Messa di fine anno 2006
San Marco 31 dicembre 2006
Ci siamo raccolti questa sera per chiudere nel Signore l’anno 2006: alla fine della Messa eleveremo il nostro inno di ringraziamento cantando il ‘Te Deum’.
Lunedì scorso abbiamo celebrato la nascita a Betlemme del Figlio di Dio fatto uomo. Con l’Eucaristia di questa sera, nell’ottava della natività di Gesù, onoriamo la sua Santa Madre, Maria.
E’ decisivo infatti per la nostra fede che il Figlio di Dio, facendosi uomo, sia nato da una donna: così egli è entrato nella storia degli uomini e, mediante la circoncisione di cui ci ha parlato il Vangelo appena ascoltato, si è iscritto in un popolo concreto, il popolo ebraico.
Nella circoncisione il Figlio di Dio viene chiamato ‘Gesù’, che si significa ‘Dio salva’: in tal modo egli entra una volta per sempre nella storia dell’uomo e non se ne separerà mai più. Dal quel momento la storia dell’uomo diventa anche la storia del Figlio di Dio.
Infatti assumendo nell’unità della sua persona divina, la nostra natura umana, il Figlio di Dio si fa fratello di ogni uomo, immettendo così nella storia un potente lievito divino di speranza: una speranza radicata nel fatto che, in Gesù, siamo diventati anche noi ‘figli di Dio’, avvolti dallo stesso amore con cui Dio Padre ama sua Figlio. Afferma l’apostolo Paolo nella seconda lettura che abbiamo ascoltato: ‘Quando venne la pienezza del tempo (cioè quando è maturato il tempo da Dio stabilito), Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge’ perché anche noi, in Lui e per mezzo di Lui, ricevessimo la filiazione divina
La prima lettura, tratta dal libro dei Numeri, ha proclamato la benedizione con cui Dio benedice il popolo eletto: ‘Ti benedica il Signore e ti protegga. Faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Rivolga si di te il suo sguardo e ti dia la pace’. Tale benedizione ora è proclamata anche su di noi. In realtà è Gesù stesso la grande benedizione con la quale Dio ci ha per sempre benedetti: in Lui c’è la pienezza della grazia dal Padre destinata all’uomo.
E’ proprio questo che ci fa guardare con fiducia al passare del tempo con le sue vicende spesso drammatiche: noi non siamo soli. Con noi c’è indissociabilmente Colui che ha voluto essere chiamato Emanuele, che significa ‘Dio con noi’.
Chiamati a vivere in un tempo di profondi cambiamenti culturali ‘ tempo di grandi speranze per il progresso delle scienze e della tecnica, ma anche di altrettanto grandi contraddizioni e insanabili contrasti, di ingiustizie, di violenze e atti di vendetta, di negazione quindi della speranza – noi non possiamo dimenticare che non siamo soli nel combattere la buona battaglia della pace e della solidarietà fra gli uomini: Gesù è con noi.
Il Figlio di Dio fattosi nostro fratello, è la nostra speranza per sempre: in Lui possiamo chiamare Dio col nome di Padre, in Lui noi, per grazia, ci ritroviamo fratelli. Questo è un dono grande, ma è anche un ineludibile compito storico di ciascuno che creda nel Natale.
Divenuti figli di Dio nel Figlio Gesù, lo Spirito Santo, che è Amore, è stato riversato nei nostri cuori. Questo grande dono, che ci rende capaci di amare con lo stesso amore di Dio, deve diventare impegno ad amare concretamente i nostri fratelli, comunque essi siano: bisognosi di cibo, di vestito, in carcere, stranieri, senza casa. Senza nessuna discriminazione di razza o di religione.
Questo è anche il fondamento della pace che tutti dobbiamo costruire, ciascuno facendo la sua parte: nei comportamenti e nelle relazioni di tutti i giorni, in famiglia, nella comunità ecclesiale e in quella civile.
I mezzi della comunione sociale ci mettono ormai sotto gli occhi le gravi ingiustizie esistenti nel mondo, le sofferenze di tanti uomini e donne nei paesi del sottosviluppo, la straziante situazione di tante infanzie violate e sofferenti a causa della fame, delle guerre, della povertà e delle malattie. Nel suo messaggio per la ‘Giornata mondiale per la pace’, il Papa afferma che ogni cristiano ‘sentirà la fierezza di servire con generosa dedizione la causa della pace, andando incontro ai fratelli, specialmente a coloro che, oltre a patire povertà e privazioni, sono anche privi di tale prezioso bene. Gesù ci ha rivelato che ‘Dio è amore’ (1 Gv 4,8) e che la vocazione più grande di ogni persona è l’amore. In Cristo noi possiamo trovare le ragioni supreme per farci fermi paladini della dignità umana e coraggiosi costruttori di pace’ (n.16).
A conclusione di un anno, noi sentiamo anche il bisogno di affidare all’infinita misericordia di Dio le nostre mancanze e infedeltà. Nello stesso tempo vogliamo ricordare tante persone care che ci hanno lasciato e sono tornate alla Casa dl Padre.
Mi piace affidare a Dio questo anno 2006 sigillandolo con una preghiera:
‘ O Dio, nostro Padre, che ci hai tanto amati da dare per noi il tuo unico Figlio, noi consegniamo quest’anno che sta chiudersi alla tua bontà, perché tu, nella tua infinita misericordia, perdoni i nostri sbagli e le nostre mancanze
E Tu, Gesù. nostro divino fratello, aiutaci ad amarci e ad accoglierci l’un l’altro, come tu hai sempre fatto con noi. Donaci un cuore aperto, sensibile alle sofferenze e privazioni che da ogni parte ci circondano.
Rendici pronti a comprendere la povertà di chi è privo della parola di verità che, sola, da senso alla vita.
Aiutaci a comprendere anche l’amarezza di chi si sente povero di amore e di compagnia e liberaci dall’egoismo che si porta a pensare solo a noi stessi e ci rende ciechi sul fratello che soffre.
E tu, Maria, Madre di Gesù e Regina della pace, aiutaci a comprendere che solo nella magnanimità del perdono, nella solidarietà concreta e nell’apertura all’altro si aprono strade di pace e di concordia duratura. Amen.
Buon Anno Nuovo a tutti.