonio e della famiglia, la vita dal concepimento fino al suo termine naturale, la giustizia, la pace, la fame, la miseria, le strabilianti scoperte scientifiche, la custodia della terra, i problemi dell’immigrazione e quelli della giusta istanza di sicurezza debbono incontrare un cristiano protagonista non perché teso all’affermazione di sé, e tantomeno a quella della Chiesa, ma perché, abbandonandosi all’amore del Buon Pastore, comunica, in modo convincente, il bell’amore. Infatti Cristo ci ha amati per primo e questo ci fa testimoni, umili ma coraggiosi e tenaci. A tutti i nostri fratelli uomini, nessuno escluso, noi offriamo l’intensa esperienza umana che la vita della comunità cristiana ci regala.

«Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare» (Ez 34,15)’ «Il pascolo di coloro che sono eletti [ santi ] è la presenza del volto di Dio, e guardandolo, senza che esso venga mai meno, la mente si sazia in eterno del cibo della vita. Cerchiamo quindi, fratelli carissimi, questi pascoli, in cui possiamo gioire nella solenne festosità di cittadini tanto grandi. Facciamo in modo di essere attirati dalla stessa festosità di coloro [ i santi ] che sono felici. Accendiamo dunque il nostro animo, fratelli, la fede venga riscaldata da ciò in cui hanno creduto, i nostri desideri si accendano per i beni celesti, e in questo modo amare significa già incamminarsi» (Gregorio Magno, Hom. 14, 3-6; PL 76, 1129-1130). Sia così oggi per noi, figli e fratelli carissimi, nei confronti di San Pio X, così che anche per noi amare significhi già incamminarci. Amen.


[1] Ez 34, 11-16; dal Salmo 22; 1Ts 2, 2-8; Gv 21, 15-17.