Omelia nella S. Messa in occasione della Festa diocesana dei ragazzi preadolescenti (Jesolo / Pala Arrex - Domenica 6 aprile 2014)
06-04-2014
S. Messa in occasione della Festa diocesana dei ragazzi preadolescenti
(Jesolo / Pala Arrex – Domenica 6 aprile 2014)
 
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia[1]
 
 
Carissimi giovani,
innanzitutto grazie per la vostra presenza, grazie a chi vi ha accompagnato e a chi reso possibile questa festa, anche dandoci gratuitamente l’uso di questa bella struttura.
Ma il grazie più vero lo voglio dire a voi, perché vivete il momento più importante della vostra vita. Guardate che la vita è scegliere e voi, alla vostra età, siete nel tempo delle scelte fondamentali, che vi segneranno come uomini e come donne.
Voglio riprendere la bella immagine di questa giornata che è dedicata a voi. Voi siete i colori con cui Dio si appresta a dipingere il quadro della vostra vita. E’ un quadro in cui non sarete mai da soli; ci saranno anche altri protagonisti… Un quadro che Lui vuole magnifico.
Siate allora una tavolozza di colori docili e gioiosi, nelle mani del Signore. Ognuno di voi – non dimenticatelo! – è un colore particolarissimo, irripetibile, nelle mani di Dio. Ognuno di voi è una sfumatura unica, impareggiabile, ineguagliabile.
Un quadro – lo sappiamo – è fatto di tanti colori, di luci intense o di luci soffuse, di tinte forti o che appena si intravvedono. E proprio nella loro diversità e molteplicità, nel loro accostarsi insieme, i colori e le sfumature danno vita ad un volto, danno vita a dei lineamenti e ad un’intera figura. Dare vita e superare le situazioni di morte: è quello che ci ha detto il Vangelo di oggi (cfr. Gv 11, 1-45).
Gesù aveva degli amici: si chiamavano Maria, Marta, Lazzaro… Nella loro diversità – Marta non è Maria e Maria non è Lazzaro -, guidati e sorretti da Gesù, delineano insieme il quadro della vita che vince la morte: è il Vangelo che abbiamo ascoltato.
Il Vangelo di oggi ci racconta con chiarezza di questi tre fratelli, nelle loro differenze personali. Marta è uscita; il suo carattere l’ha portata ad andare verso il Signore e quasi a rimproverarlo. Maria, invece, ha scelto di rimanere in casa per attendere il Signore. Nella loro diversità Marta, Maria e Lazzaro concorrono – sotto la guida di Gesù – a dipingere un quadro di speranza, di vita, di vittoria sulla morte.
Carissimi ragazzi, torno a quanto avevo detto poco fa e ve lo dico come deve fare il vostro “pastore”, cioè una persona che vi vuole bene. State vivendo gli anni in cui decidete. Attenzione: non sono solo gli anni in cui pensate a quello che farete, ma sono gli anni in cui state decidendo quello che fate, il vostro futuro.
La stagione che state vivendo è quella dell’impazienza, sono gli anni in cui tutto appare raggiungibile. Non vi mancano le energie, anzi, vi sembrano illimitate e tutto vi sembra a portata di mano e, in un certo senso, è così…
Molto della vostra vita dipende da voi. Siate dei colori docili nelle mani del Signore, abbiate questa consapevolezza. Coltivate, allora, con fiducia e un po’ più di ottimismo le vostre aspirazioni e i vostri progetti. Non permettete che nulla e nessuno vi scoraggino, vi intristiscano o vi tolgano la gioia e il coraggio di osare. Non alzate mai bandiera bianca per paura o sconforto.
Ricordate, però, che non siete dei colori “soli”. Ci sono anche altri colori che, accostati a voi, possono aiutarvi a fare quel quadro. Sappiate pensare e progettare la vostra vita pensandola e progettandola in grande. Sappiate essere colori docili, capace di mantenere la propria originalità: essere se stessi ma anche sapersi accostare sempre ad altri colori, creando con loro tonalità e sfumature che, da soli, non sapreste raggiungere mai e non potreste mai assumere facendo la scelta di un solo colore.
Gli altri, allora, sono un modo per diventare noi stessi, per diventare pienamente noi stessi. Per non fallire, nonostante la buona volontà, in questa breve stagione della vita – l’adolescenza – è necessaria e fondamentale una cosa: non mettete, in alcun modo, da parte Gesù.
Metterlo da parte – attenzione! – non vuol dire rinnegarlo in modo esplicito, preciso, formale o – voglio essere più chiaro – ad alta voce. Questo, probabilmente, non lo farete mai. Il rischio è un altro: mettere Gesù da parte in maniera morbida e soft, senza clamori ma di fatto Lui finisce per non contare più. Poco alla volta, in maniera morbida, finite per metterlo in un angolo ed è brutto che qualcuno di voi, un giorno, possa vergognarsi di Gesù.
Vi ricordate Pietro? «O donna, non lo conosco!» (Lc 22, 57). E poi, al canto del gallo, si ricorda delle parole di Gesù: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte» (Lc 22, 61). Pensiamo, ad esempio, ad un argomento o ad una questione che per voi diventerà sempre più importante, in questi mesi: la vostra vita affettiva, scoprirsi e scoprire.
“Sì, Gesù dice… lo so bene quello che dice! Ma ormai fanno tutti così…”. Al contrario, o Gesù con la sua amicizia e umanità calda mi guida e mi accompagna, mi plasma, dà forma alla mia vita di adolescente e incide su di me o poco alla volta io e i miei amici lo emargineremo, lo considereremo estraneo o un peso, Qualcuno di cui vergognarsi.
“Non lo conosco, non faccio parte del suo gruppo, non so che cosa voglia dire…”. E il gallo cantò… Gesù, invece, deve essere Colui che vi permette di portare a pienezza l’umano che è in voi, il ragazzo e la ragazza che siete, quello che sentite prepotentemente crescere in voi ogni giorno.
Papa Francesco ha detto ai giovani di Copacabana, durante l’ultima Giornata mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, delle parole importanti. Parole che, poste a fondamento della vita, possono indicare un nuovo inizio e segnare una ripartenza perché la nostra vita è segnata da tante ripartenze. E per ripartire, molte volte, ci vuole solo l’umiltà. In ogni stagione o età della vita, qualsiasi compito o funzione si svolga o si abbia.
Papa Francesco parte dall’unico inizio possibile – da Gesù – e non indica scorciatoie che poi – guardate bene – non esistono, come la scorciatoia del paese dei balocchi in Pinocchio, di facile divertimento, fatta di cose che portano successo e denaro senza fatica…
Mi dispiace dirlo ma… il telegiornale lo vediamo tutti: pensiamo alla baby prostituzione. Cito quello che ha detto una ragazzina: “Mi facevano schifo. Erano dei deficienti, ma mi davano dei soldi…”. Le scorciatoie facili non esistono.
Quando andate in montagna ci sono dei sentieri che poi… si perdono nella boscaglia, ci avevano promesso una scorciatoia e ci siamo persi! Vale lo stesso per le proposte facili che, in realtà, non ci portano la felicità.
“Gesù – dice Papa Francesco – è Colui che ci porta Dio e che ci porta a Dio, con Lui tutta la nostra vita si trasforma, si rinnova e noi possiamo guardare la realtà (non la fantasia!) con occhi nuovi, dal punto di vista di Gesù, con i suoi stessi occhi (Lumen fidei, n. 18). Per questo oggi vi dico con forza: «metti Cristo» nella tua vita e troverai un amico di cui fidarti sempre; «metti Cristo» e vedrai crescere le ali della speranza per percorrere con gioia la via del futuro; «metti Cristo» e la tua vita sarà piena del suo amore, sarà una vita feconda. Oggi, vorrei che tutti ci chiedessimo con sincerità: in chi riponiamo la nostra fiducia? In noi stessi, nelle cose, o in Gesù?” (Papa Francesco, Cerimonia di apertura a Copacabana della GMG 2013).
Questa è la domanda del Papa: in noi stessi (autosufficienti), nelle cose o in Gesù? Concludo: la felicità non è il piacere di un momento, la felicità non è l’appagamento di una rivincita. Chi vive di rivincite, infatti, finisce per vivere di odio e guardate che ci sono dei mezzi di comunicazione, oggi, che usano anche gli adulti, certi adulti, i quali dicono solo la loro povertà, il loro odio, la loro invidia e così istigano al male, colpiscono i loro presunti nemici che poi non lo sono ma certa gente il nemico lo ha nel cuore, dentro di sé…
L’affermazione del proprio io, cercando di infangare l’altro – ecco il bullismo che decolla perché tanti tacciono e non hanno il coraggio di dire no -, cancellando magari una possibile buona relazione che avrebbe potuto segnare per sempre la vita, il sesso facile – anche ad età quasi infantile – e fine a se stesso che inaridisce il vero rapporto di amore, il guadagno come unico scopo della vita che apre il desiderio insaziabile di ulteriore guadagno e la paura (questa è la condanna!) di perdere quanto si è accumulato fino a quel momento, il potere fine a se stesso che ci consegna al timore di incontrare chi può, in un momento, toglierci quel potere…
Ragazzi, era questa la paura di Erode: temeva colui che veniva da Betlemme e allora cercava di uccidere il bambino… Quanto la nostra società deve dire mea culpa nei confronti dei bambini non nati, che non hanno potuto raggiungere la vita…
Concludo con le parole rivolte dal Papa ai giovani riuniti a Copacabana per l’ultima GMG: “Noi siamo tentati di metterci al centro, di credere che siamo solo noi a costruire la nostra vita o che essa sia resa felice dal possedere, dai soldi, dal potere. Ma non è così! Certo l’avere, il denaro, il potere possono dare un momento di ebbrezza, l’illusione di essere felici, ma, alla fine, sono essi che ci possiedono e ci spingono ad avere sempre di più, a non essere mai sazi. «Metti Cristo» nella tua vita, riponi in Lui la tua fiducia e non sarai mai deluso!” (Papa Francesco, Cerimonia di apertura a Copacabana della GMG 2013).
La fede, cari ragazzi, non ci toglie nulla! Ci permette di essere colori nella mani di un Artista magnifico: il Signore Gesù. Cerchiamo di essere docili alla sue mani, cerchiamo di essere sempre colori che cercano altri colori, perché sanno che un colore solo non costruisce nessun quadro, nessun profilo, nessun volto, nessuna storia, nessuna vita.


[1] Questo testo – non rivisto dall’autore – riporta la trascrizione dell’omelia pronunciato dal Patriarca in tale occasione e mantiene volutamente il carattere colloquiale e il tono del “parlato” che lo ha contraddistinto.