Omelia nella S. Messa dell’Immacolata Concezione di Maria e nella Festa dell’Adesione dell’Azione Cattolica diocesana (Venezia - Basilica S. Marco, 8 dicembre 2014)
08-12-2014
S. Messa nella solennità dell’Immacolata Concezione di Maria
e in occasione della Festa dell’Adesione dell’Azione Cattolica diocesana
(Venezia – Basilica S. Marco, 8 dicembre 2014)
 
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Carissimi fratelli e sorelle,
mi rivolgo a tutti voi, presenti in Basilica, per celebrare la solennità dell’Immacolata Concezione della Madre del Signore e porgo il cordiale benvenuto ai membri dell’Azione Cattolica diocesana che, oggi, rinnovano il loro impegno personale di adesione a servizio della Chiesa. Ringrazio la presidente Teresa Scantamburlo per le sue parole, significative e non di circostanza: non potevate scegliere una giornata liturgica migliore!
L’odierna celebrazione liturgica ci pone dinanzi a una pagina fondamentale del Vangelo: l’annunciazione a Maria. Abbiamo appena ascoltato: “L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo…” (Lc 1, 26-29).
Se cogliamo tale evento nella totalità della storia della salvezza, noi comprendiamo subito che si tratta del momento in cui essa compie la speranza dell’attesa; tutte le speranze dell’Antico Testamento e le attese d’Israele – dei patriarchi, dei profeti e dei giusti – , qui e in una giovane donna, giungono al loro termine.
A Nàzaret la preparazione si compie; qui si entra nella realtà nuova che si realizza proprio nel dialogo fra Dio e Maria. In altri termini, qui la Chiesa ha il suo inizio. Proprio a Nàzaret abbiamo, infatti, per la prima volta nella storia, la presenza dell’umanità unita a Dio, in Cristo.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II – ne raccomando come sempre la lettura e lo studio, in modo particolarissimo all’Azione Cattolica, mentre stiamo entrando nel cinquantesimo anniversario della sua solenne conclusione -, nella costituzione dogmatica Lumen gentium, ci presenta la Chiesa con queste parole: “è, in Cristo (…) il segno e lo strumento dell’intima unione [degli uomini] con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”(Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n.1).
A Nàzaret – nel dialogo tra Dio e una giovane donna – si rende visibile per la prima volta, al momento dell’Annunciazione, la “Chiesa nascente” che si dà proprio nel sì di Maria che, in tal modo, diventa il primo manifestarsi della Chiesa nella storia; ne è l’alba. Infatti, in Maria – la prima discepola, la prima credente – è presente tutta l’umanità.
 Maria, in quell’istante, rappresenta e riassume l’intera umanità, unita a Dio nel Verbo incarnato: “L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo…” (Lc 1, 30-32).
Maria a Nàzaret è veramente la Chiesa nascente e – come dice l’Angelo, mentre La esorta a non aver paura – Colei che ha trovato grazia presso Dio. Maria – l’Immacolata – è, nella Sua persona, la Chiesa nascente, la Chiesa santa, senza macchia e senza ombra di peccato.
In Maria vi è la Chiesa tutta santa, pienamente immacolata; dopo di Lei, la Chiesa, nella sua componente umana, non fu mai più così santa.
La comunità delle origini – detta “primitiva” – è presentata come esempio di vera comunione e vita fraterna ma, in realtà, era segnata dal peccato, dall’individualismo e forti lacerazioni interne. L’esempio storico di come il peccato apparteneva alla Chiesa fin dalle origini sono sia la Chiesa di Corinto – lo attesta Paolo (1Cor 4,1-14; 5, 1-4) -, sia la Chiesa di Gerusalemme ed eloquente è l’episodio degli Atti degli Apostoli: Anania e Saffira – come dice Pietro – hanno mentito allo Spirito Santo e ai fratelli (At 5, 1-11).
Solo in Maria la Chiesa è realmente e totalmente santa; in Lei non vi è mai stata alcuna ombra di peccato, in Lei non si dà alcuna presenza di male. È questa l’unica volta in cui una libertà umana è pienamente e totalmente in sintonia e in comunione con quella di Dio.
Il sì di Maria coincide con la Chiesa nella sua fase nascente; il suo è l’unico sì pieno e totale, non segnato da quell’ombra d’egoismo che è il retaggio del peccato.
In Maria si dà, così, l’unica forma di umanità-personale perfettamente riuscita agli occhi di Dio e si tratta di un’umanità al femminile. È bene notare questo: l’unica umanità-personale, pienamente riuscita di fronte a Dio, è un’umanità declinata al femminile, non un’umanità al maschile; l’umanità di Cristo, infatti, si inscrive – in modo distinto seppur non separato – nell’unica persona divina del Verbo.
Il piano provvidenziale di Dio, secondo cui si attua la storia della salvezza, non può quindi esser tacciato di maschilismo; Dio non ha, come noi, il problema delle “quote rosa” e così, imparando di più dalle scelte di Dio, siamo chiamati ad evidenziare la centralità della donna, riconoscendole una posizione da cui l’ingegno e l’estro femminile possano rinnovare una società in alcune sue manifestazioni dichiaratamente maschilista – incominciando dalla mercificazione del corpo femminile – e arricchire la Chiesa secondo quella linea strutturale che le è propria, ossia la linea mariana, individuando – anche nella Chiesa – spazi e ambiti che, al di là dello specifico del ministero ordinato, circa il quale anche Papa Francesco si è espresso chiaramente, valorizzino la donna in posti direttivi e di crescente responsabilità.
Non deve allora stupire come il Concilio Vaticano II tratti la Chiesa e la Beata Vergine Maria – l’ecclesiologia e la mariologia – in modo unitario; la mariologia, infatti, costituisce il capitolo VIII, l’ultimo capitolo della Lumen gentium che è, appunto, la costituzione sulla Chiesa che termina parlando di Maria.
La vera riforma della Chiesa può avvenire solamente recuperando, in tutte le vocazioni che caratterizzano e costituiscono il popolo di Dio, la dimensione mariana; Maria infatti è, ad un tempo, la parte eletta – il membro eminente – del “tutto” che è la Chiesa, ma è anche – nel suo essere donna, sposa e madre – Colei che sta, totalmente, dinanzi a Gesù. Il principio mariano indica il mistero della Chiesa, il principio petrino il ministero che è all’interno del mistero.
Fra pochi giorni, nella liturgia della notte del Natale, sentiremo risuonare il testo del profeta Isaia che ci dirà: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete… Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva…” (Is 9,1-3).
Il profeta Isaia bene ci richiama al senso di una Chiesa sempre alle prese con la sua vera e più impegnativa riforma, quella della sua purificazione.
L’Immacolata, in questo cammino di purificazione personale e comunitaria, ci conduca a celebrare e a vivere un Santo Natale che sia espressione vera e realissima del primo Natale, quello di Betlemme, che san Francesco fece rivivere a Greccio nell’anno 1223, tre anni prima di morire. L’Immacolata ci accompagni tutti – con cuore purificato, gioioso e coraggioso – alla santa notte di Betlemme.
Ora rivolgo una parola riconoscente e affettuosa ai numerosi aderenti dell’Azione Cattolica che  – come da tradizione -, oggi, rinnovano il loro sì al Signore a servizio della Chiesa.
Lasciatemi ricordare oggi il Patriarca Marco Cè, per alcuni anni assistente generale dell’Azione Cattolica italiana e poi Patriarca di Venezia, sempre legato all’Azione Cattolica: è il primo anno che compiamo questo gesto di adesione mentre lui ci guarda dal cielo.
Carissimi amici, vi ricordo – con cuore di padre, fratello e amico – quanto appartiene da sempre alla storia dell’Azione Cattolica (siatene fieri!) e che oggi dev’esser da voi riscoperto e vissuto con quell’entusiasmo che Papa Francesco vuole, quando ci chiede di metterci personalmente in gioco come “Chiesa in uscita”; l’esortazione Evangelii gaudium è, infatti, un forte richiamo alla missione che coincide con l’identità stessa della Chiesa.
Gesù fonda la Chiesa mentre la manda in missione e, nel momento in cui la manda in missione, lì la Chiesa è viva, è vera e pulsa sotto il soffio dello Spirito. La Chiesa è, così, costituita nella missione e dalla missione.
Non si dà una Chiesa esistente come tale e che solo dopo, in un secondo momento, viene mandata in missione. No, la missione è nel Dna della Chiesa e, alla fine, la Pentecoste ci dice proprio questo: la Chiesa è per gli uomini e non per se stessa.
Chi dice il suo sì all’Azione Cattolica deve appartenere agli uomini portando loro la gioia dell’incontro con Gesù Cristo.
A tale proposito lo Statuto dell’Azione Cattolica così recita: “L’appartenenza all’Azione Cattolica Italiana costituisce una scelta da parte di quanti vi aderiscono per maturare la propria vocazione alla santità, viverla da laici, svolgere il servizio ecclesiale che l’Associazione propone per la crescita della comunità cristiana, il suo sviluppo pastorale, l’animazione evangelica degli ambienti di vita e per partecipare in tal modo al cammino, alle scelte pastorali, alla spiritualità propria della comunità diocesana” (Statuto dell’Azione Cattolica, art. 15.1).
Aderire all’Azione Cattolica, quindi, significa compiere una precisa scelta di vita e rispondere – come laici cristiani, come battezzati, come discepoli del Signore – alla propria chiamata personale alla santità, partecipando attivamente alla vita dell’associazione quale piena esperienza di Chiesa particolare che – come insegna la Lumen gentium – è espressione e manifestazione prima della Chiesa universale.
A voi che oggi – festa dell’Immacolata – rinnovate la vostra adesione all’Azione Cattolica, auguro di pronunciare il sì pieno, il sì generoso, il sì coraggioso e gioioso che, in qualche modo, ricordi e richiami il sì di Maria detto a Nàzaret duemila anni fa. Un sì detto da una giovane donna – quindi un’umanità al femminile – che riponeva tutta la sua fede nel Dio che sa fare cose grandi in chi si fida di Lui.
Siate sempre fedeli testimoni del sì che oggi state per dire.