Omelia nella S. Messa di chiusura del Seminario internazionale del Sovrano Militare Ordine di Malta (Venezia, 18 gennaio 2009)
18-01-2009

Basilica Patriarcale di San Marco Ev.

 

S. Messa di chiusura del Seminario internazionale del

 

Sovrano Ordine militare di Malta

 

Liturgia della festa dell’Esaltazione della Santa Croce

 

Nm 21,4b-9; dal Salmo 77; Fil 2,6-11; Gv 3,13-17

Omelia del Patriarca Angelo Card. Scola

Venezia, 18 gennaio 2009

 

1. «Di null’altro mai ci glorieremo se non della Croce di Gesù Cristo, nostro Signore: egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati» (Antifona all’Ingresso). Così abbiamo pregato all’inizio di questa celebrazione eucaristica.

La croce, segno nel mondo precristiano del più terribile fra i supplizi, è per il cristiano l’albero della vita, il talamo, il trono, l’altare della nuova alleanza. La festa dell’Esaltazione della croce, che in Oriente è paragonata a quella della Pasqua, si collega con la dedicazione della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Chiesa madre del vostro Ordine, da cui la vostra gloriosa e ormai quasi millenaria storia ha avuto inizio.

Mi è caro, all’inizio di questa celebrazione eucaristica che conclude il vostro importante Seminar internazionale, ricordare la figura del Cardinale Patrono Pio Laghi, recentemente scomparso, le cui doti di uomo di Chiesa ho avuto modo di apprezzare di persona negli anni del mio Rettorato presso la Pontificia Università Lateranense. A lui associo nel ricordo Fra’ Andrew Bertie che ha lungamente servito l’Ordine come Gran Maestro. Mi è gradito altresì porgere il mio deferente e cristiano ossequio al Gran Maestro Fra’ Mattheus Festing, al Prelato d’Ordine S. E. Mons. Angelo Acerbi, al Sovrano Consiglio e alle Alte Cariche dell’Ordine. Un saluto speciale va al Gran Priore di Lombardia e Venezia e ai suoi più stretti collaboratori, nonché a voi tutti qui presenti.

2. La croce è, per eccellenza, il simbolo della carità, cioè dell’amore oggettivo ed effettivo che ha la sua sorgente in Dio. Questo è il richiamo che, fin dall’inizio, l’insegna con la croce ad otto punte ‘ come le otto Beatitudini – che vi contraddistingue ha portato e continua a portare al mondo.

Ma la carità prima di essere un’azione umana è un’azione divina. Anzi, all’uomo è possibile solo come frutto del tutto gratuito della sua imitazione o immedesimazione con la Carità divina, cioè con la persona di Gesù, nostro Signore. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 16).

Il passaggio del vangelo di Giovanni che abbiamo sentito proclamare ci consente, tremanti di fronte al grande mistero, di gettare uno sguardo sulla misura dell’amore divino. Mai l’uomo avrebbe potuto supporre che l’eterno Padre, donando esaurientemente tutto il suo amore nel Figlio da Lui generato, potesse giungere ad amare il mondo creato a tal punto da consegnare il suo dilettissimo Figlio alle tenebre dell’abbandono di Dio e agli estremi tormenti della croce. Allora la follia della Croce acquista senso solo nell’amore del Dio Uno e Trino. Il Figlio andando fino alla fine dell’amore (‘avendo amato i suoi, li amò sino alla fine‘) mostra tutto l’amore del Padre. E l’amore tra i Due si dimostra per la potenza dello Spirito Santo. Nella dedizione crocifissa del Figlio sta la sua suprema glorificazione [«Per questo Dio lo esaltò» (Fil 2,9)].

3. Come scrive Paolo ai Cristiani di Filippi (Seconda Lettura) anche noi possiamo avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Signore. Solo in forza di questa immedesimazione con Lui la comunione non è un’utopia irrealizzabile, un’astrazione a cui ci riferiamo con la bocca, ma può essere veramente praticata in termini oggettivi perché accolta e ricevuta dalla potenza eucaristica di Gesù che, per generare questa comunione, ha dato la sua vita da innocente sulla croce. Per questo, come ha scritto il compianto Card. Pio Laghi su un recente Quaderno del vostro Ordine, ‘Applicando al nostro Ordine ciò che Giovanni Paolo II dice alla Chiesa (e non è per nulla una forzatura!), per poter essere fedeli al disegno di Dio e rispondere alle attese della società di cui facciamo parte e siamo al servizio, noi dobbiamo fare del nostro stesso Ordine ‘La casa e la scuola della comunione’.’ (Per una spiritualità di comunione, Roma, 2002, p 26). L’immedesimazione con il Divino Maestro connota tutti i membri dell’Ordine melitense, secondo l’articolata appartenenza al carisma nelle tre forme di vita cui il Signore li chiama: i Professi, i Cavalieri dell’obbedienza e i membri della III Classe (Cavalieri, Dame, Cappellani e Donati).

4. «Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo» (Fil 2,6). Solo conformandovi a Cristo Signore voi continuerete a vivere la logica del servizio che, fin dall’origine, caratterizzò il vostro Ordine, secondo l’originario spirito cavalleresco ben sintetizzato dal vostro programma Tuitio fidei et obsequium pauperum (difesa della fede e venerazione dei poveri). E continuerete a farvi servi dei ‘signori poveri ed ammalati’ anche oggi, come all’inizio i fondatori si misero al servizio dei pellegrini a Gerusalemme. Penso alla vostra vasta e intelligente iniziativa in campo sanitario, di cui un fiore all’occhiello è l’Ospedale S. Giovanni Battista alla Magliana, ma penso anche agli interventi in occasione di guerre e di calamità naturali, ai pellegrinaggi con gli ammalati, alle tante e pluriformi attività in cui si esplica la vostra missione e che vi ha recentemente meritato il prestigioso riconoscimento delle Nazioni Unite con la partecipazione all’Assemblea generale dell’ONU di un Ambasciatore osservatore permanente.

5. Dalla fede l’azione: nella fedeltà a questa sua origine sta il segreto della vita, ormai millenaria eppure ancora fresca di giovinezza, del vostro carisma. Vogliamo affidare alla Vergine Nicopeia, la cui icona ci giunge dal periodo e dai luoghi in cui più gloriosa fiorì la vostra storia, la vostra opera e le vostre persone perché sostenga e benedica l’impegno così prezioso anche in questo nostro tempo a favore di tutti i fratelli uomini. La Chiesa ve ne è profondamente grata. Amen.