Omelia nella S. Messa in occasione del Convegno di studi 'Il libro religioso antico' (Venezia, Basilica S. Marco, 25 giugno 2014)
25-06-2014
S. Messa in occasione del Convegno di studi ‘Il libro religioso antico’
promosso dall’Associazione Bibliotecari Ecclesiastici Italiani
e dalla Fondazione Studium Generale Marcianum
(Venezia, Basilica S. Marco, 25 giugno 2014)
 
Omelia del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia
 
 
 
          Con vera gioia la Chiesa che è in Venezia saluta tutti i partecipanti al Convegno promosso dall’Associazione Bibliotecari Ecclesiastici Italiani; un fraterno abbraccio va a mons. Galantino e a mons. Milito.
          I testi liturgici appena proclamati rimandano al lavoro che ogni giorno svolgete e, in qualche modo, richiamano anche il tema del Convegno di studi dedicato al libro religioso antico. Nel capitolo 22 del secondo libro dei Re, infatti, si parla del ritrovamento di un libro – il libro più importante, quello che contiene la Legge – e poi della reazione di fronte alle parole e al giudizio che esso contiene.
          Il re Giosia è convinto che da quel libro accolto e fatto proprio nella fede  dipende la vita e la salvezza di tutto il popolo: ‘Grande è la collera del Signore, che si è accesa contro di noi, perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di questo libro, mettendo in pratica quanto è stato scritto per noi’ (2 Re 22, 13).
          Quel libro viene aperto perché ne siano lette ‘tutte le parole’, così da generare il cambiamento: ‘Il re (‘) concluse l’alleanza davanti al Signore, per seguire il Signore e osservare i suoi comandi, le istruzioni e le leggi con tutto il cuore e con tutta l’anima, per attuare le parole dell’alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all’alleanza’ (2 Re 23, 3).
          Basterebbe soffermarsi su tale episodio per evidenziare, in maniera suggestiva, l’importanza della vostra attività quotidiana e il valore del ‘libro religioso antico’ attorno a cui ruotano i lavori di questo convegno veneziano.
          Prima ancora della sua cultura, è proprio l’uomo – ossia la sua stessa struttura antropologica – ad esser contraddistinto dalla relazionalità che si esprime nella comunicazione e che ha nella parola il suo vertice; la parola può essere proclamata o scritta e, comunque, attraverso un’esperienza di comunicazione connota e rende ‘viva’ e fa progredire ogni realtà umana.
          Il libro, considerato come strumento – nelle sue differenti forme e modalità: dai papiri ai rotoli e ai codici, dal paziente e raffinato lavoro degli amanuensi in ambito medioevale-monastico ai primi incunaboli con l’invenzione della stampa, grazie a Gutenberg, fino ai più moderni e sofisticati mezzi che la scienza e la tecnica mettono oggi a nostra disposizione -, ha davvero accompagnato e guidato la storia e il progresso della civiltà dell’uomo. E, certamente, avrà un futuro anche nell’epoca digitale.
         
          Molto opportunamente, vent’anni fa, la Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa nella sua lettera circolare ai vescovi diocesani osservava: ”le testimonianze librarie, come quelle archivistiche e artistiche, sono per la Chiesa un mezzo insostituibile per porre le generazioni, che si affacciano alla vita e alla fede cristiana, a contatto con tutto ciò che l’evento cristiano ha prodotto nella storia e nella riflessione umana, allo scopo di non privarle dell’esperienza eventualmente già compiuta dalle generazioni precedenti nell’alveo della loro rispettiva cultura. Si può, inoltre, dire che la tradizione cristiana (‘) trova nei libri scritti all’interno della Chiesa un contributo costante per la sua diffusione-trasmissione, per il suo approfondimento, per la sua comprensione, per la sua inserzione viva nelle tradizioni dei popoli. Custodire il libro e favorirne la lettura e la diffusione è (‘) per la Chiesa, un’attività assai vicina – per non dire un tutt’uno – alla sua missione evangelizzatrice’ (Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, Lettera circolare ai vescovi diocesani Le biblioteche ecclesiastiche nella missione della Chiesa, n. 1.2).
          Il senso del vostro prezioso lavoro, della cura e attenzione che ponete nella custodia ma anche nella fruibilità del patrimonio – un vero tesoro – delle biblioteche ecclesiastiche italiane è già qui contenuto e costituisce oggi anche un singolare servizio alle esigenze della nuova evangelizzazione che richiede espressamente una nuova ‘vitalità’ dei  vari centri e luoghi di cultura, cristianamente ispirati ed ecclesialmente radicati, rendendoli sempre più aperti e collegati tra loro e con i diversi segmenti della società civile, il tutto ‘per un comune e rispettivo servizio dell’uomo’ (Cfr. Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa, Lettera circolare ai vescovi diocesani Le biblioteche ecclesiastiche nella missione della Chiesa, n. 2.4).
          Nel concludere, vorrei richiamare un passo del Vangelo che, in rapporto al vostro lavoro quotidiano, è certamente a voi molto caro. Si tratta dell’episodio, raccontato da Luca, e che riguarda Gesù nella sinagoga del suo villaggio: ‘Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato»’ (Lc 4, 16-20).
          Auguro a tutti – nel ripetere e rinnovare ogni giorno questi gesti di Gesù (l’aprire e il leggere, il riavvolgere e il riporre) con gli strumenti di ieri e di oggi a vostra disposizione (dai rotoli ai libri, dai pc ai tablet) – di saper cogliere la parola viva, trasformante e attuale del Vangelo, ossia la voce e il volto di Gesù stesso, il Cristo Pantocrator che domina il catino absidale di questa splendida basilica e che tiene con la mano sinistra, ben appoggiato sulle ginocchia, il libro delle Scritture che è, insieme, il libro del giudizio e della vita (Cfr. Bruno Bertoli, Arte, Bibbia, Preghiera. La basilica di San Marco e i suoi mosaici, Marcianum Press e Edizioni Studium Cattolico Veneziano, Venezia 2009, pag. 96).
          Egli continua a rivolgersi ad ogni uomo per dare risposta alle domande più forti inserite nel profondo del cuore e per donare finalmente a ciascuno la vera vita, fatta di pace, gioia, speranza e salvezza. Le parole contenute nell’iscrizione, posta lungo l’intero arco, sono dette e scritte per ciascuno di noi: ‘Sum rex cunctorum, caro factus amore reorum: ne desperetis veniae, dum tempus habetis’ (‘Sono il re di tutti, fatto carne per amore dei peccatori: non perdete la speranza del perdono, finché avete tempo’).
          Questa frase ci ricorda il costante richiamo di Papa Francesco alla divina misericordia che, per noi cristiani, ha un volto e un nome ben precisi: il volto e il nome di Gesù di Nazareth, il Salvatore, capace di risanare ogni periferia umana, sia dei corpi sia delle anime.