Omelia nella S. Messa nel 100° anniversario della morte del Patriarca Aristide Cavallari (Venezia / Basilica S. Marco, 24 novembre 2014)
24-11-2014
S. Messa nel 100° anniversario della morte del Patriarca Aristide Cavallari
(Venezia / Basilica S. Marco, 24 novembre 2014)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
 
           
Ricordiamo volentieri e con affetto la figura del patriarca Aristide Cavallari a cento anni esatti dalla sua morte, avvenuta proprio il 24 novembre del 1914, a distanza di soli tre mesi da quella del suo grande predecessore Giuseppe Melchiorre Sarto che, una volta diventato Sommo Pontefice, lo volle come successore a Venezia.
Il patriarca Aristide Cavallari nacque a Chioggia nel 1849; ricevette dal papà e dalla mamma – persone semplici e laboriose, naturalmente inclini alla vita religiosa – i fondamenti della vita di fede. Divennealunno del Seminario di Chioggia e, poi, del Seminario patriarcale di Venezia; il trasferimento fu determinato da motivi familiari.
Il Cavallari fu ordinato presbitero nel 1872 dal patriarca Giuseppe Luigi Trevisanato; all’inizio esercitò il ministero nella piccola parrocchia di Santa Maria Elisabetta del Lido, allora povera.
Nel 1880 fu coadiutore a San Canciano, dove, nel 1884, si prodigò particolarmente per l’assistenza alla popolazione colpita dal colera; Cavallari aveva, allora, 35 anni. Nel 1886 fu a Treporti, una delle zone più disagevoli e difficili della Diocesi. Nel 1888 lo troviamo, infine, nella più popolosa e povera parrocchia della città: S. Pietro di Castello.
Una costante del ministero di Aristide Cavallari fu quella di essere chiamato ad operare sempre in situazione di povertà e disagio sociale.
A San Pietro curò l’Istituto del Buon Pastore fondato da Giovanni Maria Gregoretti per venir incontro alle giovani in difficoltà e si adoperò, pure, perché sorgesse anche un istituto superiore di religione, con annesso un convitto per formare cristianamente allieve e maestre.
Per i ragazzi, invece, chiamò i Fratelli delle Scuole Cristiane affinché erigessero il patronato e poter dare, in tal modo, ai ragazzi – spesso problematici – un luogo accogliente e poterli indirizzare ad un onesto lavoro.
Istituì pure l’associazione delle madri cristiane, quella delle figlie di Maria e la Congregazione del Sacro Cuore di Gesù con l’intento di diffonderne la devozione; in tale azione pastorale si inscrive anche la Confraternita in onore di san Lorenzo Giustiniani, primo patriarca.
Ma se la formazione religiosa del popolo religiosa lo assorbiva completamente, egli si impegnò in importanti lavori di restauro della chiesa parrocchiale.
Non va tralasciato, poi, l’impegno sociale del parroco Cavallari che si impegnò a far crescere, in ogni modo, il comitato parrocchiale dell’Opera dei Congressi, germe della futura Azione cattolica.  Si impegnò, quindi, a contrastare l’avanzata delle teorie socialiste, opponendosi alla scristianizzazione della classe operaia; con la sua azione mirava a render sempre più presente la Chiesa nel tessuto sociale.
A tale scelta pastorale corrisponde l’istituzione del Circolo operaio Marcantonio Bragadin, una delle prime casse operaie di depositi e prestiti con cui si intendeva dare aiuto concreto alle famiglie che versavano in una situazione di vera povertà.
L’impegno e la viva azione pastorale del Cavallari furono molto apprezzati dal patriarca Sarto che, quando nel 1903 fu eletto papa, lo nominò provicario generale della diocesi, di cui il Pontefice aveva voluto conservare il governo. Il 13 marzo 1904 fu nominato trentanovesimo successore del proto-patriarca Lorenzo Giustiniani.
 In tale ruolo il Cavallari fu fedele continuatore della linea pastorale del Sarto e ciò anche per quanto riguarda il rapporto con l’amministrazione comunale di orientamento moderato che, nel 1895, aveva iniziato a governare la città amministrandola fino al 1920.
L’intesa amministrativa che si raggiunse a Venezia fu uno di quei “laboratori” destinati a diventare “apripista” (Patto Gentiloni) per esperienze più ampie, non più solo a livello locale ma nazionale.
 Gli interventi del Cavallari a livello politico furono letti in modo differente; in realtà, il Patriarca si adoperò affinché i cattolici continuassero ad appoggiare la giunta che garantiva attenzione ai temi per loro significativi. La sua azione – nei confronti del movimento cattolico e dopo lo scioglimento dell’Opera dei Congressi – mirò ad una stretta coesione tra i comitati parrocchiali e i parroci.
 Attraverso le leghe, che coinvolgevano soprattutto i padri di famiglia, egli gettò i semi dell’Azione Cattolica. In ambito sociale favorì la diffusione delle casse operaie parrocchiali, la cui utilità aveva avuto modo di sperimentare a San Pietro di Castello; si impegnò, anche, a garantire la moralità dei soci e la loro dipendenza dall’autorità ecclesiastica. Il timore era, infatti, quello di un cedimento allo spirito moderno.
Pio X, su tale questione, aveva raccomandato attenzione e vigilanza anche in occasione della consegna della berretta cardinalizia ai nuovi nominati, tra cui il Cavallari. Il concistoro avvenne nel 1907, poco tempo prima dell’emanazione dell’enciclica Pascendi Dominici gregis.
 Circa il modernismo, Pio X ribadiva come non si trattasse di una semplice eresia ma, piuttosto, della sintesi di tutte le eresie poiché, potenzialmente,  conteneva la distruzione della fede cattolica.  
A Venezia il fenomeno non era preoccupante e il Patriarca intervenne soltanto per chiedere a preti e laici di non partecipare a due conferenze di don Romolo Murri definito “infelice sacerdote”.
Tale atteggiamento – ritenuto di chiusura da alcuni spiriti liberal – era, invece, incoraggiato dalla Santa Sede; non si trattava di insensibilità verso i problemi della modernità ma di un attento discernimento richiesto dalla situazione in profonda evoluzione e bisognosa d’esser considerata anche a partire dal contesto culturale complessivo.
Durante l’episcopato veneziano Cavallari si occupò anche del Seminario, di cui San Pio X l’aveva voluto rettore. Restaurò il palazzo del Longhena che, da circa un secolo, era la sede del Seminario patriarcale; provvide anche all’acquisto di una casa a Pederobba per la villeggiatura dei seminaristi; si spese soprattutto per la formazione dei chierici coinvolgendo i parroci, cercando di qualificare al meglio il corpo docente e visitando di persona il seminario.
La sua attività pastorale – tradizionalmente ispirata ai criteri dell’epoca – si tradusse in una visita pastorale completata – della quale ci rimangono acute osservazioni sul clero e sulla popolazione – e in una seconda solamente iniziata, perché interrotta dalla morte del patriarca.
Le spoglie mortali del Cavallari furono tumulate nel cimitero di San Michele; il patriarca Roncalli, assieme a quelle degli altri patriarchi dell’Ottocento e del Novecento, le volle poi tumulare nella cripta della basilica di San Marco, ove tuttora riposano.
Il patriarca Cavallari – trentanovesimo successore di Lorenzo Giustiniani – fu, nel suo episcopato, esempio del sacerdote formato nel Veneto dell’Ottocento, una terra profondamente religiosa e nella quale la fede apparteneva al Dna di questo territorio e dei suoi abitanti.
Egli fu, soprattutto, fedele interprete e continuatore dell’azione pastorale del suo grande predecessore il patriarca Giuseppe Melchiorre Sarto, divenuto Pontefice della Chiesa universale e oggi venerato come san Pio X.