Omelia nella S. Messa nella basilica di S. Giorgio Martire per la festa del patrono (Venezia, 28 aprile 2014)
28-04-2014
S. Messa nella basilica di S. Giorgio Martire per la festa del patrono
(Venezia, 28 aprile 2014)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Reverendissimo Abate,
ringrazio per l’invito a celebrare in occasione della festa del patrono Giorgio e dell’avvenuto restauro della statua del santo; rivolgo il mio saluto cordiale alla comunità dei monaci benedettini, ai fedeli e a quanti, a vario titolo, si sono impegnati nei menzionati lavori di restauro.
Giorgio, originario della Cappadocia, probabilmente visse nel III secolo e morì a Lydda, in Terra Santa; si ritiene che la data della morte sia l’anno 303 e, comunque, prima del 313, anno dell’editto di Costantino.
Il Messale Romano riporta, infatti, questi dati: ‘Giorgio, il cui sepolcro è a Lidda (Lod) presso Tel Aviv in Israele, venne onorato, almeno dal IV secolo, come martire di Cristo in ogni parte della Chiesa. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. La sua memoria è celebrata in questo giorno anche nei riti siro e bizantino‘.
Giorgio deriva dal greco ‘gheorgós’ e indica ‘colui che con abilità coltiva la terra’; troviamo questo nome in Virgilio, nelle ‘Georgiche’.
La sua figura non presenta contorni precisi ed anzi risulta avvolta dall’oscurità; da secoli, infatti, gli studiosi cercano di stabilire chi egli realmente fosse, quando e dove sia vissuto provando, in tal modo, a dividere i dati storici da quelli leggendari.
         Le poche notizie che ci sono giunte – come ricorda Antonio Borelli che di seguito citiamo – provengono dalla ‘Passio Georgii’ che il ‘Decretum Gelasianum’, del 496, classifica tra le opere apocrife e – si presume – non autentiche e, inoltre, in opere letterarie successive come ‘De situ terrae sanctae’ di Teodoro Perigeta del 530 ca. il quale attesta che a Lydda (Diospoli), oggi Lod presso Tel Aviv in Israele, vi era una basilica costantiniana, sorta sulla tomba di san Giorgio e compagni, martirizzati verosimilmente nel 303 durante la persecuzione di Diocleziano; detta basilica era già meta di pellegrini prima delle Crociate, fino a quando il sultano Saladino (1138-1193) la fece abbattere. La notizia viene confermata anche da Antonino da Piacenza (570 circa), da Adamnano (670 circa) e da un’epigrafe greca, rinvenuta ad Eraclea di Betania (datata 368) e che parla della ‘casa o chiesa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e  compagni’.
         Il santo, comunque, gode di universale notorietà; è protettore di Stati e di città in Europa e nel nuovo mondo e, inoltre, di varie categorie di persone ed antichi ordini di cavalieri, fino ad arrivare ai boy scouts. La Chiesa d’Oriente lo chiama il Megalomartire (il grande martire). Sempre in Oriente, poi, è venerato come uno dei ‘quattordici santi ausiliatori’; viene, infine, considerato modello di cavalleria e difensore delle donne.
Si capisce, quindi, come il culto diffuso nel tempo e nello spazio, abbia superato le perplessità sorte in seno alla Chiesa, che in mancanza di notizie certe e comprovate sulla sua vita, nel 1969 lo ascrisse a memoria facoltativa, conservandone il ricordo e permettendo che i fedeli, ovunque è venerato, possano continuare a tributargli la loro devozione millenaria.
La leggenda del drago comparve solo molti secoli dopo (nel Medioevo) quando – soprattutto grazie a Jacopo da Varagine (‘1293), e alla sua ‘Leggenda Aurea’ – si presenta Giorgio come cavaliere eroico, un elemento che profondamente influenzerà gli artisti e molto ampiamente la fantasia popolare.
Il racconto è noto: nella città di Silene, in Libia, vi era un grande stagno, tale da nascondere un drago, il quale si avvicinava alla città e uccideva con il fiato ammorbante le persone che incontrava. I poveri abitanti gli offrivano per placarlo, due pecore al giorno e, quando queste cominciarono a scarseggiare, una pecora e un giovane tirato a sorte.
Un giorno la sorte toccò alla giovane figlia del re, il quale offrì in cambio il patrimonio e metà del regno. Ma il popolo si ribellò a tale proposta, avendo visto morire tanti suoi figli e,  alla fine, il re dovette cedere.
Passò proprio in quel frangente il giovane cavaliere Giorgio il quale, saputo dell’imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendo il suo intervento per salvarla.
Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li rassicurò dicendo: ‘Non abbiate timore, Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: abbracciate la fede in Cristo, ricevete il battesimo e ucciderò il mostro’.
La leggenda era sorta al tempo delle Crociate, influenzata da una falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, trovata a Costantinopoli, dove il sovrano schiacciava col piede un drago, simbolo del ‘nemico del genere umano’.
Concludiamo la riflessione attingendo dai «Discorsi» di san Pier Damiani che ci insegna come  La festa odierna – così si rivolge il santo vescovo ai suoi fedeli – raddoppia la letizia della gloria pasquale e, come gemma preziosa, fa risplendere con la bellezza del suo splendore, l’oro in cui è incastonata’ Cambiò l’ufficio di tribuno con la milizia cristiana. Nei nuovi ranghi si comportò come valoroso soldato. Distribuendo tutto ai poveri si liberò prima di tutto del peso dei beni terreni e così libero e sciolto e ricoperto della corazza della fede si gettò come ardimento guerriero di Cristo nella lotta’ (cfr. San Pier Damiani, Discorso 3 su san Giorgio, PL 144, 567-571).
Con queste parole Pier Damiani ci offre un insegnamento universalmente valido per la vita cristiana e siamo edotti che non possono combattere, fortemente e convenientemente, coloro che temono ancora di spogliarsi dei beni della terra.
Colui che nasce uomo nuovo in Cristo nel battesimo – continua san Pier Damiani -, non indossi più la divisa della mortalità, ma deponga l’uomo vecchio, si rivesta del nuovo e viva in esso, tenendo un nuovo stile di condotta pura e santa. Soltanto così, purificati dallo squallore dell’antico peccato e fulgenti nello splendore della nuova esistenza, potremo celebrare degnamente il mistero pasquale ed imiteremo veramente l’esempio dei martiri (Cfr. Disc. 3 su san Giorgio; PL 144, 567-571).
Enrico Pepe, nel suo volume ‘Martiri e Santi del Calendario Romano’, scrive così: ‘Forse la funzione storica di questi santi avvolti nella leggenda è di ricordare al mondo una sola idea, molto semplice ma fondamentale; il bene, a lungo andare, vince sempre il male e la persona saggia, nelle scelte fondamentali della vita, non si lascia mai ingannare dalle apparenze‘.
San Giorgio, soprattutto in questo periodo pasquale, ci aiuti a plasmare il nostro ‘uomo interiore’. Lui, che è stato raffigurato come combattente contro il drago, è simbolo della vita cristiana intesa come combattimento, forza, lotta contro l’uomo vecchio che continuamente cerca di rinascere in ciascuno di noi.
Tutto ciò assume un particolare significato in questo luogo, da sempre espressione della spiritualità benedettina e dove si forma l’uomo secondo la grazia e la natura. L’ora et labora del Santo Padre Benedetto plasma e dà forma all’uomo, che rinasce dal fonte battesimale ed è chiamato a vivere il suo cammino pasquale.