Omelia nella S. Messa nella Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato (Chiesa parrocchiale Sacro Cuore di Mestre - 19 gennaio 2014)
19-01-2014
S. Messa nella Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato
(Chiesa parrocchiale Sacro Cuore di Mestre – 19 gennaio 2014)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Cari fratelli e sorelle,
oggi – 19 gennaio 2014 – celebriamo la centesima Giornata del Migrante e del Rifugiato nata sotto il pontificato di Benedetto XV per accrescere l’attenzione verso gli emigrati italiani; l’impulso fu dato, però, dal suo predecessore, il veneto Giuseppe Sarto, san Pio X, di cui proprio quest’anno ricordiamo il centenario dalla morte.
A un secolo di distanza, Papa Francesco – nel suo messaggio “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore” – ripropone e amplia il medesimo dramma, guardando all’essenziale: l’uomo.
“Migranti e rifugiati – ricorda il Santo Padre – non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità. Si tratta di bambini, donne e uomini che abbandonano o sono costretti ad abbandonare le loro case'” (Papa Francesco, Messaggio “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore” in occasione della Giornata del Migrante e del Rifugiato 2014).
È necessario conoscere il fenomeno migratorio nelle sue motivazioni sociali, economiche e politiche ma, soprattutto, saperlo leggere con sapienza alla luce dei segni dei tempi e della Parola di Dio, nella consapevolezza che, perdurando l’attuale quadro internazionale, il fatto riguarderà un numero sempre maggiore di uomini, donne e bambini.
Per il discepolo del Signore la fede non si riduce a scelta individuale che si esprime in singoli episodi ma deve caratterizzare il vivere sociale.
Tutti siamo rimasti colpiti dalla spontaneità pronta e generosa degli abitanti di Lampedusa che, personalmente, si sono dati da fare per salvare chi – dopo uno dei tanti viaggi detti della “speranza” – stava per annegare a pochi metri dalla riva.
Ma la fede, oltre a chiamare in causa l'”io”, ha una sua ineludibile dimensione sociale, politica, pubblica.
Come ama ricordare Papa Francesco – che ha voluto, come suo primo viaggio pastorale, recarsi proprio a Lampedusa – la fede si esprime nella cultura della solidarietà, dell’inclusione e non dello scarto. L’accoglienza è la risposta alla globalizzazione dell’indifferenza. E proprio tale dimensione culturale-politica diventa necessaria per costruire una società che sia realmente a misura d’uomo. 
Nel messaggio per l’odierna Giornata Papa Francesco richiama poi l’enciclica Caritas in veritate: “Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali'” (Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 62).
Si offre qui un progetto per costruire una società accogliente, in grado d’integrare e valorizzare l’altro creando, in tal modo, quella novità da cui nasce una convivenza capace di rigenerare.
Come ci ha appena ricordato il Vangelo, per il cristiano la forza “rigenerativa” viene da Gesù e dal battesimo. Infatti, proprio indicando Gesù, Giovanni Battista esclama: «Io non lo conoscevo, ma proprio Colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il figlio di Dio» (Gv 1, 33-34).
 Dinanzi al fenomeno delle migrazioni, che oggi assumono sempre più dimensioni bibliche, è richiesta una condizione previa: il superamento dei piccoli e dei grandi pregiudizi. La cultura del pregiudizio va vinta! Si tratta di superare il tarlo del preconcetto; solo oltrepassandolo, si potrà guardare in modo nuovo al fenomeno delle migrazioni.
La svolta sta nell’esser convinti che non sono i criteri dell’efficienza, della produttività, dell’appartenenza sociale, etnica o religiosa a fondare, in ultima istanza, la dignità della persona ma, piuttosto, l’esser creati a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1, 26-27) e, ancor più, l’essere figli di Dio. Ogni essere umano, infatti, è figlio di Dio e in lui è impressa l’immagine di Cristo.
E san Paolo – nella seconda lettura – si rivolge alla giovane, variegata, cosmopolita Chiesa che è in Corinto e a tutti, senza esclusioni, propone la chiamata alla santità che estende anche a quanti si trovano in altro luogo.
Ecco come l’Apostolo s’esprime: “‘a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro” (1 Cor 1,3).
L’Apostolo ripropone, nella santità, la cultura dell’inclusione e dell’accoglienza che supera ogni discriminazione e scarto; si tratta di un messaggio importante da far risuonare proprio in questa Giornata.
Anche a loro – ai migranti e ai rifugiati – viene offerta quella che, per il cristiano, è la più grande ricchezza della storia sia per i singoli sia per l’intera umanità, ossia la santità di Cristo.  
Concludo con le belle parole di papa Francesco della Evangelii Gaudium; parole che, come sempre, ci aiutano a riflettere: “I migranti  – dice il Santo Padre – mi pongono una particolare sfida perché sono Pastore di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti. Perciò esorto i Paesi ad una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali. Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!(Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, n. 210).