Omelia nella S. Messa durante il pellegrinaggio diocesano dai Gesuati alla Salute (Venezia, 5 ottobre 2013)
05-10-2013
Pellegrinaggio mariano dai Gesuati alla Salute
(Venezia, 5 ottobre 2013)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Abbiamo ascoltato nel Vangelo secondo Luca (cfr. Lc 10, 17-24) come anche gli inviati – coloro che appartengono, in qualche modo, al principio petrino della Chiesa – alla fine non debbano rallegrarsi del potere che è stato loro conferito ma, piuttosto, del fatto che i loro nomi sono scritti nel cielo.
Il principio mariano – la sponsalità tra Dio e l’umanità, tra Cristo e la Chiesa – è, alla fine, la dimensione ultima, alla quale serve la dimensione petrina; il recupero della dimensione mariana-femminile-sponsale, che appartiene a tutti, è la dimensione ultima dell’intimità con Dio: «’rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, 20).
Ritorniamo, allora, a Maria: la sposa, la madre, la discepola, la prima credente. E anche quest’anno iniziamo con il pellegrinaggio mariano, un appuntamento che desideriamo accompagni in modo stabile la nostra vita di Chiesa.
L’icona mariana e la prima immagine della Chiesa che ci viene data dopo l’Ascensione al cielo di Gesù (cfr. At 1,14 – Maria e gli apostoli in preghiera) – è quella di una Chiesa orante, una Chiesa che prega. Gesù aveva detto alle due sorelle di Lazzaro: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10, 41-42). Alla dimensione mariana, orante e mistica serve la dimensione del ministero, dell’apostolato.
Nell’eternità ciò che conta e rimarrà sarà il grado di amore con cui noi abbiamo vissuto il nostro rapporto con Dio. Conterà poco ciò che siamo stati concretamente chiamati a fare durante la nostra vita terrena, conterà molto il modo in cui noi l’abbiamo fatto. La vedova con il suo obolo (cfr. Lc 21, 1-4) oggettivamente dà meno; in realtà – e la realtà è superiore all’oggettività – dà più di tutti gli altri.
I pellegrinaggi mariani non appartengono ad una devozione ma ad un’obbedienza cristologica. Gesù sulla croce (cfr. Gv 19, 25-27) affida la madre al discepolo, ai discepoli, e Giovanni prende Maria in casa sua. Maria cominciò così ad appartenere al discepolo; questo è l’ultimo insegnamento di Gesù.
Il principio mariano ritorna, quindi, nel momento in cui Gesù si riferisce per l’ultima volta ai suoi discepoli, a uno dei Dodici. Il principio mariano precede il principio petrino: non si può essere buoni pastori se non si ha una vita di intimità con il Signore. E i pellegrinaggi mariani sono volti, in prima battuta, a chiedere al Signore la grazia di pastori secondo il suo cuore.
Al centro dei pellegrinaggi c’è la nostra Chiesa: ci sono tutte le vocazioni, che il Signore spande a piene mani, ma c’è una vocazione particolare che è quella di aiutare le altre vocazioni, partecipando in modo particolarissimo di Cristo capo, Signore e servo della Chiesa.
Ecco perché noi dobbiamo chiedere al Signore che i nostri sacerdoti siano, innanzitutto, dei padri spirituali, siano capaci di parlare di Dio. Ma nessuno è capace di parlare di Dio veramente, al cuore della comunità, se non è un sacerdote, o un vescovo, abituato a parlare con Dio. Non si può parlare di Dio se prima non si è parlato, a lungo, con Lui.
Stiamo concludendo l’Anno della Fede, l’anno indetto da Benedetto XVI e confermato da Papa Francesco, a 50 anni dal grande evento ecclesiale del Concilio Vaticano II. Non possiamo dimenticare che il Concilio si inaugura l’11 ottobre, allora festa della maternità di Maria, e si chiude l’8 dicembre, festa dell’Immacolata.
Non possiamo dimenticare che il 21 novembre, festa della presentazione di Maria al tempio (per noi veneziani è la festa della Madonna della Salute), è il giorno del 1964 in cui viene promulgata la Lumen gentium ed è anche il momento in cui Paolo VI, in una fase difficile del Concilio, proclama Maria ‘Madre della Chiesa’, specificando ‘Madre dei pastori e dei fedeli’, ossia la Madre universale.
I pellegrinaggi del primo sabato del mese ci ricordano, allora, che Maria non è una devozione: Maria è là dove si svolge la storia della salvezza. E’ a Nazareth nell’Annunciazione, è a Betlemme nel Natale ed è alla presentazione al tempio di Gesù, uno dei misteri fondamentali nella vita di Cristo che la teologia ha smarrito a lungo e ha ripreso solo recentemente ma che è rimasto nella devozione del popolo cristiano, tenuto desto dalla recita del Rosario.
Maria è presente nella vita pubblica di Gesù: non possiamo pensare che non fosse presente a Nazareth nell’esordio tragico e fallimentare di Gesù’ Maria è presente ai piedi della croce e nel Cenacolo in attesa del compimento della promessa di Gesù.
I primi sabati del mese ci richiamano il tema fondamentale, per il cristiano e per la comunità cristiana, della preghiera. La preghiera, oltre ad essere atto che ci lega a Dio ed espressione della fede di una persona, ci aiuta soprattutto a non richiuderci in noi stessi e a non contare solo sui nostri giudizi e sulle nostre forze.
A volte, per operare bene e cioè secondo il Signore, bisogna sapersi fermare e pregare. Ecco, allora, la saggezza e la pratica di fermarsi una giornata, o almeno una mezza giornata, al mese, qualunque vocazione abbiamo e qualunque posto occupiamo nella Chiesa.
Lo ricordo, soprattutto, ai miei confratelli perché certe volte la fatica e il correre del ministero ci asciugano: da qui l’esigenza di una giornata, o una mezza giornata, di ritiro spirituale in cui l’ufficio, la meditazione e l’adorazione prolungata ci mettono in contatto nuovo con Dio.
Dico ai miei confratelli: riscopriamo l’importanza della lettura spirituale. Quanto ci può dare la lettura in ordine al nostro ministero!
I santi sono espressione della Pasqua di Cristo che vive nella storia: da qui l’importanza di conoscere la vita dei santi, capire come la provvidenza di Dio – in quella città, in quell’epoca, in quel territorio – si è espressa attraverso uomini e donne che noi, oggi, chiamiamo santi e che, forse, nella loro epoca erano passati più o meno indifferentemente allo sguardo degli altri o erano stati giudicati negativamente dai confratelli e dalla stessa comunità ecclesiale.
E poi la preghiera del Rosario: siamo nel mese del Rosario e tra poco vivremo la festa del Rosario. È una preghiera per tutti: meditativa e ripetitiva, nel senso migliore del termine. Stare, rimanere, ritornare sul mistero: questo è il senso della preghiera del Rosario, una preghiera che può essere comunitaria o recitata singolarmente, può essere detta in chiesa o anche camminando per strada, quando ci sono dei momenti nella nostra giornata che chiamiamo ‘morti’ (certi spostamenti’) e in cui si può ritornare in se stessi’
La Madonna ci aiuta a scoprire la grandezza e la ricchezza di suo figlio. Mettiamo, allora, al centro di ogni azione pastorale – di ogni vita cristiana – la preghiera andando alla scuola della prima discepola, la donna forte e saggia che dice, ai discepoli e agli apostoli, che il rapporto intimo con Dio è il segreto della riuscita del cristiano e del ministro ordinato.
Al termine della S. Messa, poco prima dell’atto di affidamento a Maria e della benedizione finale, il Patriarca – nel ricordare le ordinazioni diaconali previste il giorno dopo a S. Marco – ha aggiunto, tra l’altro, le seguenti parole:
E’ una grande grazia, per la Chiesa, poter trasmettere il ministero apostolico. Chiediamo al Signore che i nostri pellegrinaggi ci aiutino ad essere persone capaci di percepire l’ecclesialità e, certamente, un momento ecclesiale fondamentale e fondante è quello del ministero ordinato. Il Seminario non è un problema del vescovo: innanzitutto è una gioia! Ma, tante volte, si intende: è un problema del vescovo o, tutt’al più, del rettore… Il Seminario, invece, è di tutta la nostra Chiesa perché lì, comunque sia, c’è qualcuno che un domani, molto probabilmente, ci intercetterà attraverso il sacerdozio di Cristo. E noi sappiamo che il prete, se è veramente tale, è sempre presente nei momenti più significativi della vita di una persona, di una famiglia e di una comunità. Sono convinto che riscoprire la figura del parroco, come riferimento importante sul territorio, sia un modo di stare nella secolarità e di evitare il secolarismo.