Omelia nella S. Messa della vigilia dell'Ascensione a conclusione del convegno 'Il cammino devozionale di San Rocco in Italia' (Venezia, 11 maggio 2013)
11-05-2013
 

S. Messa nella vigilia della solennità dell’Ascensione e a conclusione del convegno ‘Il cammino devozionale di San Rocco in Italia. Storia, arte e tradizione’

(Chiesa di San Rocco – Venezia, 11 maggio 2013)

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

           

 

Volentieri celebro questa liturgia dell’Ascensione che costituisce, anche, il momento conclusivo dell’odierno convegno di studi ‘Il cammino devozionale di san Rocco in Italia’.

            Come tutti i santi, anche Rocco di Montpellier è – nella sua vicenda personale – espressione storica della fecondità della Pasqua di Cristo che, nell’Ascensione, ha un momento imprescindibile.

            Il pellegrinaggio che radicalmente ha caratterizzato e plasmato la vita di San Rocco ne è segno eloquente, il segno di chi, ancora su questa terra, già è rivolto – con tutto se stesso, anima e corpo – alla meta finale.

            Egli dimostrerà, una volta di più, il suo sguardo concentrato sul futuro di Dio quando, nella totale consegna di sé, accetterà d’essere ingiustamente imprigionato, scegliendo di non manifestarsi ai familiari; in tal modo, non riconosciuto, non potrà essere liberato e verrà identificato soltanto in punto di morte.

In tal modo Rocco mostra d’essere entrato e di vivere pienamente la logica dell’odierna celebrazione liturgica: l’Ascensione.

Alla Scuola Grande Arciconfraternita di san Rocco e a  coloro che, a diverso titolo, hanno organizzato quest’importante convegno di studi va la gratitudine di chi ama questo santo e di chi, nei santi, vede la porzione eletta e realmente ‘riuscita’ dell’umanità.

     L’Ascensione – come sappiamo – inaugura un nuovo modo di presenza di Gesù risorto tra i suoi; con l’ascensione al cielo Gesù, infatti, non è tolto ai suoi ma è dato loro in modo differente. Egli, realizza in loro e accanto a loro una nuova presenza, la presenza del Risorto.

E così Gesù, d’ora in poi, sarà accessibile attraverso il dono dello Spirito Santo che si rende manifesto ai suoi attraverso uno stile di vita e delle scelte personali e comunitarie che, agli occhi increduli del mondo, rimangono incomprensibili.

Rocco di Montpellier, così, manifesta uno stile e delle scelte che non appartengono alla logica del mondo e che al mondo rimangono del tutto estranee; si tratta di stile e scelte che sono ‘assurde’ per quanti non partecipano, nella fede, alla vita del Signore risorto.

D’altra parte la lettera ai Colossesi ci ammonisce proprio in questo senso: ‘Se (‘) siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria ‘ (Col 3, 1-4).

Ed è proprio in questo testo che troviamo la risposta alle scelte del nostro santo: sia quella del pellegrinaggio come dimensione continuativa del vivere, sia quella di una carità senza calcoli che, dopo il pellegrinaggio, lo porterà a chinarsi, anche a prezzo della vita, su quanti – evitati da tutti – recavano nel loro corpo i segni di quel morbo, allora invincibile, che era la peste. In ultimo, appartiene alla medesima logica di ricercare le ‘cose di lassù’ la scelta di non svelare la propria identità al momento dell’ingiusta incarcerazione.

L’Ascensione è la vita futura intesa come la vera vita, come la vita che – dopo la caducità delle cose terrene – rappresenta il conseguimento della pienezza e definitività dell’amore di Cristo in noi; la fede, e solo essa, apre la possibilità di vivere secondo tale  modo e secondo tale logica.

Un modo diverso di vivere, dunque, perché fondato su una visione più profonda e vera della realtà non più colta secondo le apparenze e per sentito dire.

Tale è, semplicemente, la logica delle beatitudini. Matteo pone il sigillo sulle beatitudini con queste parole: ‘Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli‘ (Mt 5, 12).

Infine, nella prima lettura ci vengono consegnate le parole di Gesù prima dell’Ascensione: ‘… di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra‘ (Atti 1, 8).

Si è chiamati alla testimonianza – come i grandi profeti dell’Antico Testamento – con le parole ma, anche, con i gesti e lo stile della vita e san Rocco – con la sua vita movimentata, generosa, eroica fino al dono totale di sé – risponde a tale logica: una vita pienamente offerta al Signore come fu per gli antichi profeti biblici.

L’iconografia raffigura san Rocco come uno di questi  antichi profeti, con l’abbigliamento proprio del pellegrino: cappello a falda larga per proteggersi dalla pioggia gelida e dal sole cocente, col mantello a mezza gamba – il tradizionale sanrocchino – e, in mano, il lungo bastone, con legata la zucca per l’acqua e, appesa al collo, la conchiglia per poter bere lungo il cammino alle polle sorgive. San Rocco ci viene incontro come un antico profeta, un testimone che vive immerso nel momento presente e, insieme, tutto proteso verso il futuro.

Il tempo che ha inizio con l’Ascensione è il tempo della testimonianza che vede i discepoli nel mondo come quel segno affidabile del Vangelo cristiano. E’ il tempo in cui il discepolo sa d’essere personalmente amato dal Padre e proprio tale amore diventa, per lui, sostegno, senso e gioia della vita.

Così san Rocco nella sua persona e vicenda è il segno reale e concreto di chi ha intravisto le cose di lassù e, seppur ancora nella fede, vive – non ancora, quindi, in modo manifesto – la sua vita nascosta con Cristo in Dio.

Bene sintetizzano questa tensione di san Rocco verso l’ultimo compimento di sé in Dio, a partire dal momento della vita presente, il verso con cui iniziano i Vespri dell’Ascensione, vale a dire: ‘Jesu, nostra redemptio, amor et desiderium‘ (Liturgia dei Vespri dell’Ascensione).