Omelia nella S. Messa in occasione dell'accoglienza a Mestre dell'urna di S. Giovanni Bosco (Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Mestre - 3 dicembre 2013)
03-12-2013
S. Messa in occasione dell’accoglienza a Mestre dell’urna di S. Giovanni Bosco
(Chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Mestre – 3 dicembre 2013)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
E’ una grande gioia per la nostra Chiesa aver accolto l’invito della famiglia salesiana e poter ospitare questo santo, celebrare l’eucarestia e pregare di fronte a quell’uomo che ha rappresentato, nell’800 – in un contesto difficile – un modo nuovo d’intendere il sacerdozio, il ministero sacerdotale. Dove gli altri sacerdoti aspettavano che i ragazzi venissero in chiesa, lui aveva capito che quei tempi ormai erano tramontati e che bisognava chiedere al Signore una luce particolare ed ecco l’oratorio.
L’oratorio sino ad allora – sia a Milano che a Brescia, dove c’erano gli esperimenti più avanzati di accoglienza educativa e formativa dei giovani – erano legati sostanzialmente alla parrocchia. Don Bosco, per una grazia particolare, comprende che l’oratorio deve essere legato al ministero sacerdotale e non è una forzatura dire che l’oratorio era don Bosco. I ragazzi andavano a cercare lui; non andavano a cercare una struttura, cercavano don Bosco.
Questo è il grande monito per noi sacerdoti, per noi che abbiamo il dono di una somiglianza particolare con il Signore a beneficio dei fratelli. E allora non era una cosa inusuale vedere, molte volte, un prete con la talare rimboccata che saliva sulle impalcature delle costruzioni della città di Torino che stava espandendosi; siamo all’inizio dell’era industriale.
Don Bosco ‘ ecco una sua attualità ‘ non si limitava ad incontrare i ragazzi nell’oratorio, a organizzare con loro momenti, domenicali soprattutto, al di fuori dell’oratorio’ Ci teneva soprattutto che i ragazzi vivessero qualche giornata nelle campagne intorno a Torino, vicino ad Asti, le sue zone d’origine.
Ma don Bosco ci teneva anche che i suoi ragazzi avessero la dignità di cittadini. Abbiano dei contratti stipulati tra don Bosco e imprenditori torinesi perché i suoi ragazzi potessero essere trattati con la dignità giusta. Ecco il sacerdote, quell’uomo che va incontro alla gente!
E don Bosco insegnava ai suoi ragazzi a pregare, li invitava a confessarsi; non era timido, non era reticente, non aveva paura di interferire con la loro coscienza perché credeva di offrire alla loro vita il bene necessario, cioè Gesù Cristo. Era il sacerdote buono che seguiva i suoi ragazzi anche al di fuori del momento della preghiera.
Guardiamo a Lui, a questo figlio della terra del Monferrato che aveva due ricordi, i suoi due primi ricordi che ci aiutano a capire come il Signore prepara in modo particolare i santi, non preparando loro strade facili ma dando loro la grazia, la luce, il sostegno.
I due primi ricordi di don Bosco sono: ‘Non avevo ancora due anni, il primo ricordo è la morte di mio padre’. Il secondo ricordo: 1817. Il Piemonte, Torino, il Monferrato, Castelnuovo d’Asti, i Becchi flagellati da una carestia totale’ Ad un certo punto mamma Margherita – rimasta vedova da pochi mesi e con tre figli (Antonio Giuseppe e Giovanni) e la suocera paralizzata – non sa più cosa fare per dare da mangiare a quelle bocche e così decide di uccidere il vitello. Fino a qualche decennio fa, per i contadini piemontesi, uccidere il vitello voleva dire essere alla disperazione…
Sono i due primi ricordi di quest’uomo che ha fatto quello che umanamente parlando è difficile spiegarsi, non solo certamente per la grazia di Dio ma anche per una intelligenza, per un coraggio, per una forza, per un’inventiva. Un uomo che è stato veramente al servizio di Dio. Veramente in don Bosco la grazia ha completato – ha perfezionato – una natura veramente ricca.
Guardiamo a lui come a quel modo particolarmente eloquente di vivere il Vangelo, di dire sì a Dio nella propria vita la dove si è, senza piangersi troppo addosso, ma confidando nel Signore. Dirà, ormai anziano, ai suoi salesiani: ‘Tutto iniziò con un’Avemaria recitata con Bartolomeo Garelli il giorno dell’Immacolata di 46 anni fa nella chiesa di S. Francesco a Torino’.
Guardiamo a quest’uomo e al suo coraggio, alla sua fede che accetta le sfide della vita quotidiana.