Omelia nella S. Messa all’Incontro diocesano delle famiglie (Istituto San Marco / Gazzera - Mestre, 26 ottobre 2014)
26-10-2014
S. Messa nell’Incontro diocesano delle famiglie
La famiglia accompagna all’incontro con Cristo
“Identità e missione degli sposi e della famiglia nella società e nella Chiesa”
(Istituto San Marco / Gazzera – Mestre, 26 ottobre 2014)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia[1]
Ci soffermiamo sulla seconda lettura di oggi (1Ts 1,5-10), che è tratta – come sappiamo – dallo scritto più antico del Nuovo Testamento. Siamo intorno all’anno 50-51 d.C., a vent’anni dalla resurrezione di Gesù, e chi scrive è l’apostolo Paolo il quale ci informa di una metodologia importante e già presente nella Chiesa primitiva.
Abbiamo ascoltato come la Parola di Dio era risuonata nella comunità di Tessalonica, che viveva grandi prove (non c’è mai epoca facile di fronte al Vangelo). Ma questa parola, che risuona in un contesto difficile – come ci ricorda San Paolo – e in mezzo a grandi prove, risuona nella gioia dello Spirito Santo.
Non siamo soli! Dio ha voluto che il gesto umano dell’amore tra uomo e donna diventasse il segno dell’amore di Dio per l’umanità – un amore fedele quello di Dio – e segno reale dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. I coniugi cristiani non hanno nulla di meno da dire alla Chiesa e al mondo.
Ma per ritornare e rimanere sulla seconda lettura di oggi, san Paolo dice che la Parola di Dio, pur tra difficoltà grandi, è risuonata così profondamente in voi che io adesso non devo più annunciare il Vangelo: è la vostra comunità che, col suo vivere, dice il Vangelo
Dicevo – nel nostro dialogo precedente – quanto sia importante annunciare in modo reale e concreto il Vangelo della famiglia: solo le famiglie possono farlo. Certo, hanno bisogno dell’aiuto e dell’accompagnamento dei parroci, dei sacerdoti, della comunità cristiana ma l’annuncio credibile -l’annuncio del Vangelo della famiglia – appartiene alle famiglie.
Ecco perché non dobbiamo avere paura di iniziare un cammino, che può anche essere difficile, ma che indico come un’urgenza per le nostre parrocchie. Dobbiamo trovare famiglie disponibili ad annunciare, ad altre famiglie e alla comunità, il Vangelo della famiglia. E questo come pastorale ordinaria, come realtà che appartiene alla comunità cristiana.
Non dobbiamo avere paura delle difficoltà, non dobbiamo avere paura dei piccoli numeri. Dobbiamo avere l’umiltà di chi si fida della parola di Dio. O la Parola di Dio si incarna – come in Gesù di Nazareth – in una vicenda storica precisa e completa, nelle nostre vite, nelle nostre scelte quotidiane, oppure – non illudiamoci! – il Vangelo rimarrà rinchiuso in un fatto culturale ma non di vita.
Siamo chiamati, allora, a trasformare le famiglie da oggetto della pastorale a soggetto della pastorale: non sarà semplice, ma è la strada che il Signore ci chiede. San Luca ci esorta a discernere i segni dei tempi, dove la famiglia fatica e non è riconosciuta:, per usare l’espressione del Papa è “attaccata”; per usare l’espressione di Charles Peguy chi si dedica alla famiglia – padre o madre che sia – è addirittura da considerare un avventuriero, uno che rischia. Ciò vuol dire che proprio la famiglia è l’urgenza di questo momento storico nella vita della Chiesa e della nostra società.


[1] Il testo riporta la trascrizione dell’omelia pronunciata dal Patriarca in tale occasione e mantiene volutamente il carattere colloquiale e il tono del “parlato” che l’ha contraddistinta.