Omelia nella S. Messa per i funerali di don Guido Scattolin (Mestre / Chiesa parrocchiale di Santa Barbara, 10 marzo 2021)
10-03-2021

S. Messa per i funerali di don Guido Scattolin

(Mestre / Chiesa parrocchiale di Santa Barbara, 10 marzo 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

desidero rivolgermi a tutti voi che avete voluto e volete bene a don Guido, innanzitutto ai familiari, ai fratelli, alle sorelle, ai cognati e ai nipoti che gli sono stati vicino con affetto, passo dopo passo, momento dopo momento; abbiamo visto una bella famiglia.

Don Gianni Bernardi, insieme alla famiglia, è esecutore delle ultime volontà di don Guido e ci ha espresso il desiderio di don Guido sullo svolgimento del funerale; lo osserveremo con attenzione.

Saluto don Valter – che ci accoglie ed è successore di don Guido con cui ha condiviso fino alla fine, finché è stato possibile, la guida pastorale della parrocchia – e la comunità di Santa Barbara che oggi ci accoglie; saluto, infine, le comunità e le persone che hanno beneficiato del ministero sacerdotale di don Guido.

Nel Vangelo appena proclamato Gesù – pochi giorni prima della passione – avverte i discepoli del destino che li attende e che in modo indissolubile li unisce a Lui: “In verità … vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore” (Gv 12,24-26).

Don Guido ha vissute e rese “vere”, fino alla fine, queste parole di Gesù. Oggi siamo profondamente addolorati ma, soprattutto, siamo grati a don Guido per la testimonianza che ci ha dato.

Nella vita, ma soprattutto nella morte, si vede la consistenza di una persona. Il Signore ha voluto che, seppur in modi diversi, noi fossimo testimoni della fede di don Guido; una fede che è diventata, via via, testimonianza d’amore.

Sì, solo l’amore è credibile, ma è vero che solo la fede dà vita all’amore. La testimonianza di don Guido è stato un bel dono, non solo per i suoi amici e familiari ma per l’intera Chiesa che è Venezia.

Caro don Guido, sei stato un sacerdote umile, pacato, mai ti sei messo in mostra o hai cercato di fare notizia sui giornali o sui social; anzi, hai lasciato detto che durante il tuo funerale non ci fossero discorsi, se non l’omelia del Patriarca.

Caro don Guido, mettere per iscritto questi pensieri per me ha voluto dire ripercorrere le tappe della tua malattia, rivedere il tuo sguardo, risentire la tua voce sempre pacata, mai un lamento o una recriminazione; è stato bello ma, credimi, molto doloroso.

La tua fede è stata, per me, motivo d’esame di coscienza. Una fede coraggiosa e serena sempre, anche in quei giorni in cui era per te come arrampicarsi su una parete verticale.

Tu, da subito, hai lasciato che Dio ti conducesse là dove tu non sapevi, in quel cammino oscuro e luminoso che conduce alla terra promessa e a cui, lentamente e faticosamente, ti avvicinavi giorno dopo giorno.

Col tuo sguardo, le tue parole e a volte il tuo silenzio ci “dicevi” la presenza del Signore. Sì, Gesù, buon pastore, ti ha condotto per sentieri scoscesi e per alte cime, tu che amavi le montagne; quanto eri legato a San Vito di Cadore e alla casa estiva del nostro Seminario!

Questo abbandonarti nel Signore – lo si capiva subito – non era frutto del caso, ma il risultato di tanti sì detti nella tua vita, nelle piccole e grandi circostanze.

Vengono alla mente le parole dell’apostolo Paolo che, al termine della sua vita, scrive: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione” (2Tim 4,7-8).

Sì, in questo senso, don Guido sei stato un vero combattente, sino alla fine, senza mai venir meno; solo Dio, però, conosce il prezzo che hai pagato.

Giorno dopo giorno Dio ha scalpellato, anche con colpi duri, la tua anima e ti ha guidato ad una più profonda amicizia con Lui.

Soltanto se si è fedeli nella prova si diventa amici di Dio. Così è stato per Abramo, per gli antichi patriarchi, per i profeti, gli apostoli, i santi e le sante dell’Antico e Nuovo Testamento; così sarà per ciascuno di noi.

Ora, caro don Guido, abiti in Dio e noi, un giorno, saremo con te e col Signore per sempre: questo è il Paradiso dove non vi è più pianto e dolore.

Desidero qui ricordare il fratello Piero, così legato a don Guido e che l’ha preceduto di poco nella casa del Padre.

Fortezza, equilibrio, pazienza e serenità sono le virtù che abbiamo ammirato in don Guido. Colpiva sentirlo parlare delle sue condizioni di salute con pacatezza, calma e misura, come colui che sa d’essere saldamente nelle mani di Dio. Dopo aver parlato con lui ci si interrogava su tante cose circa la propria vita; a me, almeno, è capitato così.

Si può essere forti, equilibrati, pazienti e sereni, nei momenti duri della vita, solo se Dio abita in noi, se Dio è una presenza viva e se, alla fine, realmente, contiamo su di Lui e non su di noi.

La domanda, posta da Paolo nella prima lettura, è quindi pertinente: ”Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (…) Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo…? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire… né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rom 8,31.35.37-39).

È qui che troviamo il fondamento della fortezza, dell’equilibrio, della pazienza e della serenità di don Guido, nonostante tutto.

La presenza di Gesù dà forza e non permette che siamo sopraffatti, anche quando non si hanno più appigli umani. A questo proposito, in un breve scritto al quale affidava le sue volontà, prima di un intervento, don Guido scriveva: “Domani mi attende un intervento chirurgico piuttosto impegnativo anche se ormai piuttosto comune e quindi anche sicuro. In ogni caso, qualunque cosa mi accada, mi affido alle mani del Signore. Comunque so di essere in buone mani… A tutti un grazie di cuore per il bene che mi avete voluto e la pazienza di sopportarmi. Ci ritroveremo e la “gioia” sarà piena. ADDIO”.

Ritornando col pensiero alla sofferenza di don Guido, viene alla mente ciò che l’apostolo Paolo scrive ai Corinzi: “Non ci scoraggiamo… se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne” (2Cor 4,16-18). Sì, oramai da tempo, don Guido aveva lo sguardo rivolto alle cose invisibili.

La testimonianza del cristiano non è mai separata dalla vita, anzi, s’inscrive in essa perché, se Dio parla nella Scrittura e nei grandi avvenimenti della Storia della Salvezza, nondimeno parla nella nostra vita.

La morte edificante di un prete viene data come cosa scontata e, invece, la morte non è mai qualcosa di scontato, di acquisito. La morte di un prete è piuttosto un evento che parla, in modo eloquente, ad una comunità.

Carissimo don Guido, tu hai saputo parlarci in modo convincente ed eloquente. Arrivederci in cielo. Non sappiamo quando, ma sappiamo che ci rivedremo.

La nostra Madonna della Salute – che ha un legame particolarissimo con i preti veneziani e che spesso abbiamo pregato insieme, nei giorni della tua malattia – ti prenda per mano e ti conduca a Suo Figlio per godere della gioia eterna che non ha mai fine, quella gioia che, a lungo, hai atteso su questa terra.

Ai fratelli, alle sorelle, ai cognati, ai nipoti e in modo particolare a Daniela, a tutti un abbraccio nel Signore.